Nel pieno del futuristico e frizzante quartiere Isola/Porta Nuova/Garibaldi, fa capolino un elegante edificio storico del Novecento, che ospita, sotto alla Fondazione Catella, il ristorante Ratanà, una trattoria moderna che registra sempre una considerevole affluenza. Chef e patron del locale, Cesare Battisti si destreggia con soddisfazione tra cucina e sala, non facendo mai mancare una battuta sulle proprie creazioni, che godono di un imprinting indelebile: le sue origini milanesi doc.
La milanesità è davvero importante per Ratanà, tanto che si può trovare un segno tangibile nel locale, in un’area che sta ritornando a rivestire un’importanza che sembrava perduta: il bancone. È stato completamente ricostruito qualche anno fa, utilizzando delle lastre di marmo di Candoglia, piuttosto antiche, che giacevano abbandonate da una marmista che ha lavorato per più di 30 anni alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. È come mangiare su un “pezzo” di Duomo su un pezzo di Milano, su un pezzo di storia.
Battisti racconta che ha lottato parecchio per convincere architetti e progettisti a installare quelle lastre, poiché avevano delle imperfezioni. Ma come si fa a rinunciare ad avere una testimonianza così tangibile di Milano dentro al proprio locale, che ad essa si ispira? Non c’è difetto che tenga. Ora il bancone è centro del divertimento per le papille gustative: «Chi si siede qui», spiega Cesare, «cade sotto le mie cure».


Lingua alla plancia, purea di patate di montagna, salsa verde e giardiniera

Bistecca di cavolfiore Burro e salvia, bagna cauda montata, chips di Aglione di Valdichiana, cous cous di cavolfiore
Ecco che arrivano alcuni classici milanesi, eseguiti alla perfezione: un cartoccio di irresistibili
mondeghili (polpettine fritte a base di manzo), la
lingua in salsa verde e verdurine, la
busecca (altra preparazione che attraversa i decenni: è la trippa servita con fagioli dell’occhio nero, salvia e formaggio “lodigiano tipico”). Si percepisce subito un grande orgoglio e una voglia travolgente di far conoscere all’ospite la matrice da cui nasce la storia in cucina di chef Battisti e del Ratanà.
Il menu degustazione apre le porte anche a qualcosa di diverso dalla tradizione meneghina, nel rispetto di materie prime stagionali, selezionatissime e fresche, un dogma da non infrangere mai. L’inizio è, insieme, delicatezza e sapidità: una
Bistecca di cavolfiore al burro e salvia, servita con una salsa di
bagna caoda montata,
un cous cous di cavolfiore e una chips di aglione della Valdichiana (dal retrogusto dolce, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare).
Segue un
Omaggio alla zucca in vari atti: è in raviolo, in crema con un tocco senapato, in striscioline agrodolci e tutto viene completato dal
Salvacremasco, un interessante formaggio lombardo, molto simile al Quartirolo, ma più stagionato e complesso.

Raviolo di zucca, crema di zucca senapata e zucca in agrodolce, salvacremasco

Cipolla di Montoro ripiena al forno crostini al timo, fonduta di taleggio e pera decana
Il
Risotto alla Puttanesca è accostabile a una tela di
Giovanni Fattori, un’opera dei macchiaioli: sostenevano che tante piccole macchie di colore qua e là veicolano la luce, formando figure distinte. Nel nostro caso, tante macchie d’ingredienti (pomodoro, olive, capperi) portano a un gusto pulito, razionale e inconfondibile, col riso cotto al millimetro e mantecato con perizia.
Pausa vegetale intermedia: a sorpresa giunge una
Cipolla di Montoro ripiena e cotta al forno, con crostini al timo, fonduta di taleggio e pezzetti di pera decana. È un intermezzo complesso, fatto di varie striature di gusto: il dolce della cipolla e della pera cercano la grassezza della fonduta e la croccantezza dei crostini. Un assaggioestremamente gradevole.
Arriva un secondo
strong:
Pancia di maiale, crema di peperoni, cipolla al forno, salsa chimichurri. È un girotondo di piatto: l’opulenza del maiale contrae un matrimonio felice con le salse e la cipolla, rendendo leggero l’insieme, anche se tranquillamente si poteva sospettare il contrario. Il momento dolce regala un ultimo sussulto di gioia:
Caffè e nocciole. È uno scrigno dallo sviluppo verticale, che si compone di frollino e finanziere alle nocciole, diplomatica e gelatina solida al caffè, gelato al pralinato di nocciole: croccantezza, consistenze multiple, freschezza, divertimento. È un dolce studiato molto bene, senza divagazioni eccessive e forse inopportune, in puro stile Ratanà insomma.

Caffè e Nocciole: frollino e finanziere alle nocciole, diplomatica e gelatina solida al caffè, gelato al pralinato di nocciole

Federica e Cesare Battisti
Il ristorante di
Cesare Battisti è un’oasi che parla meneghino, ma che sa anche aprire le braccia ad altre influenze, culture e stili. E se quel marmo del bancone potesse parlare, si direbbe felice di stare nella Fabbrica del Ratanà.