09-07-2022

I Wirth, gemelli catapultati in prima fila

Roberto Jr. e Veruschka si sono ritrovati a trent'anni alla guida dell'hotel Hassler a Roma per la morte improvvisa di loro padre Roberto il 5 giugno: «Ci spronava a fare altro, ma abbiamo l'albergo nel sangue e tanta passione». Il sogno è una vigna

Roberto Wirth, per tutti il signor Hassler, mostra

Roberto Wirth, per tutti il signor Hassler, mostra con orgoglio i suoi gemelli, Roberto Jr. e Veruschka. Alla sua improvvisa scomparsa il 5 giugno 2022, l'eredità di gestire un hotel icona di Roma, è passata a loro, nati nella capitale trent'anni fa, nel 1992

Un invito ricevuto a metà maggio, per una cena il 6 luglio all’Imago dell’hotel Hassler a Roma, i nuovi piatti di Andrea Antonini abbinati per l’occasione a Dom Pérignon vintage 2003 – Plénitude 2, mi ha offerto l’opportunità di conoscere Roberto Wirth Jr. e sua sorella Veruschka. Mi viene da dire purtroppo perché i due gemelli si sono ritrovati alla guida del gioiello di famiglia all’improvviso, e con dolore, per la morte di loro padre domenica 5 giugno. Roberto Wirth, quinta generazione di straordinari albergatori svizzeri, è stato infatti stroncato da un infarto mentre giocava a golf. Aveva 72 e, per quanto suo figlio gli fosse già accanto da un lustro per imparare i segreti del mestiere, con la sorella a seguire le proprietà toscane e umbre, settantadue sono davvero pochi. E lo sono ancora meno quelli dei gemelli, sessant’anni in due, classe 1992, trenta e trenta.

Un poker di A sulla terrazza alta dell'Hassler: Marco Amato e Andrea Antonini, il maitre e lo chef dell'Imago

Un poker di A sulla terrazza alta dell'Hassler: Marco Amato e Andrea Antonini, il maitre e lo chef dell'Imago

Non hanno mai avuto dubbi sul loro futuro di albergatori: «E’ nel nostro Dna». Così come loro padre era cresciuto scorazzando per l’hotel Eden, a lungo il secondo diamante di casa, loro hanno fatto altrettanto negli spazi dell'Hassler sotto lo sguardo vigile di Marco Amato, da tempo maître dell’Imago. Oggi lei ama dire sorridendo «faccio la stagista di mio fratello. Ci rassicuriamo a vicenda e c’è così tanto da fare che non abbiamo tempo per pensare. Nostro padre sarebbe orgoglioso di noi, di come mandiamo avanti tutto. Non ci ha mai forzati. Piuttosto ci spronava a imboccare altre strade perché questo è un mestiere che o ti appassiona o meglio pensare ad altro. Guai se guardi l’orologio. Da ragazzina mi immaginavo vestita in abiti eleganti che salutavo gli ospiti all’ingresso, posizione perfetta per capire di che pasta è fatto un cliente, e lo devi cogliere in pochi secondi per saperlo gestire da subito».

E la parola subito era la sola parola di italiano imparata nell’Ottocento dall’antenato Franz-Josef Bucher, il Signor Subito, perché non dava tempo a nessuno, lui per primo. Tratto in fondo comune a tutti lì, come racconta Roberto Jr: «Papà era sordo profondo dalla nascita e ha sempre lottato con questo handicap. Io figlio, lo seguivo e lo studiavo per mettere il mestiere da parte. Tre suoi imperativi? Essere molto aperti mentalmente perché non sai che giornata sarà e chi si presenterà per una stanza. Molto appassionati perché l’Hassler è un hotel a gestione famigliare e tu famiglia devi esserci 24 ore su 24. Essere infine molto sensibili sia con gli ospiti sia con i dipendenti perché capiscano che è il cliente a farci vivere». E quindi non si sbuffa, si sorride, si presta attenzione a ogni dettaglio. I clienti sono diventati molto più esigenti e difficili

Aragosta, funghi e tartufo nero in raviolo, una ricetta di Andrea Antonini, cheef dell'Imago, il ristorante al sesto piano dell'Hassler sopra Trinità dei Monti a Roma

Aragosta, funghi e tartufo nero in raviolo, una ricetta di Andrea Antonini, cheef dell'Imago, il ristorante al sesto piano dell'Hassler sopra Trinità dei Monti a Roma

perché è molto più facile oggigiorno viaggiare, problemi di pandemia a parte, e fare così paragoni con altre strutture».

Ma chi è Roberto Jr. Wirth a tavola vista l’importanza dell’Imago nel panorama della ristorazione italiana: «Prima le racconto di mio padre. Quando Francesco Apreda ci lasciò, nell’aprile 2019 divenne chef Andrea Antonini, classe 1991, che nel primissimo menù inserì dei fiori di zucchine ripieni di tartara di fassona e un’acciuga (pesce azzurro detestato da Veruschka, ndr). Gli piacquero da pazzi, divennero imprescindibili, salvo non trovarli più nella seconda carta. Chiamò Andrea e gli chiese perché mai e si sentì rispondere che le cose vanno avanti e non ci si ferma. Morale: li ordinava solo per lui e li gustava in un angolo dell’Imago».

Un tavolo per cinque appassionati di momenti belli e cose buone la sera del 6 luglio sulla magica terrazza dellìhotel Hassler a Roma. Da sinistra: Veruschka Wirth, Antonio Paolini, Valeria Righetti, Paolo Marchi e Roberto Jr. Wirth. Nei piatti le creazioni dello chef Andrea Antonini, nei bicchieri il Dom Pérignon vintage 2003 – Plénitude 2

Un tavolo per cinque appassionati di momenti belli e cose buone la sera del 6 luglio sulla magica terrazza dellìhotel Hassler a Roma. Da sinistra: Veruschka Wirth, Antonio Paolini, Valeria Righetti, Paolo Marchi e Roberto Jr. Wirth. Nei piatti le creazioni dello chef Andrea Antonini, nei bicchieri il Dom Pérignon vintage 2003 – Plénitude 2

A tavola i gemelli non sono onnivori. Lei ama soprattutto le trattorie, «quelle insegne appena sotto i posti stellati dove si sta bene». Lui ha un palato più gourmet: «Ho imparato a mangiare di tutto». E snocciola nomi importanti, Massimo Bottura e Massimiliano Alajmo, Sergio Barroso a Santiago del Cile e Maido a Lima. Però quel suo tutto è molto, ma molto meno tutto rispetto al mio: «Non riesco proprio a mangiare le ostriche, non mi faccio una ragione della loro consistenza. Poi no trippa e mai lumache; da piccolo anche no funghi, lingua e piccione, poi mi sono fatto coraggio. C’è sempre una soluzione. Una preparazione amata? Un filetto cotto bene e servito con olio e sale».

Lo chef Andrea Antonini tra Roberto Jr e Veruschka Wirth

Lo chef Andrea Antonini tra Roberto Jr e Veruschka Wirth

Perché sveli il suo lato debole si deve passare dai piatti ai bicchieri: «Il mio sogno è avere una vigna tutta mia. Nell’attesa ristrutturerò due grotte nascoste dal verde della Palm Court. Troppa umidità, si rovinava tutto, così la si chiuse quattro anni fa. Faremo degustazioni di altissimo livello». Poi pensano a una spa e a trovare un nome per il ristorante quotidiano che al piano terra non ha una collocazione precisa, interno o esterno a seconda della stagione e del meteo. Hassler, la storia continua.


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Paolo Marchi

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Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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