07-09-2020
XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il 25° di cinquanta racconti
Oggi Peck, in via Spadari a Milano, è un paradiso della gola che si sviluppa su tre piani, nonché, girato l'angolo con via Cesare Cantù, un bar che offre prime colazioni, cocktail e piatti caldi a pranzo e a cena. Ma, fino a fine degli anni Novanta, la casa madre era più piccola e i "satelliti" tutt'attorno più numerosi, come il negozio di formaggi in via Speronari e una macelleria in via Spadari. E in via Victor Hugo, c’era quello che oggi è il ristorante Cracco, ma che una volta era gestito direttamente dalla famiglia Stoppani, gli alllora proprietari di Peck.
Vi sono parole che al solo pronunciarle evocano piacere, ti saziano e ti fanno sognare. Provate a pronunciare “pollo arrosto”, non vi sentite già con una coscia succulenta in mano? E così è per Peck, quatto lettere che sono un po' come la chiave per aprire una caverna piena di oro e pietre preziose. Quando entravi in salumeria avevi solo l’imbarazzo della scelta tra tutte le bontà esposte. Lo stesso accadeva con il ristorante, perché, ad esempio, se volevi mangiare un signor risotto giallo lì andavi sul sicuro, anche se, col tempo, l'atmosfera lentamente si ingrigiva e, in certe sere, appariva quasi decadente.
Carlo Cracco quando passò dai capelli corti a quelli lunghi, ma non si era ancora fatto crescere la barba
Leggendo la carta me l’ero immaginato come una serie di bocconi, quasi delle piccole sfere messe in fila su uno stecco. Ma la mia immagine mentale sarebbe stata subito spazzata via da quello che mi trovai nel piatto. Il rognone era stato tagliato a fette verticali alte circa mezzo centimetro e adagiate tre alla volta sul piano di lavoro, per essere infilzate da un lato con lunghi stecchi, quasi come uno stendardo o una bandiera. Un modo originale per cucinare a puntino un taglio di quinto quarto che non deve mai essere troppo crudo per evitare che rilasci umori e sangue, ma nemmeno troppo cotto, o diventa amaro.
Una delle due sale dell'allora ristorante Cracco Peck in via Hugo a Milano
Ma per quanto da Peck il risotto fosse sempre al dente e il rognone strappasse i miei applausi, non potevo non accorgermi che il posto stava lentamente invecchiando, al punto da decidere di scriverlo sul Giornale, perché il compito di un critico non è solo quello di lodare ma, lo dice il nome stesso, di evidenziare le magagne.
Gli Stoppani avevano da poco rinnovato tutto il loro impero, chiuso macelleria e formaggeria per incastonarle nella nuova struttura, molto più ampia. A quel punto il contrasto con il ristorante cento metri più in là era ancora più evidente. Drastico il titolo che scelsi: Per il bene di Peck, gli Stoppani lo chiudano. E naturalmente intendevo il ristorante. L’articolo uscì la domenica e il lunedì arrivò puntuale una lettera in direzione. Però, di lì a pochi mesi, la Michelin tolse la stella e gli stessi Stoppani capirono che la mia non era una provocazione, ma una constatazione dei fatti. Lo chiusero davvero e, quando lo riaprirono, era nato il Cracco Peck.
Foro ricordo, sabato 23 dicembre 2017, dopo l'ultimo servizio nel ristorante in via Victor Hugo a Milano per la brigata di Carlo Cracco, alla cui sinistra si riconosce Luca Sacchi, già pasticciere e da sei anni suo sous-chef
Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi