“Abbiamo riaperto”, la storia di fronte al mare blu di Polignano continua. Le due parole magiche comparse in rete qualche giorno fa dicono che Da Tuccino ha riaperto i battenti contro ogni previsione, ogni cattiva divinazione, contro ogni pronostico. La notizia è deflagrata sui social catalizzando consensi e condivisioni, superando l’asticella dello share già mediamente vertiginoso registrato sulle pagine virtuali a firma di Pasquale Tuccino Centrone, il patron.
Chiamatelo pure il re del crudo di mare, lui non s’offende. Questo è e questo resta, a dispetto della Sclerosi laterale amiotrofica che gli ha paralizzato il corpo ma non il cervello, nè la lingua puntuta, nè il cuore. Tuccino continua a parlare forte malgrado la postazione a due ruote dove sta crocifisso, servendosi di un comunicatore oculare, una di quelle diavolerie elettroniche che consentono di scrivere con gli occhi. Fin qui il dramma. Poi l’imprevisto.

L'elegante veranda affacciata sul mare
I boomaker svogliati non avevano calcolato che il comunicatore oculare è dotato pure di una risata artificiale, che scoppia a comando. Com’è possibile che la voglia di vivere non gli sia scappata di mano, lui solo lo sa. Di fatto è da quella sedia immobile che è partito ancora una volta l’ordine. Restart, si ricomincia. La squadra composta dalla sorella
Pina, lo chef
Enzo Florio e il maître
Angelo De Michele, la stessa crew che lo segue da vent’anni non aveva altra urgenza che obbedire.
E’ sotto queste insegne, di fronte a questo mare, quello di Polignano, che si è scritto e si continuerà a scrivere un pezzo di storia gastronomica pugliese che non ha doppi, ma solo replicanti, al più discepoli. In principio fu
Tuccino Centrone, da cui il nome del banco del pesce (lo sciale) di fronte al quale sarebbe nato il ristorante di cristallo dirimpetto all’orizzonte blu, ereditato dal figlio prima dal nipote poi. Da una generazione all’altra il racconto del mare a tavola non ha subito mutazioni genetiche. Sullo stesso codice si è innestata l’ossessione di
Tuccino junior (
Pasquale solo sulla carta), che ha perfezionato l’impronta originaria avanzando con la smania di un cercatore d’oro fra giacimenti.
La caccia al tesoro del mare, nella quale
Tuccino si avventurava un tempo sulle sue gambe, è oggi la consegna affidata al cognato
Vito Mancini e al nipote
Marco, allevati alla sua scuola. Alla chiamata hanno risposto con altrettanta prontezza i pescatori di sentinella a Polignano, ma anche a Porto Cesareo e lungo tutti i quattrocento chilometri di costa pugliese, che da sempre riservano a
Tuccino il pescato migliore, il più fresco, in pronta consegna.
Basta un’occhiata sul bancone del pesce che troneggia nel ristorante elegante, per credere. Così si magnifica il crudo, come si sa da mille e una notte nel Sol Levante. Intuizioni come quelle di affondare gli scampi giganti nel ghiaccio, nascono qui. Lo shock termico dopo la bollitura ne stabilizza ed enfatizza profumo e sapore, provare per credere. Idem per i carpacci di pesce, scorfano sarago o triglia con bottarga di muggine o mosciame di tonno, una scossa dolce-salata al profumo di iodio, accompagnate dalla mineralità tutta terragna delle carote arcobaleno, di Polignano naturalmente.
Qui si conosce e si insegna, oggi come una volta, l’arte della sfilettatura del pesce e quella della frittura, solo in purissimo extravergine d’oliva, senza imbastardimenti. Già, ma la cucina cucinata? L’obiezione vale fintanto che non arrivano primi piatti come i paccheri alle uova di ricciola, un mare di minuscole uova.
In un volume pubblicato di recente dal titolo
Where chefs eat, Dove mangiano gli chef in Puglia?
Corrado Assenza risponde: «
Da Tuccino, la gioia dei clienti non viene mai compromessa, neanche per un attimo», lo dice il maestro di Noto, che di tutto il dolce-amaro della vita se ne intende.