01-11-2023

Osteria Ancestrale di Podere Arduino, Bolgheri: la dolce forza della natura

Tutto ha inizio dalla terra: è questo il principio base per Fabrizio Bartoli, (ex-scalatore) chef e patron di un innovativo modello di accoglienza che cura con la sua metà, Martina Morelli, nella fertile campagna toscana

Martina Morelli - responsabile di sala e accoglien

Martina Morelli - responsabile di sala e accoglienza - e Fabrizio Bartoli - in cucina -, sono menti, cuori e anime di Podere Arduino a Castagneto Carducci (Livorno), in due ritratti di Lido Vannucchi

Cogliere un pomodoro direttamente dalla pianta, mangiarlo, restare immobili, trafitti da un gusto primordiale, sapido, genuino. Questi sono i Cuor di bue di Podere Arduino, una realtà unica, ubicata tra Castagneto Carducci e Bolgheri, nella Toscana diventata tanto famosa per i suoi nobili vini rossi.

Ma andiamo con ordine, per scoprire un po’ meglio la storia di questo locus amoenus.

Gli spazi esterni di Podere Arduino in uno scatto di Lido Vannucchi

Gli spazi esterni di Podere Arduino in uno scatto di Lido Vannucchi

Fabrizio Bartoli è l’artefice principale della rinascita di questo lembo di terra: 37 anni, ex atleta di triathlon e scalatore (ha preso parte a varie spedizioni sull’Himalaya), ha deciso di tornare alle radici della terra natia per dedicarsi ad essa, ma non solo. Insieme a Martina Morelli, sua compagna nella vita, hanno deciso di elevare la loro idea di azienda agricola a luogo di ospitalità, per completare un progetto che si sostiene così a tutto tondo.

Racconta Fabrizio: «Questo podere apparteneva a mio nonno Arduino, da qui il nome, che lo considerava il suo angolo felice. Nella vita era commercialista, ma si rilassava qui in campagna, a coltivare grano e a tenere gli ulivi. Ho ripreso in mano io questa attività con lo stesso spirito, iniziando quando ero ancora atleta, vendendo il nostro olio per avere un sostentamento in più. Ho poi deciso di abbandonare lo sport per concentrarmi sul progetto nella sua totalità. Oggi sono chef di una brigata di sei persone, mentre Martina cura l’accoglienza e la sala, oltre che la scelta dei vini».

Il sodalizio tra Martina e Fabrizio è cresciuto negli anni con un dogma inviolabile: Podere Arduino si identifica nella terra, anche e soprattutto oggi che è composto da una fattoria, un bistrot (Bolgheri Green) e l’Osteria Ancestrale, il ristorante serale in cui si esprime al massimo questo concetto.

Quindi, dalla terra alla ristorazione: l’idea, sbocciata nel 2016, è stata quella di riprendere in mano un terreno e renderlo di nuovo vivo, estendendo ciò anche alle vite di altri, puntando su intelligente modello di integrazione.

Mentre passeggia tra gli ulivi e le colture, Fabrizio Bartoli misura i passi, quasi come a voler accarezzare il tappeto erboso, stando ben attento a non calpestare dove si coltiva, cosa da non fare mai. Il terreno deve essere sempre inerbito o coltivato e mai nudo, per evitare il dilavamento e l’impoverimento: questa è una delle regole dell’agricoltura di tipo organico rigenerativo, qui adoperata. Tra le altre pratiche, aboliti gli “aiutini” (nemmeno rame o zolfo), ma solo biopreparati fatti in casa (compost, letame, siero del latte, macerati a base ortica), sfruttando anche gli sfalci di olivo e gli scarti del ristorante.

Sentenzia Fabrizio, mentre si avvia a mettere la giacca da chef: «Prendersi cura dell’integrità della terra viene prima del raccolto. La terra deve essere sana, ricca di nutrienti e microrganismi. Deve essere viva. Solo dopo si può pensare al raccolto, che sarà sicuramente migliore, se la terra è in salute. Madre terra, figlio raccolto. È scienza, non poesia».

Ci si sposta dall’area coltivata e si giunge in prossimità dell’Osteria Ancestrale, a sinistra di un vialetto di ghiaia; di fronte la cucina a vista, tutta aperta, con fuoco vivo e brace. Presto verrà rivista e ampliata con un progetto ad hoc, insieme alla costruzione di una serra, dove gli ospiti saranno accolti. La sala del ristorante è luminosa, calda - merito del legno usato - e piacevolmente rilassante. Come divisori tra gli ambienti sono usati alcuni scaffali, riempiti con i fermentati e le conserve prodotti dalla brigata: impossibile non notarli, anche per i loro colori assai vivi.

