31-08-2020

Benedetto sia l'errore della sorelle Tatin

La più buona torta di mele nacque a fine Ottocento in Francia grazie a Caroline e Stefanie e a una loro dimenticanza. La mia versione preferita è quella di Pietro Leemann al Joia

XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il 24° di cinquanta racconti

Un giorno mi chiesero quale sia il mio menù ideale, quello da consumare la sera prima di salire in cielo (almeno spero, in cielo). Per me sono cinque  portate: baccalà mantecato, risotto alle cipolle, il rognone in qualsiasi modo e il piccione arrosto prima di una torta di mele. Adoro tutto quanto accolga in sé il pomo del peccato e mi viene sempre difficile scegliere una preparazione precisa, ma per più motivi, stringi stringi, alla fine la scelta cade sempre sulla Tarte Tatin e su una ben precisa, quella di Pietro Leemann.

Ho avuto la fortuna di conoscere questo ticinese di madre valtellinese quando aveva appena aperto il suo ristorante in via Panfilo Castaldi a Milano, era il 1990. Lo battezzò Joia per giocare ovviamente sull'allegria che il cibo deve procurare. E aggiunse sotto tre parole: Alta cucina naturale.

Pietro è vegetariano, ai limiti del vegano, ma è riduttivo considerare la sua tavola come vegetariana in senso stretto. Scuola Marchesi, all'inizio, per rassicurare chi si presentava da lui, presentava sformati di verdure con forme carnivore, come la coscia di pollo. Ma in carta trovavi anche il pesce vero e chi si stupiva della scelta si scordava che al centro del suo lavoro c'era la naturalità del prodotto e non tanto la sua natura intrinseca.

Pietro Leemann

Pietro Leemann

Scollinato il Capodanno del 2000 Leemann decise di iniziare un percorso che l’avrebbe portato sempre più in alto: ed ecco sparire la carne e il mare e, in seguito, pure l'uovo di gallina. Precisazione doverosa, perché l’Uovo apparente che trovi oggi è, in realtà, a base di gelatine di scuola cinese. E poi, naturalmente, c’era la Tatin, strepitosa, addirittura in due versioni. Al dessert  nato in Francia, e quindi un concentrato di burro, Leemann affiancava la variante all'olio extravergine, una torta priva di qualsiasi ingrediente di origine animale, proposto quando ancora nessuno parlava di veganesimo.

Tra le due vinceva la versione classica perché, per quanto uno possa essere bravo nell'uso dell'olio in pasticceria, il burro si sposa con un'eleganza di sapore che l'extravergine non può eguagliare. Pietro, e qua sta la grandezza dell'alta cucina, non lasciava nulla al caso. Se la torta delle sorelle Tatin era nata per sbaglio sul finire dell'Ottocento a Lamotte Beauvron in quello che era un albergo di fronte alla stazione, quella di Leemann era figlia del ragionamento.

Il limite della cucina di tradizione, di quei piatti che ci arrivano dal passato, è l'approssimazione degli ingredienti e delle cotture, tanto è vero che, ad esempio, quando percorri la costa adriatica, ogni paese bagnato dal mare ha il suo brodetto di pesce. E, ovviamente, ognuno è convinto che la sua zuppa meriti gli

applausi. Rispetto alla natura tradizionale di quella torta - che tende un po’ al bruciato - Pietro estremizzava la leggerezza della frolla, stando attento a far sì che le mele si caramellizzassero restando morbide, ma perfettamente sode. Una cottura lenta e uniforme le rendeva come una crema, che nemmeno dovevi masticare perché si scioglieva in bocca. E lo zucchero era la quantità giusta, perché lo chef sapeva bene che la frutta è dolce di per sé e quasi non avrebbe bisogno di aggiunte.

Ma quello che stregava tutti quando la fetta veniva servita, era capire che al centro della torta era stato praticato un foro, per far uscire l'umidità all'esterno ed evitare che la pasta si bagnasse troppo. Non era, infatti, una torta rovesciata, ma una sorta di torta di Nonna Papera - Apple pie, direbbero gli inglesi - studiata per ottenere lo stesso effetto gustativo delle mele caramellate delle Tatin. Il fatto che non venisse rovesciata sul piatto di portata fa a botte con l'essenza stessa della Tatin, ovvero una torta da cuocere sotto sopra, ma Pietro sa sempre quello che fa: si è posto un problema e ha cercato di risolverlo con le tecniche conosciute dai grandi chef. Sono certo che se uno ci provasse a casa non riuscirebbe mai a ottenere lo stesso risultato. Sono altresì convinto che le regole valgano per tutti i mediocri, per coloro che eseguono, magari benissimo, uno spartito, ma che non sarebbero mai in grado di creare una musica tutta loro.

