31-08-2015

Il rovescio della medaglia

Qual è il boccone migliore di una pizza? Per Paolo Marchi è il centro, ma per Barbara Guerra invece...

"Una pizza io l’ho sempre gustata partendo dal bordo e lasciando intatto il centro, una sorta di boccone del prete da gustare alla fine", scriveva qualche giorno fa Paolo Marchi. Stimolando la curiosità e l'interesse di Barbara Guerra, curatrice con Albert Sapere dello spendido evento Le Strade della Mozzarella. Che oggi ci racconta la sua passione per la pizza e i suoi "bocconi perfetti". In foto, la Margherita con Bufala di Enzo Coccia, che ha la responsabilità di aver fatto scoprire la vera pizza napoletana a Barbara Guerra

Un post di Paolo Marchi ha catturato la mia attenzione, sviluppava alcune considerazioni di fronte ad una pizza di Berberè. Assaporando la preparazione si rammaricava di veder scomparire il “boccone del prete”. In questo tipo di preparazione alla base troviamo un impasto fragrante e saporito che viene condito perlopiù a freddo, cioè fuori dal forno. L’obiettivo è che dal primo all’ultimo morso ci sia equilibrio nell’umidità, nella dolcezza, e gradevolezza delle componenti aromatiche. Viene servita a spicchi per favorirne la preparazione e la condivisione. Qui il boccone del prete, quel nucleo centrale in cui tutto è meglio condito e morbido non c’è perché ogni spicchio dovrebbe essere perfetto di suo.

Ho trovato familiare il racconto di quell’attesa, nell’affrontare una pizza, di mangiarne prima il cornicione per gustarsi poi tutto il piacere della parte centrale. Nello stesso modo ho mangiato centinaia di pizze. Da cilentana la mia prima pizza è quella “panosa” dell’infanzia preparata dalla nonna prima e dalla mamma poi, che nasce dall’impasto del pane e che viene condita con salsa di pomodori cotti con tanto di pellecchielle ed abbondante cacioricotta di capra, accolta la variante contemporanea che prevede l’aggiunta di mozzarella di bufala. Saporita, confortevole e tenace al morso, impegnativa alla masticazione il cornicione fa avanzare verso l’interno ben condito. Sempre più appagante il centro che il bordo, puro pane.

[[ ima2 ]]Nello stesso modo ho affrontato le varie pizze che ho incrociato nella mia vita e per molte delle quali si dovrebbe trovare un nuovo nome perché pizza è parola abusata. Poi il registro cambia di colpo ed arriva in età adulta l’incontro con la Pizza Napoletana, sembrerà strano ma se si parla di pizza anche la poca distanza fisica tra Napoli ed il Cilento diventa un abisso. In realtà tra Napoli ed il resto del mondo. A Napoli questa preparazione nasce pizza senza passare prima dal pane, nasce composta da elementi semplici, qui la pizza deve essere una cosa ben definita, tutti gli ingredienti vanno in forno e restituisco un elemento che si può dire perfetto solo se tutto è fuso insieme con equilibrio, solo se nessun ingrediente predomina su un altro.

Questo mondo me lo ha aperto Enzo Coccia. Nella sua Pizzaria La Notizia in via Caravaggio a Napoli mi ha stregato le papille gustative, mi ha fatto approfondire la pizza fritta e quella a libretto ripiegata su se stessa e mangiata in piedi velocemente o passeggiando per la città. Ho scoperto un impasto morbido che solo attraverso una manualità sapiente riesce ad essere gestito. Una morbidezza frutto di un’alta percentuale di acqua che restituirà dopo la cottura una pizza con una sua struttura particolare che, se non si è molto abituati a mangiarne, facilmente può essere confusa con una sensazione di crudo o poco cotto. Basta un po’ di pratica, qualche allegra scorpacciata di pizza napoletana per tarare il palato e riuscire ad apprezzarne l’estrema leggerezza, la digeribilità, la carnale succulenza.

[[ ima3 ]]Con il tempo sono diventata sempre più appassionata delle idratazioni possenti dell’impasto, il risultato è una pizza in cui tutte le caratteristiche sono spinte al massimo, si scioglie in bocca, si sublima nell’essere una pietanza a se fondendo gli ingredienti insieme. Solo una pizza napoletana ben fatta riesce ad essere succosa e godibile con solo pomodoro, aglio ed olio extra vergine d’oliva, come nella marinara. Non serve appesantirla con tanti elementi grassi per renderla masticabile. Il cornicione diventa l’ultimo morso, quello che riequilibra e pulisce la bocca.

Così il mio boccone del prete è ribaltato, dal centro al cornicione con una Cosacca di Francesco & Salvatore Salvo in largo Arso a San Giorgio a Cremano. La Cosacca è una pizza condita con pomodorino di Corbara, olio del Cilento ed una spolverata di pecorino bagnolese. L’impasto è molto idratato, morbido si scioglie in bocca, l’aroma della pasta è quello del grano, la pizza è fresca, minerale e profumata. Chiedo un tavolo d’angolo, mi siedo faccia al muro. Non desidero spettatori. La piego a libretto e la mangio con piacere avendo cura che nell’ultimo boccone ci sia il soffice cornicione. Soffice come un babà.

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Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Barbara Guerra

dottore di ricerca in Geografia Economica, nutre da sempre la passione per la gastronomia. Organizzatrice del congresso gastronomico LSDM-Le Strade della Mozzarella e del relativo itinerario (ritratto di Andrea Moretti)

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