Gli elementi della cucina di Fabrizio sono tutti vegetali ed esclusivamente prodotti nel podere, con l’inserimento di uova e formaggi, anch’essi a “metro zero”. Questo tipo di ristorazione vuol far riflettere su come sia possibile offrire un’alimentazione sostenibile, sana, ma anche golosa, studiando al meglio quanto arriva direttamente dalla terra. Vengono proposti due menu, scritti deliziosamente a mano: Kipos, che si rifà alla distanza tra la terra e il piatto (quindi tra il loro orto e la tavola), e Chronos, che invece si concentra sul tempo tra la raccolta e l’arrivo alla mensa. Gli assaggi sono convincenti e robusti nelle idee e nell’esecuzione: si vede che c’è una dedizione particolare dietro e un pensiero che viene abbracciato in modo convinto. 

Verdure baby colte appena prima del servizio, da gustare in purezza o con l’olio

Verdure baby colte appena prima del servizio, da gustare in purezza o con l’olio

L’inizio è un’ode alla purezza: vengono portate una serie di mini verdure, appena colte, da provare sole oppure con l’olio di Arduino, insieme a una rassegna di panificati golosi, tra cui il Camping Bread (pane senza lievito, cotto sulla brace e servito con salsa barbecue). Il vegetale non stanca mai e si continuerebbe a mangiarne, complice anche la bontà dei primi piatti, passatellipici, entrambi al pomodoro, ma diversissimi tra loro.

Ode alla zucca, lavorata e servita in tutte le loro varietà pronte. La zucca trombetta ha due usi: quelle fresche sono usate come piatto, alla sera (la parte grande ha poca polpa e tanti semi), mentre il giorno dopo sono riutilizzate per la polpa (che si trova nella parte lunga). Non si butta nulla e le parti rimanenti saranno usate per dei fondi di verdura o per le preparazioni del Bistrot a pranzo. All’interno della trombetta c’è la zucca spaghetti, condita cacio e pepe, servita con crema di zucca Hokkaido cotta sotto la cenere. Il cappello della zucca è ripieno di una crema di ceci all’aglio nero, con un pan di zucca (cracker fatto esclusivamente con la polpa delle zucche). Segue poi una frittella di zucca Delica in tempura, con sopra una scorza di limone fermentato. Per chiudere il fil rouge della dolcezza, vengono aggiunte anche delle carote cotte sotto la cenere e servite con chutney di susine

Ode alla zucca, lavorata e servita in tutte le loro varietà pronte. La zucca trombetta ha due usi: quelle fresche sono usate come piatto, alla sera (la parte grande ha poca polpa e tanti semi), mentre il giorno dopo sono riutilizzate per la polpa (che si trova nella parte lunga). Non si butta nulla e le parti rimanenti saranno usate per dei fondi di verdura o per le preparazioni del Bistrot a pranzo. All’interno della trombetta c’è la zucca spaghetti, condita cacio e pepe, servita con crema di zucca Hokkaido cotta sotto la cenere. Il cappello della zucca è ripieno di una crema di ceci all’aglio nero, con un pan di zucca (cracker fatto esclusivamente con la polpa delle zucche). Segue poi una frittella di zucca Delica in tempura, con sopra una scorza di limone fermentato. Per chiudere il fil rouge della dolcezza, vengono aggiunte anche delle carote cotte sotto la cenere e servite con chutney di susine

C’è poi un “effetto matrioska” grazie al servizio della zucca in tante varietà, condimenti, preparazioni e dolcezze, con le cucurbitacee stesse che diventano piatti a cui attingere. Grazie anche ad una sala attenta e preparata, dove Martina eccelle nel proporre vini naturali di piccoli produttori toscani, si ha proprio l’impressione di essere entrati in una storia unica e diversa, non fatta di mode o affanni per correre dietro alla sostenibilità o al rispetto per la natura.

Questi ragazzi fanno tutto ciò perché ci credono, perché si sono prima sporcati le mani e poi hanno deciso di raccontare tutto quello che sono agli ospiti, come naturale conseguenza. Se si assaggiano i loro formaggi, tutti misti pecora/capra, si percepisce quanta attenzione ci sia nel valorizzare ogni prodotto: potrebbero creare solo un formaggio e invece ne fanno almeno tre.

Formaggi con un mix di latte di pecora e capra, fatti ogni due giorni. Da sinistra a destra: Crosta fiorita (semistagionato), crosta fiorita stagionato, crosta di cenere stagionato

 

Formaggi con un mix di latte di pecora e capra, fatti ogni due giorni. Da sinistra a destra: Crosta fiorita (semistagionato), crosta fiorita stagionato, crosta di cenere stagionato

 

Podere Arduino è un posto veramente bello e buono, l’ideale per riflettere sulle bellezze che ci circondano grazie al potere dei vegetali, che questi ragazzi hanno totalmente abbracciato, viaggiando dalle radici, alla terra e, perché no, proiettandosi al cielo.

