29-06-2023
Alexandre Schoffit con i suoi vini durante la cena-degustazione a Colmar
«Mio nonno ha 88 anni. Tutte le mattine fa un giro nelle vigne per controllare: se quando torna non dice nulla, vuol dire che va tutto bene».
Il legame con la vigna è fondamentale, per gli Schoffit, una famiglia che ha imparato a non seguire le mode, ma a seguire la terra. «Siamo una cantina a conduzione familiare – spiega Alexandre Schoffit - io, mia moglie, mio padre e mia madre, ma anche mio nonno che controlla sempre». La storia produttiva è in realtà abbastanza recente. «Ha iniziato proprio mio nonno a vinificare per conto suo. Prima vendeva l’uva. A un certo punto i negozianti gli dicevano che, se volesse più soldi, doveva produrre di più. Lui non era d’accordo, voleva fare un discorso di qualità: così di punto in bianco, nel 1973, ha deciso di fare da solo».
La catena dei Vosgi protegge i vigneti
Il primo vino assaggiato è una novità per Schoffit. O meglio, un ritorno. «La prima annata del nostro Crémant è proprio questa 2019 – racconta Alexandre Schoffit - In realtà lo facevamo anche prima, ma mio padre aveva abbandonato la produzione negli anni Novanta per poter fare meglio i vini fermi. Il Crémant viene realizzato con uve da vecchie vigne di 50-60 anni. Questa prima annata, con la “scusa” del Covid, ha aspettato ad uscire e quindi è stato degorgiato alla fine del 2022. Si tratta di un 60% di Auxerrois, 20% di Pinot Gris e 20% Pinot Blanc, con un residuo zuccherino di 3 g/l». Per essere una prima annata, è un vino molto piacevole, dall’ottima bevibilità e piacevolezza.
Una bella immagine dei vigneti dell'azienda
Un cambio di passo notevole lo si ha con il Riesling Grand Cru Rangen 2020, da suoli vulcanici. «È il più alto dei 51 Grand Cru dell’Alsazia – spiega Schoffit - a 465 metri di altitudine; esposizione sud, è il più estremo, con escursione termica elevata, ed è anche ventoso. Il vino affina circa un anno sui lieviti». Tanto di cappello per un Riesling davvero eccezionale: naso complesso ed elegante, con solo un piccolo accenno di terziario a completare un bouquet ampio e armonioso, e un sorso lungo e profondo.
Da tre parcelle di vigne vecchie arriva il Pinot Noir: la famiglia Schoffit fa pochissimo vino rosso, ma questo – annata 2018 – è sicuramente piacevole e dall’ottima beva, senza avere eccessive pretese di complessità o longevità.
Alexandre Schoffit ci ha conquistati per la sua semplicità e umiltà
«Devo dire che i nostri vini piacciono molto – spiega Alexandre Schoffit – La nostra cantina non è affacciata sulla strada del vino, ma ci vengono a cercare, tanto che il 50% delle vendite è diretta, in cantina, con mia mamma e mia moglie che seguono il punto vendita». Funziona il passaparola, visto che i social non vengono molto aggiornati e il sito internet non esiste. Parlano i vini, non le immagini.
E conclude: «Siamo una famiglia che lavora molto in vigna: certo volte tralasciamo la parte commerciale per dedicare più tempo alla vigna. Non mi sento un rivoluzionario, al contrario di molti altri giovani dell’Alsazia. Io ho 36 anni: credo che quello che hanno fatto mio padre e mio nonno, alla fine, non è affatto male. È una questione di rispetto».
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo, dando voce a grandi blasoni, insomma delle vere e proprie istituzioni, ma anche a piccole aziende: tutto questo è In cantina.