22-09-2020
Fulvio Pierangelini e la sua celeberrima Passatina di ceci con gamberi
XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il 27° di cinquanta racconti
È sempre difficile sentire gli chef usare la prima persona plurale, il noi. Quasi sempre è una questione di ego smisurato: in francese, in fondo, chef non vuole dire cuoco, bensì capo. E un capo si sente un gallo per eccellenza. Ma in alcuni casi, questo ad esempio, l'uso della prima persona singolare, l'io, è d'obbligo, visto che in cucina ci sono soltanto il cuoco, un lavapiatti e un ragazzo tuttofare.
È stato sempre così sul mare di San Vincenzo, sul porticciolo dove Fulvio Pierangelini ha scandito altissima cucina in splendida solitudine. Certo, al suo fianco c’era la moglie Manuela in sala, ma qualsiasi cosa accadesse, nasceva sempre dall’intuito e dal genio di questo riccioluto romano che il lavoro del padre portò giovanissimo sulla costa maremmana.
Non le spiagge di Donoratico, o i cipressi i di Bolgheri, piuttosto che le colline che danno vita a vini unici, ma la piccola San Vincenzo, città-dormitorio dalla scarsissima vocazione turistica. I più lavoravano in acciaierie, che oggi appartengono al passato, proprio come il Gambero Rosso, il ristorante di Fulvio.
C’è stato un lungo periodo, in pratica tutti gli anni Novanta e buona parte del primo decennio del Duemila, che era imprescindibile andare al Gambero Rosso.
Fulvio aveva un caratteraccio, che non temperava in nessun modo. Era diretto, anche troppo, e, in realtà, molto insicuro, tormentato dalla decisione della guida Michelin di non illuminarlo con la terza stella. Il suo archivio di recensioni - favorevoli, ma anche negative - era sterminato e, quando la luna girava storta, rischiavi di passare ore e ore ad ascoltarlo, mentre ti spiegava perché quello sbagliava e quell’altro anche.
È facile chiedersi retoricamente perché questo romano non abbia usato quelle energie per creare una squadra, una realtà più solida, diventare un maestro che forgia nuove generazioni. Ma quello era, e così lui viveva. Come fai a cambiare anima a una persona di genio?
Fulvio e Fulvietto Pierangelini, padre e figlio
A quei tempi c’era addirittura gente che andava da Fulvio per essere mandata a quel paese, che lo provocava. Potevano essere giornalisti, golosi, cuochi o ristoratori. In certi casi avere un grande personaggio contro è una medaglia d’onore, tanto quanto averlo come amico. Io mi sentivo molto vicino a lui perché, in cuor mio, orso a mia volta.
Sono un orfano del Gambero rosso, del tavolo nel salotto, così come di quello più vicino al mare, dove mi accomodai la prima volta e da dove non mi sarei più alzato, tanto si stava bene. Mi sciolsi alla prima cucchiaiata di passatina di ceci, andai in orbita con i ravioli di mare e non riuscii a proferir parola davanti a un capolavoro di piccione. Avete in mente quanto è piccolo un piccione? Un niente, eppure Pierangelini riusciva a servirlo in tre portate diverse - antipasto, primo e secondo - con tre diverse cotture e preparazioni. Poco ci mancava che trasformasse le ossicina in grissini piccoli e croccanti. La cosa meravigliosa era la netta sensazione che potesse cucinarti tutto e il contrario di tutto.
Capesante con mortadella, mele e finocchi (prima versione, 2005). Foto di Bob Noto
Il meglio di sé lo dava quando ti faceva assaggiare un accostamento che a nessuno sarebbe venuto in mente, come la capasanta con la mortadella, che ogni anno variava, e tu sempre lì a domandarti cosa mai avesse visto in quel mollusco. E, poi, la meraviglia di quando voleva saltare senza rete, proponendo dei veli di pasta quasi trasparenti ripieni di crema di zucca, una sublimazione dei celebri tortelli di Nadia Santini, con la differenza che lei, nel mantovano, non poteva toccare di una virgola la ricetta, mentre lui, un romano in maremma, era libero di fare quello che meglio credeva.
Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
Sir Rocco Forte con tutta la famiglia
I piatti del nuovo menu dell'Osteria Francescana, che celebra la grande cucina italiana degli ultimi decenni. Massimo Bottura lo presenta così: «È un omaggio ai più grandi cuochi d'Italia dagli anni '50 ai giorni nostri. Artigiani ma soprattutto amici che ci hanno ispirato e continueranno ad ispirarci con creazioni senza tempo»