 

La nostra fotogallery con il racconto della cena all'Osteria Ancestrale

Cialde castagnetane, a base anice, cotte su un testo di ghisa e servite con panna fresca e fichi, per creare un cono. Bonet servito sulla foglia di basilico liquirizia, tartufino al cioccolato fondente infuso col cipresso

Cialde castagnetane, a base anice, cotte su un testo di ghisa e servite con panna fresca e fichi, per creare un cono. Bonet servito sulla foglia di basilico liquirizia, tartufino al cioccolato fondente infuso col cipresso

Pici (fatti in proprio con farina di grano Senatore Cappelli e acqua), messi un minuto nel bollitore, poi posti sul fuoco diretto alla gratella con legna di quercio e olivo (4 o 5 minuti), dove perdono acqua e prendono un sentore di affumicato. Finiscono poi in un brodo di pomodoro, che viene così assorbito meglio, fatto con tutte le loro varietà di pomodori (20 circa), frullate a freddo e filtrate per 4 o 5 passaggi, per ottenere un liquido quasi trasparente. Il risultato è uno spaghetto in bianco: questo perché la pigmentazione rossa andrebbe a ossidare il brodo, facendo perdere freschezza e acidità. Nella pasta viene addizionata anche un po’ di acqua di pomodoro in mantecazione, con qualche goccia di aceto balsamico di Modena invecchiato 50 anni (Acetaia Malpighi). La preparazione del piatto è finita al tavolo, su una brace posta in sala, dove chef Fabrizio racconta tutta la genesi di questa pasta, che è un po’ la summa del suo stile: a una bontà immediata e diretta spesso corrisponde una preparazione laboriosa e con tecniche di alta cucina, per esaltare al massimo quello che la natura offre. È un piatto doppiamente buono, che spiazza perché è come mangiare un pomodoro a crudo in un piatto di pasta, ma in bianco, senza alcun rimando al colore rosso

Pici (fatti in proprio con farina di grano Senatore Cappelli e acqua), messi un minuto nel bollitore, poi posti sul fuoco diretto alla gratella con legna di quercio e olivo (4 o 5 minuti), dove perdono acqua e prendono un sentore di affumicato. Finiscono poi in un brodo di pomodoro, che viene così assorbito meglio, fatto con tutte le loro varietà di pomodori (20 circa), frullate a freddo e filtrate per 4 o 5 passaggi, per ottenere un liquido quasi trasparente. Il risultato è uno spaghetto in bianco: questo perché la pigmentazione rossa andrebbe a ossidare il brodo, facendo perdere freschezza e acidità. Nella pasta viene addizionata anche un po’ di acqua di pomodoro in mantecazione, con qualche goccia di aceto balsamico di Modena invecchiato 50 anni (Acetaia Malpighi). La preparazione del piatto è finita al tavolo, su una brace posta in sala, dove chef Fabrizio racconta tutta la genesi di questa pasta, che è un po’ la summa del suo stile: a una bontà immediata e diretta spesso corrisponde una preparazione laboriosa e con tecniche di alta cucina, per esaltare al massimo quello che la natura offre. È un piatto doppiamente buono, che spiazza perché è come mangiare un pomodoro a crudo in un piatto di pasta, ma in bianco, senza alcun rimando al colore rosso

Passatelli caldo/freddi, con alla base un trito di pesche, pomodori e pinoli. I passatelli seguono la ricetta classica e sono un omaggio all’Emilia (la nonna di chef Fabrizio è originaria del modenese). Vengono finiti con un brodo di pomodoro freddo e gocce di olio al basilico. Ottimo piatto, molto fresco e invitante

Passatelli caldo/freddi, con alla base un trito di pesche, pomodori e pinoli. I passatelli seguono la ricetta classica e sono un omaggio all’Emilia (la nonna di chef Fabrizio è originaria del modenese). Vengono finiti con un brodo di pomodoro freddo e gocce di olio al basilico. Ottimo piatto, molto fresco e invitante

Gelato mantecato con elicriso, sempre a base di latte di capra e pecora, erbe aromatiche e fiori di malva e dragoncello

Gelato mantecato con elicriso, sempre a base di latte di capra e pecora, erbe aromatiche e fiori di malva e dragoncello

Sorbetto di pomodoro, servito in un pomodoro, acqua di pomodoro e olio al basilico

Sorbetto di pomodoro, servito in un pomodoro, acqua di pomodoro e olio al basilico

Torta di rose: originaria del lago di Garda (Salò), è un impasto lievitato con lievito madre e all’interno una confettura di arance amare, fatta da loro. È un ricordo dolce della nonna di Fabrizio, che realizzava sempre questa torta. In accompagnamento, gelato al kefir, volutamente non in una quenelle, ma imperfetto, anche qui in ricordo della nonna, che lo serviva così

Torta di rose: originaria del lago di Garda (Salò), è un impasto lievitato con lievito madre e all’interno una confettura di arance amare, fatta da loro. È un ricordo dolce della nonna di Fabrizio, che realizzava sempre questa torta. In accompagnamento, gelato al kefir, volutamente non in una quenelle, ma imperfetto, anche qui in ricordo della nonna, che lo serviva così

Kurtoskalacs: impasto simile al Camping bread, ma dolce, con zucchero e cannella. Sono originari dell’Ungheria e si danno alla fine di un pasto per augurare “buon viaggio”

Kurtoskalacs: impasto simile al Camping bread, ma dolce, con zucchero e cannella. Sono originari dell’Ungheria e si danno alla fine di un pasto per augurare “buon viaggio”


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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