27-11-2016
Da sinistra a destra: Luca De Santi (Ratanà a Milano), Fabrizio Ferrari (Porticciolo 84 a Lecco), Terry Giacomello (Inkiostro a Parma), Marco Stabile (Ora d’aria a Firenze) e Andrea Ribaldone (Due Buoi ad Alessandria). Il 9 novembre scorso hanno dato vita a una splendida cena interpretando due prodotti simbolo della prefettura giapponese di Gunma: la carne di wagyu e la radice di konjac
ANTIPASTO. “Aspic” con calamaro, ostriche, Konjac e verdure di Fabrizio Ferrari, chef del ristorante Al Porticciolo 84 di Lecco
PRIMO PIATTO. Tagliatella Grana Padano e Joshu Wagyu di Terry Giacomello del ristorante Inkiostro di Parma
Carne cruda di razza Joshu Wagyu con acqua di Grana Padano e radice di Konjac di Andrea Ribaldone, chef de I Due Buoi di Alessandria
SECONDO. Shabu Shabu alla fiorentina di Marco Stabile, chef dell'Ora d'Aria di Firenze
DESSERT. Alla radice del dolce di Luca De Santi, sous chef e pasticciere del Ratanà di Milano
Il prologo di questa prima edizione del Future Food Lab l’avevamo vissuto il 5 settembre scorso: cinque cuochi italiani erano intervenuti all’Arte del Convivio di Milano per conoscere i segreti di due prodotti unici della prefettura di Gunma, l’unica regione del Giappone che non affaccia sul mare, un territorio di grandi tradizioni termali e produttive. I due prodotti in questione erano il konjac, una radice con caratteristiche molto interessanti per le fibre alimentari e il calcio che la compongono. La seconda, sua maestà il Joshu Wagyu, la carne più amata del mondo.
Fabrizio Ferrari del Porticciolo 84 di Lecco, Terry Giacomello dell’Inkiostro di Parma, Andrea Ribaldone dei Due Buoi di Alessandria, Marco Stabile dell’Ora d’Aria di Firenze e Luca De Santi ;del Ratanà di Milano hanno meditato per due mesi e il 9 novembre hanno tirato su il sipario sulle ricette che potete vedere nella fotogallery qui sopra. Ha dato il via alle danze Ferrari con “Aspic” calamaro, ostriche, konjac e verdure, teneri anelli di calamaro appena scottato accompagnati da colorate gelatine di konjac, preparate con succhi vegetali confusi in una brunoise di verdure sbollentate e tuberi marinati. Tutto era legato da un gel di dashi e acqua di ostrica creato con agar e konjac, che ricoprivano l’insieme (ecco perché “aspic” è scritto tra virgolette). Il piatto era poi rifinito con crema di calamaro, porri fritti, castagne fresche e nocciole.
Shabu Shabu alla fiorentina di Marco Stabile, chef dell'Ora d'Aria di Firenze
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A cura della redazione di Identità Golose