14-10-2020

Sono ancora arrabbiato con Bras perché lì a Laguiole mi negarono i funghi

Il cameriere si rifiutò perché avevo già ordinato a sufficienza e secondo lui non avrei finito tutto. I casi felici a Perth e Milano

Il ristorante che ricorda tanto un'astronave d

Il ristorante che ricorda tanto un'astronave della famiglia Bras a Laguiole in Francia

XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il ventitreesimo di cinquanta racconti

Una cosa che proprio non ho mai capito sono quei ristoratori, maître o camerieri che si rifiutano di servirti un piatto «Perché tanto non riuscirà a mangiarlo, con tutto quello che ha ordinato». E non sto parlando di attenzione per la salute del cliente. Quella va difesa alleggerendo le pietanze, evitando i grassi inutili, i fritti in olio di morchia, panna a go go e altri avvelenamenti simili. Intendo proprio non poter ordinare tutti quei piatti che intendi mangiare quel certo giorno.

Laguiole

Laguiole

Ho sempre pensato che un ristorante sia prima di tutto un'attività economica, che genera dei costi e che deve prevedere dei ricavi e un utile a fine mese che garantisca il proseguimento del lavoro. Non credo che se uno entra in una concessionaria di auto e ne vuole comperare due, l'agente neghi la seconda dicendo: «Tanto non potrebbe guidarla perché se sta su una, l’altra resta in garage». Invece a tavola accade più spesso di quanto non si pensi.

A parte quelle regioni dove si parte con una mitragliata di antipasti che stroncherebbe un elefante affamato, ricordo, uno per tutti, quella volta da Michel Bras nella sua astronave a Laguiole, nella regione francese dell'Aubrac. Michel è passato alla storia della cucina per due piatti su tutti: la Gargouillou de Jeunes légumes, il prototipo di tutte le insalate contemporanee, e quel tortino di

Gargouillou de Jeunes légumes, capolavoro veg di Michel Bras

Gargouillou de Jeunes légumes, capolavoro veg di Michel Bras

cioccolato con il cuore fondente - il Coulant au chocolat - che ormai trovi anche nei supermercati, ma che nel 1981 rappresentò un autentico shock. Lo guardi, pensi che sia una sorta di muffin piuttosto che un soufflé più solido, e invece è tutt'altro, un piccolo scrigno con un'anima liquida. Lo chef lo pensò per rievocare la cioccolata calda, che in famiglia si preparava quando in inverno si tornava a casa intirizziti dal freddo dopo aver fatto sci di fondo. E la cioccolata calda era la coccola migliore. Il Coulant rievoca quel piacere d’infanzia.

Quel giorno il Gargouillou all'inizio come antipasto e il dessert al cioccolato alla fine sarebbero state le parentesi in cui avrei racchiuso altre due specialità: la torta di funghi e la costata di pura razza dell'Aubrac, la regione montuosa dove si trova il ristorante.

Coulant au chocolat di Michel Bras

Coulant au chocolat di Michel Bras

Alle mie richieste, il cameriere mi guardò storto, scosse la testa e disse: «E' troppo, i funghi meglio se non glieli porto». Ma cosa interessava a lui quanto e cosa mangiavo? Penso che la cosa fondamentale, oltre al piacere di soddisfare gli ospiti, sia quello di riempire il più possibile il cassetto di soldi. E allora perché privarmi di un secondo antipasto che desideravo? Così passai dalla soavità di un'insalata che giocava sulle diverse consistenze di verdure cotte e crude alla massiccia presenza nel piatto di una fetta di carne larga come una pizza margherita e alta quattro dita. Spettacolo assoluto. Partirei in qualsiasi momento per tornare a divorarla. Ma la torta di funghi ci sarebbe stata benissimo. Ce l’ho ancora qua, di traverso nella mente.

Questo è solo l'esempio più clamoroso, perché stiamo parlando di un tre stelle Michelin, che, tra l'altro, quel giorno mi deluse anche a livello di vino con una giustificazione assurda: «Purtroppo c'è il Wine Expo a Bordeaux e il nostro sommelier è impegnato là». Questo per la serie chissenefrega, perché un conto è la bettola dispersa nei monti e un altro uno dei templi dell'alta cucina mondiale, che si dovrebbe attrezzare per qualsiasi emergenza, visto che i prezzi certo non cambiano se mancano un maître, un sommelier o un sous chef.

Un ritratto di Michel Bras

Un ritratto di Michel Bras

Se questa è la faccia nascosta, buia, dei miei ricordi legati al servizio, ma ce ne sono due che posso portare come esempio di eccellenza, uno in Australia e uno a Milano.

Il primo mi riporta con la memoria alla Coppa America di vela di metà anni Ottanta a Perth, capitale dell'Australia dell'Ovest. Perth era stata costruita da coloni che risalivano il corso del fiume Swan e, così, era gioco forza che le basi dei sindacati di Coppa America fossero alla foce del fiume, dove sorgeva Fremantle e dove tanti, per l'eccezionalità dell'evento, avevano aperto bar, botteghe e ristoranti.

Fremantle in Western Astralia ospitò la Coppa America di vela edizione 1987

Fremantle in Western Astralia ospitò la Coppa America di vela edizione 1987

In uno di questi, gestito da figli di italiani emigrati là tra le due Guerre, ho mangiato la migliore impepata di cozze della mia vita, in un altro il tempo si era fermato al ventennio fascista e quegli abruzzesi avevano ancora in bella mostra monete con le effigi di Mussolini e dell'Italia contemporanea non sapevano proprio nulla. Persone sospese nel tempo. In queste due trattorie mangiavo quando avevo fretta o volevo essere lasciato tranquillo.

Quando, invece, desideravo il meglio, mi recavo in un ristorante che avevo scoperto per caso e che mi aveva stregato. Un giorno, mentre stavo leggendo la

Dennis Conner, californiano, classe 1942, vincitore con Stars&Stripes della Coppa America 1987 a Perth - Fremantle nell'Australia dell'Ovest

Dennis Conner, californiano, classe 1942, vincitore con Stars&Stripes della Coppa America 1987 a Perth - Fremantle nell'Australia dell'Ovest

carta, vidi passare un cameriere con in mano una casseruola piena di crostacei e molluschi. Chiesi subito cosa fosse e lui mi spiegò che era una sorta di zuppa con poco pomodoro e note di zafferano. La ordinai immediatamente senza più leggere altro: «Con chi la divide, signore? È per due». «Con nessuno» gli risposi. Nulla da fare, insisteva perché io condividessi la scelta. Ma la sua non era una preoccupazione legata all'eccessiva quantità, bensì al prezzo. Lo tranquillizzai: "Pago io per due!".  79 dollari australiani, per inciso. Ringraziò e mi servì senza problemi.

Una sala del Joia, ristorante di Alta cucina naturale a Milano

Una sala del Joia, ristorante di Alta cucina naturale a Milano

È così che si fa, proprio come quella volta in cui al Joia di Pietro Leemann ero in dubbio tra il vino bianco, che il piatto di pesce avrebbe imposto, e il vino rosso, che preferisco sempre, quale che sia quello che sto per mangiare. Il cameriere mi chiese convinse a fare la scelta giusta con poche, ma nette parole: «Le piace il rosso? Lo paga lei? Sì? Bene, allora lo ordini e lo beva». Più semplice di così...


XXL Marchi

Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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