31-05-2019
Matteo Baronetto, 42 anni, chef del Cambio di Torino, una stella Michelin. Ultime due cene a Identità Golose Milano, questa sera e domani, sabato 1 giugno: 75 euro vini inclusi, prenotazioni online (foto Onstage Studio)
Da mercoledì scorso Matteo Baronetto , da cinque anni chef Del Cambio a Torino, è il regista di cucina dell’Hub di Identità Golose a Milano. Vi rimarrà fino a sabato, ultima di 4 cene. Una fortuna per noi clienti, che siamo passati dall’intelligente teoria del menu – concepito ad hoc per via Romagnosi - al suo delizioso consumo. Ma anche una rara opportunità per noi giornalisti, che abbiamo avuto a disposizione l’impegnatissimo cuoco (e imprenditore) per mezzora del suo tempo. Ne è nata un’intervista. È tornato a cucinare a Milano, per la prima volta dopo i 13 anni filati al fianco di Carlo Cracco (2001-2014). Che effetto le fa? Mentre arrivavo in aereo da Parigi, confesso di aver provato un po’ di ansia. Non da prestazione, però. Ho Milano nel cuore: è la città che mi ha formato, che mi ha dato modo di esprimermi. È stato il mio trampolino di lancio. Tornare a lavorarci per più di una sera fa strano ed è emozionante. Formidabili quegli anni in via Victor Hugo. Un ristorante irripetibile per il fermento che lo muoveva. Erano gli anni di Ferran Adrià. Applicavamo la sua lezione con libertà e carattere. Ascoltavamo le provocazioni e gli stimoli che arrivavano da elBulli in modo molto personale. Era un messaggio di libertà: copiarlo avrebbe significato tradirlo. Adrià ci disse che, chiuso il Bulli, la cucina ha smesso di innovare. Di certo Ferran è l’ultimo grande innovatore, lo Steve Jobs della cucina, un vero genio, parola quasi sempre usata a sproposito ma non nel suo caso. Sono d’accordo però solo in parte con la sua tesi: il fermento c’è ancora, sono solo cambiate le condizioni dell’innovazione. Quindici anni fa la scena dei cuochi d’avanguardia era come quella degli artisti della Milano degli anni Sessanta: Piero Manzoni, Lucio Fontana, Gaber e Jannacci… Sembrava non si potesse andare oltre ma dopo sono arrivati artisti altrettanto grandi.
Nighiri, lardo, zafferano e salsa italiana
Uovo, calamaro e basilico, pomodori e kiwi
Raviolo di prosciutto in gelatina, olive, amarene e rafano
Triglia, testina di vitello, patata alle nocciole e prezzemolo
Crème caramel e sorbetto al pompelmo
Al lavoro tra Alessandro Rinaldi, resident chef di Identità Golose Milano (a destra), e Charles Pearce, chef de partie di via Romagnosi
Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano
a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt