11-11-2018

La rivincita del Daiquiri

Il mitico cocktail un po' dimenticato cerca il rilancio, partendo da una selezione rigorosa dei rhum coi quali viene realizzato

«Vuoi capire se uno chef stellato è veramente il numero uno? Fagli preparare uno spaghetto al pomodoro!». L’adagio di un vecchio volpone fra i critici gastronomici si traduce nella capacità di rendere grande la semplicità, in realtà solo apparente. Nel mondo della mixologia la frase potrebbe essere tradotta in: «Vuoi testare un barman? Chiedigli un Daiquiri». Tre ingredienti: rhum, succo di limone, sciroppo di zucchero. Facile no? E invece in giro per il mondo si bevono quintalate di Daiquiri, che sanno solo di limone, oppure sono eccessivamente pungenti causa troppo rhum, o sgradevolmente dolci per una sovrabbondanza di zucchero.

La Floridita

La Floridita

Il cocktail, reso famoso da Constantino Ribalaigua Vert a La Floridita de L’Avana, è dunque una specie di esame di maturità per i barman. Eppure la sua fortuna sembra essersi spenta nel corso degli anni, dopo i fasti del dopoguerra. A riportarlo in auge ci provano Luca Gargano, patron delle genovese Velier, insieme all’amico Richard Seale, proprietario della distilleria Foursquare di Barbados. L’idea è semplice: rilanciare un Daiquiri di qualità. Esattamente come è successo al Gin Tonic, grazie alla miriade di prodotti eccelsi spuntati come funghi negli ultimi anni.

Il messaggio è diretto a clienti e bartender. Questi ultimi fanno, giustamente, a gara nella ricerca di gin eccellenti e di nicchia, costosi e ricercati, da proporre a clienti curiosi e interessati alla sperimentazione. Lo stesso non avviene con i rhum. Quelli usati nei principali cocktail a base del distillato di canna da zucchero e in particolare nel Daiquiri, sono  spesso prodotti da battaglia, fatti in serie per ottenere grandi quantità e numeri da bevande gassate. Ed ecco nascere Veritas, un mix di due rhum: il primo di Barbados, distillato da Foursquare in colonna, il secondo jamaicano, da alambicchi discontinui (Pot Still), della distilleria Hampden, aggiunto in percentuale, assolutamente segreta, da Seale.

Ernest Hemingway e il Daiquiri

Ernest Hemingway e il Daiquiri

Tutto viene affinato a Barbados per due anni in botti ex Bourbon. Il risultato è un rhum da “linea” - come lo definiscono i barman -  di alta qualità e soprattutto con una spiccata personalità, capace di mettere l’accento al cocktail tanto amato da Hemingway. Così il Daiquiri assume carattere, profumi e aromi che ne possono fare innamorare i bevitori neofiti e più distratti.

La distilleria Foursquare di Barbados

La distilleria Foursquare di Barbados

Ma la sfida non finisce qui. Con il marchio Habitation Velier sono stati immessi sul mercato prodotti unici – tutti rigorosamente ottenuti da Pot Still, definiti Pure Single Rum. Nella versione white, quindi non affinata, sono espressione pura della canna da zucchero e della melassa. Rhum pieni, ricchi di aromi, una nuova generazione per la mixologia. Dalla Jamaica arrivano Long Pond, Hampden e Forsyths prodotto delle distilleria Worthy Park, da Reunion il rhum agricole Savanna.

Tutti sono contraddistinti da un alta percentuale di esteri presenti nel distillato: «Gli esteri sono la parte nobile dell’alcol – spiega Daniele Biondi di Velier – e conferiscono corpo e sapore. E proprio loro vogliamo ritrovare nei cocktail preparati con questi rhum. La sfida è offrire ai bartender prodotti miscelabili artigianali, non omologati, per superare i liquidi che servono solo a dare apporto alcolico. Con Veritas e con gli Habitation Velier bianchi vogliamo proiettarci nel futuro delle miscelazione guardando al passato, che in questo caso significa qualità, tradizione, lunghe fermentazioni e distillazioni sapienti. Prodotti con una precisa identità che possono creare una nuova tendenza: quella dei rhum cocktail di pregio e per tutti i gusti, oggi, purtroppo, ancora poco frequentata. E tutto può ripartire dal Daiquiri. Stesso cocktail con rhum diversi. Per apprezzare il particolare e non farsi omologare».


Shake & shock

ll mondo dei cocktail e dei bartender raccontati da Identità Golose.

a cura di

Maurizio Trezzi

giornalista, classe 1966 con una laurea in Fisica e oggi un lavoro da comunicatore. Ha raccontato due Olimpiadi e 5 Mondiali di atletica leggera su Eurosport. Super appassionato di buona cucina, rhum caraibici e golf

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