11-06-2020
Una immagine dell'ingresso della Sacrestia di Arnaldo e Marco Ponsiglione, padre e figlio, due splendidi anfitrioni di un locale che tutti a Napoli rimpiangono
XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è l'undicesimo di cinquanta racconti
Quando ripenso alla mia vita da cronista sportivo, con redazione a Milano, quella del Giornale, credo che, se potessi tornare indietro, mi farei mandare sempre in trasferta a Napoli. Non c’è un’altra città italiana dove la gente sia altrettanto sveglia, brillante e acuta e, poi, anche se spesso si trovano piatti troppo unti, la golosità della sua cucina è unica.
Quando mi capitava di essere inviato all'ombra del Vesuvio, facevo carte false per partire alla vigilia e riuscire così a cenare là anche la sera prima della partita.
Il 10 maggio 1987 il Napoli vinse il suo primo scudetto, bramato e inseguito da sempre. Tra gli striscioni più belli, uno recitava: Scusate il ritardo
Se l’unico inviato del Giornale ero libero di prenotare dove volevo, mentre se andavo con qualche collega si mediava. A inizio anni Ottanta viaggiavo spesso con Gianni Brera, e, già prima di prenotare il biglietto, sapevo già che il Grande Padano avrebbe avuto il suo tavolo fisso da Dante e Beatrice. Il ragù lì era proverbiale, magari impiegavi qualche giorno a digerirlo, ma, sul momento,
L’insegna più frequentata era sempre in collina, ma su un altro versante: la Sacrestia. Era uno di quei posti di lusso dove la cosiddetta la società cosiddetta bene si dava appuntamento per farsi vedere. Il patron aveva cento occhi e riusciva ad accontentare decine e decine di persone nello stesso momento: nessuno di loro avrebbe mai accettato di attendere un minuto per essere accompagnato al suo tavolo. Noi giornalisti, invece, eravamo costretti alla pazienza e, comunque, sapevamo che più tardi ci presentavamo e meglio era. Ti avrebbero fatto un conto speciale, quasi simbolico, in cambio, però, non potevi lamentarti dei tempi di attesa. Lì ci tenevano a essere un punto di riferimento per tutto il mondo del calcio, e, quindi, è chiaro che un campione del pallone aveva sempre la precedenza.
Il calzone alla scarola di Franco Pepe è quasi pronto per essere infornato
La pizza buona nei ristoranti non si trova spesso per due motivi: da una parte perché tanti la considerano un cibo economico e povero e quindi non la mettono nel menù, dall’altra perché richiede forni, spazio e piani di lavoro che non tutti possono permettersi.
Pepe in grani a Caiazzo: calzone pronto per essere mangiato
Ricordo anche che lì consumai la cena più lunga della mia vita. Eravamo una dozzina di giornalisti seduti a un tavolo quadrato, dove potevamo stare due o tre per lato. Lì non si poteva ordinare, ti arrivava tutto a ondate, al massimo dicevi basta, ti arrendevi. Né io né il mio collega Guido Lajolo pronunciammo mai quella parola durante il pasto e, così, i camerieri ci presero gusto a portare sempre qualcosa in più. La tavolata si divise tra chi tifava per Guido e chi per me.
La cucina napoletana sa essere molto alta e, adesso, che siamo in tutt’altra epoca, mi riscalda il cuore sapere che a Caiazzo c’è un pizzaiolo, Franco Pepe, che non solo sforna pizze magistrali, compresa quella alla scarola, ma che trae ispirazione per le sue creazioni proprio dalla sua terra casertana. Siamo all’esaltazione dell’orto, del chilometro zero, che Pepe interpreta con un respiro profondo e rispettoso del territorio, con la voglia di valorizzare il lavoro, la passione e le prelibatezze create dagli artigiani locali.
Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
Vittorio Fusari è tra gli chef celebrati da Paolo Marchi nella sua biografia, XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita. A lui, ai suoi piatti e all'accoglienza nei locali di Iseo, è dedicato il 20° racconto