24-12-2018

Luci, odori, suoni: alcuni trucchi per avere un ristorante più attraente

L'esperto di neuromarketing Vincenzo Russo spiega che il successo di un'insegna è la somma di tanti trascurati dettagli

Illustrazione di Mimmo Mendicino, geekartgallery.

Illustrazione di Mimmo Mendicinogeekartgallery.blogspot.com

La bontà della cucina, certo. L’efficienza della sala, ancora di più. Ma il successo di un ristorante passa attraverso altri fattori ancora. Piccoli dettagli di cui non sempre ci si cura. Abbiamo cercato di elencarli con Vincenzo Russo, coordinatore del centro di ricerca di Neuromarketing e direttore del master in Food&Wine Communication all’università Iulm di Milano.

Premessa: il Neuromarketing è una disciplina che misura le emozioni provocate sul consumatore da una certa stimolazione. L’intensità emotiva si può misurare attraverso precisi indicatori fisiologici (la sudorazione delle mani, la dilatazione delle pupille, il battito cardiaco…); mentre la valenza emotiva, cioè la genesi di un giudizio positivo o negativo, si misura utilizzando un elettroencefalogramma e un face-reader che misura le contrazioni muscolari del volto. Dieci anni e migliaia di misurazioni dopo, è possibile stilare questi consigli.

«Avete prenotato?»
I primi istanti, non è certo una novità, hanno ricadute decisive sull’emotività del cliente. Per questo motivo è importante organizzare sempre un’accoglienza gentile, dalla risposta al telefono fino al momento del benvenuto fisico. Alla domanda «Avete prenotato?», in caso di risposta negativa, è fondamentale gestire bene la criticità senza fare sentire il cliente, come spesso succede, in colpa o in difetto. Occorre essere disponibili e accomodanti con formule tipo: «Non si preoccupi, troviamo subito una soluzione. Cerchiamo di farla sedere ora o la prossima volta». Molto spesso, pensano i ristoratori, se non hai prenotato non meriti attenzione. Ma così frustri il cliente e lo perdi.

Profumi coerenti
All’ingresso, lo sanno bene gli esperti del marketing olfattivo, le note olfattive e i profumi esercitano un ruolo decisivo. E in un ristorante? In generale, non c’è un odore specifico valido per ogni circostanza. Ma occorre evitare “l’incoerenza olfattiva”, un malcostume piuttosto diffuso. Cioè, una trattoria non può accoglierti con odore di ammoniaca: meglio fare in modo che all’ingresso arrivi piuttosto l’odore del ragù. Occorrono, fin dal principio, odori coerenti e non distanti dalla linea di cucina del ristorante.

Le luci di Identità Golose Milano sono firmate dal light designer Davide Groppi

Le luci di Identità Golose Milano sono firmate dal light designer Davide Groppi

Luci e colori
Quante volte siamo entrati in un locale e abbiamo notato luci tendenti al bianco, fredde, intense? È il cosiddetto effetto ospedale, uno scenario maldestro più diffuso di quello che si pensa, capace di respingere un cliente per sempre. Mai trattare l’illuminazione con superficialità, sanno bene tutti i più grandi ristoranti d’Italia, che si affidano a veri e propri light designer. Di più, la luce non è solo quella che esce da lampade, lampadari e led: incidono sul grado di piacevolezza del cliente anche i colori delle pareti. Un tono rosso acceso accelera il battito cardiaco dell’ospite, che sarà più a suo agio se circondato da colori più tenui e meno intensi.

La forma del menu
Il giudizio che un cliente formula su un certo ristorante dipende anche dalle caratteristiche strutturali e descrittive di un menu, strumento strategico della fase dell’accoglienza. I menu con la classica plastichina trasparente aperta mandano un messaggio negativo, di bassa qualità del prodotto. E così il tipo di carta, che non dev’essere ruvida ma risultare piacevole al tatto. Anche qui, occorre che ci sia coerenza tra il materiale scelto e l’offerta del ristorante: un cartone un po’ spesso, ad esempio, richiama un’idea di rusticità in cucina.

La scrittura dei piatti
La forma: mai scegliere font troppo barocche perché affaticano la lettura. Per lo stesso motivo, mai puntare su sfondi troppo intensi, su cui le parole possono perdersi.
Il contenuto: è provato che, tra “cheesecake” o “new style cheesecake”, nel 27% dei casi la gente percepirà come più buona la seconda e sarà invogliata a sborsare anche qualcosa in più pur di averla. Attenzione anche agli aggettivi rassicuranti: un “pollo tenero alla griglia” o un “pollo casalingo alla griglia” verranno percepiti come più buoni rispetto a un semplice “pollo alla griglia”. Mai esagerare, però: familiarità, territorialità e storia sono fattori decisivi nella piacevolezza ma solo se centellinati.

Piatti e bicchieri
Il colore di piatti e bicchieri influisce parecchio sull’esperienza. In generale, i contrasti cromatici aumentano la percezione dei sapori: una mousse al cioccolato sarà più buona se adagiata su un piatto bianco. È importante anche quel che arriva al tatto e all’udito: lo strofinio di una posata sul piatto non deve generare suoni cacofonici, mal dispongono il cliente.

Vincenzo Russo, coordinatore del centro di ricerca di Neuromarketing e direttore del master in Food&Wine Communication all’università Iulm di Milano (foto bartumagazine.it)

Vincenzo Russo, coordinatore del centro di ricerca di Neuromarketing e direttore del master in Food&Wine Communication all’università Iulm di Milano (foto bartumagazine.it)

La scelta della musica
È un aspetto molto trascurato nei ristoranti. È invece opportuno sapere che la musica guida, inconsapevolmente e in modo decisivo, le scelte di un cliente. È provato, ad esempio, che la musica classica o più sofisticata induca a spendere di più. E che brani di cantautori francesi conducono i clienti a ordinare cibo e vino coerenti a quella musica. Gli stessi suoni in sottofondo modificano la percezione dei sapori: canzoni ad alta frequenza (tipo quelle dei Beach Boys) chiameranno vini pop, frizzanti o naturali; quelle a bassa frequenza (musica classica) vini più intensi e amari. Un Cabernet Sauvignon bevuto con i Carmina Burana in sottofondo avrà un percepito molto più intenso.

La morbidezza del sottobicchiere
Il tatto ha molta influenza su un assaggio. Lo stesso tipo di vino sorseggiato toccando un sottobicchiere di pelo morbido risulterà più piacevole dello stesso vino bevuto rigirandosene tra le mani uno di cartavetrata o peluche. Lo stesso vale per il tovagliato: una tovaglia morbida avrà un impatto molto più felice di un tovagliato ruvido.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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