10-08-2020
Due curatori, a cavallo tra i due secoli, che hanno fatto la storia della guida Michelin: Fausto Arrighi e Roberto Restelli alla presentazione dell'edizione 2008 al ristorante Trussardi a Milano
XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita, scritto da Paolo Marchi assieme con Annalisa Cavaleri, è stato pubblicato da Mondadori Electa nell'ottobre 2014, la prefazione è firmata da Oscar Farinetti. Questo è il diciannovesimo di cinquanta racconti
Ho sempre subito il fascino della Guida Michelin. Mi piaceva quella pubblicazione stretta e comoda, da mettere in borsa piuttosto che in macchina, quando la macchina era sinonimo di libertà personale e non si parlava di inquinamento, effetto serra e smog.
So bene quanto sia comodo un treno, ma mi viene più facile costruirmi dei percorsi mentali per raggiungere questo o quel ristorante muovendomi in autostrada, con l’ultima edizione della Rossa nella tasca della portiera. Ovviamente adesso la abbino alla Guida di Identità: ci mancherebbe altro che non sia io il primo tifoso del mio lavoro.
Ho sempre adorato vivere nella mente quello che poi cerco di realizzare. Quando Dino Buzzati dipingeva o scriveva delle “formiche mentali” – da ragazzo lo vedevo sempre venire a casa nostra - pareva che mi avesse radiografato la testa.
Ho sempre saputo dove volevo arrivare e non ho mai fatto caso a chi faticava a riconoscere la validità dei miei obiettivi. Non mi è mai interessata l’opinione altrui, se non come possibilità di confronto e di crescita.
Io che amo la sintesi e non voglio perdere tempo in inutili giri di parole sono sempre stato stregato dall’intuizione delle stelle: una, due o tre. Mi ricordano, in un certo senso, quello che sarebbe stato - fatte le dovute proporzioni - il biglietto da visita di Gesù. Cosa avrebbe scritto se non Figlio di Dio?
E così quelli della guida del pneumatico, con disarmante semplicità, hanno fatto altrettanto. Una, due o tre stelline, macarons, come dicono loro, e giusto due o tre piatti consigliati per quell’edizione. Tante informazioni pratiche e zero testi, non più adesso, ma per anni e anni è stato così.
Dino Buzzati e le formiche mentali
A Clermont Ferrand capirono che una pubblicazione che esaltava la grandezza gastronomica dell’Esagono avrebbe potuto fare da apripista alle migliori produzioni, ai migliori vini transalpini e a quella che, nel tempo, sarebbe diventata l’alta cucina del mondo.
Non che non adorassi Luigi Veronelli o ignorassi tutte le altre pubblicazioni. Le compravo, le sfogliavo e le collezionavo tutte, ma - Veronelli a parte, che sapeva coniugare una cultura enciclopedica a un naso e un palato incredibili - alle altre mancava sempre un respiro che andasse oltre i nostri confini.
Luigi Veronelli
Seguivo lo sport con autentico trasporto e convincimento, senza però mai scordare quello che era il mio obiettivo: le trasferte mi servivano anche per visitare i ristoranti. Penso di aver scelto raramente un posto solo per mangiare qualcosa, doveva sempre avere un non so che di curioso, qualche chicco da aggiungere al mio granaio di conoscenze gastronomiche.
Nel 1990 la Sampdoria era impegnata nella semifinale di Coppa delle Coppe. Il Giornale mi affidò la sua trasferta a Monte Carlo, una sfida con il Monaco che si sarebbe giocata il 3 aprile, mercoledì sera.
Successe che per semplificare la vita a tutti, i dirigenti e i tecnici blucerchiati tenessero l’allenamento e le relative conferenze stampa il martedì mattina nel loro campo di Bogliasco. Poi loro si sarebbero trasferiti nel Principato, mentre noi della stampa saremmo rimasti a Genova per raggiungere la squadra l’indomani sera e seguire dal vivo l’incontro. Ottimo per me perché avrei potuto
Giuseppina Beglia con Enrico Marmo aI Balzi Rossi in un'epoca più vicina a noi
Andrea, il patron, lo faceva oggetto di ogni attenzione fino a chiedergli di passare in cucina prima di andarsene, perché la moglie Giuseppina, cuoca, ci teneva a salutarlo. Mister X chiese solo un attimo di pazienza, una capatina in bagno e poi ben vengano i convenevoli.
Appena si allontanò chiesi al cameriere chi fosse, forse un critico di qualche giornale? “No, non credo. Deve essere uno della Michelin perché il capo è troppo teso”.
Il tempo di sentire pronunciare la parola magica - Michelin – che ero già davanti alla porta del bagno per presentarmi. Quando lui aprì la porta, mi vide e strabuzzò gli occhi. E io velocissimo: “Piacere Paolo Marchi. Lei è della
Michelin?”. Fu così che conobbi Roberto Restelli, addirittura responsabile della Rossa. Sarebbe nato uno di quei rari rapporti di amicizia che posso vantare nell’ambiente dell’enogastronomia.
Prima curiosità: il signor Beglia, scoprii più avanti, era teso perché temeva cha fosse lì per dargli la seconda stella, a suo dire lui la causa della rovina di suo fratello, patron del ristorante Da Gino a Camporosso Mare. “La seconda desta troppe curiosità e attira le critiche – diceva Andrea. - Meglio vivere stretti in una sola stellina”.
Seconda curiosità: non solo la seconda arrivò, ma ci fu un periodo che fu vicinissimo alla terza. Questo conferma che ciascuno deve fare il suo lavoro ed è padrone a casa sua: chi è cuoco, cucina e chi è critico, critica.
Piatti e momenti che hanno allargato la mia vita
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
Vittorio Fusari è tra gli chef celebrati da Paolo Marchi nella sua biografia, XXL 50 piatti che hanno allargato la mia vita. A lui, ai suoi piatti e all'accoglienza nei locali di Iseo, è dedicato il 20° racconto