Le sorelle Tatin, Caroline e Stefanie

Le sorelle Tatin, Caroline e Stefanie

In Francia, dal 1978, esiste una confraternita che fa l’impossibile per preservare la ricetta originaria della Tarte Tatin e scomunica tutti coloro che sostituiscono le mele con qualsiasi altra frutta o verdura, comprese, ad esempio, le pere, le cipolle e i pomodori. Per loro esiste soltanto il dogma e nessuna possibilità di evoluzione, come se la cucina fosse statica e bloccata nel tempo.

Invece le sorelle Tatin, Caroline e Stefanie, vanno celebrate per l'idea di una torta a testa in giù. Loro usavano le mele perché allora c’erano quelle, ma sono certo che, se avessero avuto altri prodotti, si sarebbero sbizzarrite e divertite inventando nuove ricette. E sono altrettanto sicuro che sarebbero state le prime a ringraziare Pietro e a scomunicare chi oggi gestisce il loro albergo. Quando ci andai trovai un cuoco sciatto, che cucinava con l'entusiasmo del pensionato che dà il becchime ai piccioni, ben sapendo che nessuno si presentava lì per lui, ma solo per omaggiare le sorelle, e quel meraviglioso sbaglio che ha regalato al mondo un capolavoro.

La ricetta della Tarte Tatin

Ingredienti

1 kg mele renette; 250 gr farina; 325 gr burro; 100 gr zucchero; 1 uovo; un pizzico di sale.

Preparazione

La Tatin è nata da un errore: Stephanie Tatin era la cuoca di una locanda in Francia ed era famosa per la sua torta di mele. Un giorno però, per la fretta, mise in forno solo le mele, dimenticandosi la pasta che doveva foderarle. Senza perdersi d’animo prese la teglia con le mele già cotte, le ricoprì di pasta e rimise tutto in forno. Il risultato lo sapete, ed è estremamente goloso.

Per la ricetta, e questa è quella di Pietro Leemann, si parte imburrando con un etto di burro il fondo di una tortiera grande e rotonda, per poi distribuirvi 50 gr di zucchero.

Una delle numerose versioni della Tarte Tatin, in questo caso alla indivia belga e bacon

Una delle numerose versioni della Tarte Tatin, in questo caso alla indivia belga e bacon

A parte si pelano le mele - se usate le renette in cottura diventeranno morbide e cremose, ma liberi di usare il tipo che avete in casa - e poi si tagliano a fette spesse. A qualcuno piacciono i quarti, ma io li trovo eccessivi, di sicuro vanno eliminati i torsoli.

Disponete le mele sul fondo della tortiera e cospargerle con l’altro mezzo etto di zucchero e 25 gr di burro fuso. Mettere sul fuoco per una ventina di minuti perché lo zucchero caramelli senza scurire troppo. Traduzione: fuoco moderato e massima attenzione a non bruciare tutto.

Nel frattempo disponete la farina a fontana aggiungendovi al centro l’uovo, il sale e il burro morbido, perché da tempo lasciato a temperatura ambiente. Mescolate per ottenere una pasta che va tirata col mattarello fino a ottenere una sfoglia di diametro superiore a quello della teglia. Per restale in stile “Stephanie Tatin”, che andava di fretta, non c’è bisogno che facciate riposare l’impasto.

Coprite le mele con la pasta e fate cuocere in forno a 180 gradi per mezz’ora. Trucco dello chef: fate un piccolo foro al centro per fare uscire l’umidità.

La Tarte Tatin va servita tiepida e se non la rovesciate su un piatto di portate avete capito nulla dell’anima stessa di questo capolavoro.

C’è chi ama accompagnarla con la panna, io sono per il gelato alla crema o alla vaniglia, a seconda dei gusti.


XXL Marchi

Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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