Baronissi, valle dell’Irno. Sono solo 10 km dal mare, salite su cui però s’arrampica un mondo intero, quello che separa Salerno, anticamera della Costiera glittering, dall’entroterra laborioso e oscuro. Solo per questo andrebbe lodato il lavoro di chi sceglie di faticare fuori dai riflettori. Salvatore Avallone è un ragazzo di Cetara che ogni giorno intona da lassù una saudade per i lidi perduti – ma non per sempre - con quadri e complementi d’arredo dall’entusiasta soggetto marinaro.
Ma il mare che c’interessa di più è quello che disegna nel piatto da 8 anni, con tenui frizioni e una tecnica che viene solo dopo il palato, felice e allenato a lungo, sulle barche dei Ferruzzi e nella ristorazione di lusso a Lugano. Un’autodidattica tenace e istintiva, premessa di un piacevolissimo pranzo di fine estate.
Quali sono le coordinate che lo definiscono? In generale, lo sforzo di non scopiazzare, più o meno subdolamente, i piatti che fanno gli altri. Qui non c’è traccia di omologazione perché il ragazzo esprime sicurezza sulle cose sue, non cerca appigli altrove. Nel particolare, in Campania apprezziamo sempre di più le fughe dagli impiatti da “giovani vecchi”, quell’osare ma non troppo, quel continuo rassicurare di non stravolgere le materie felix della regione, probabile viatico di stelle e stelline ma vicolo cieco nell’affermazione di un’identità.


Bottoncini di ricotta e 'nduja con asparagi e cannolicchi

Scorfano, il suo ristretto e finocchio
Da
Cetaria la strada è sgombra da equivoci: vi si accostano poche materie prime che stanno bene assieme, con pregevoli intuizioni, piatti quasi sempre deliziosi con solo qualche piccola e comprensibile concessione al mercato locale.
Che felicità passare dall’
Uovo in carbonara – sotto la soffice spuma si concentrano tutti gli ingredienti del primo piatto, tranne la pasta – all’
Orto e mare, un gioco calibrato di croccantezze e crudità ittico-vegetali. E come attecchisce bene la leggerezza del panko sul baccalà, stretto tra San Marzano e spuma di parmigiano. Quanta bontà dalla
Pasta mischiata a mare, espressione felice di sapidità naturali e una tecnica complessa ma invisibile (appunti per
nerd: la minestra è realizzata con gli scarti dei pesci, i carapaci di crostacei, le interiora di molluschi e i brodi dei frutti di mare. Vengono abbattuti, uniti all’estratto di peperoncino fermentato in casseruola, al brodo filtrato e gli scarti sono infine passati all’estrattore).
Che alchimie semplici e riuscite quelle dei 4-ingredienti-4 di Bottoncini ricotta, ‘nduja, asparagi e cannolicchi. E lo Scorfano col suo ristretto, imponente nella sua succulenta grassezza, benedetta dal finocchio croccante accanto.

A sinistra, Sara Sabarese, sommelier, 21 anni

La sala accanto alla cucina
Ma il potere della cucina, si sa, è nullo senza il controllo della sala: la ventina di coperti spalmati in due ambienti tranquilli sono guardati a vista da
Federica Gatto, compagna calabrese di
Salvatore. È laureata in Legge, sommelier e giornalista di vino e cibo: avercene di profili così nelle sale italiane. Dietro al curriculum e alla mascherina, non traspare saccenza ma si accendono occhi sorridenti: controllano che tutto giri bene. E poi ha servito a tutto pasto
Gabry, uno sferzante aglianico metodo ancestrale, rifermentato in bottiglia, che ha una caratteristica che scavalca organolettica ed eterodossia: «C’è dietro
Ida di
Lenza», spiega lei, «una tenace donna del vino». L’uguaglianza dei diritti di genere passa anche dalle etichette che scegli di servire.
Appunto finale anomalo: la sala di
Cetaria è 100% femminile. Accanto a Federica si muove con grazia anche
Sara Sabarese, 21 anni e già sommelier. Avercene bis.