08-07-2021
La Sicilia è la prima regione in Italia per viticoltura biologica. Due parole chiave imprescindibili per il sistema del vino siciliano sono sostenibilità e rispetto della natura
La Sicilia, isola e congiunzione di culture: Europa, Africa e Medio Oriente. Entro i suoi confini, custodisce un patrimonio da salvaguardare, e quindi, non solo la più vasta area agricola in Italia vocata al biologico, ma difende il primato anche di prima regione italiana per viticoltura biologica. D’altronde, la storia della vite, dalla coltivazione alla vinificazione, risale ai tempi dei Fenici che, a partire dal XIII secolo a.C., condividono la loro metodologia produttiva e avviano, inoltre, la commercializzazione dei vini isolani.
La storicità della viticoltura, le caratteristiche ampelografiche uniche, la variabilità microclimatica e del suolo; e ancora, la molteplicità dei vitigni, e un lungimirante confronto intergenerazionale tra produttori, rendono la Sicilia una terra straordinaria, un agglomerato di possibilità e qualità di cui si è scelto di riconoscerne (e consacrarne) il valore a partire dal 2011 con la nascita della DOC Sicilia. Una missione consolidata, poi, dalla costituzione del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia atto a proteggere, promuovere e valorizzare il patrimonio vitivinicolo siciliano, con l’intento di creare una rete solida tra produttori, vinificatori, imbottigliatori delle DOC; ma anche di informare il consumatore, sempre più affascinato dai vini siciliani, un prodotto dall’ottimo rapporto qualità-prezzo.
Inoltre, il Consorzio porta avanti il delicato compito di rafforzare l’identità di alcuni vitigni: non solo i profili varietali più nobili e prediletti, ma anche quelli un po’ in penombra, per promuovere “forme inusuali” di qualità. Il Catarratto o Lucido ne è un esempio. Un vitigno a bacca bianca, autoctono, nonché la principale cultivar siciliana diffusa più intensamente nelle province di Trapani, Palermo e Agrigento. Tuttavia, grazie alla recente rivalutazione enologica, oggi è in espansione in tutta l’isola.
Predominante nella zona di Marsala nella seconda metà del XIX secolo, la sua coltivazione si contrae a inizio Novecento per lasciar spazio al Grillo – di cui il Catarratto o Lucido è genitore. La cultivar Grillo deriva proprio da un incrocio tra Catarratto e Moscato di Alessandria - particolarmente idoneo alla produzione del vino liquoroso Marsala.
Il Catarratto o Lucido
Sarà parso evidente che il Catarratto, se da un lato conquista con la sua presenza gustativa e olfattiva, lo fa meno con il suo nome, per molti stridente e cacofonico, ma soprattutto ostico per la sua pronuncia oltre i confini nazionali. Cosicché, a partire dal 2018, per la designazione dei soli vini provenienti da uve raccolte nella regione Sicilia viene consentito di riportare in etichetta il nome Lucido, da sempre sinonimo di Catarratto.
Il 12 giugno del 2012, gli stessi viticoltori, vinificatori e imbottigliatori che hanno promosso il riconoscimento della Doc nel 2011, fondano il Consorzio di Tutela vini Doc Sicilia, con l’obiettivo di valorizzare le produzioni del vino siciliano e il suo territorio.
Ed è proprio il Catarratto o Lucido quell’esempio illuminante del grande lavoro che il Consorzio Doc Sicilia svolge per rilanciare l’appetibilità e il fascino immediato di beva di vitigni meno blasonati nella pletora delle varietà regionali. Il Catarratto o Lucido, ormai, lungi dall’essere mera componente di svariati blend, è l’anima di un vino in grado di vivere di luce propria, che si evolve nel pensiero di nuove intraprendenti generazioni, oltre che in realtà già consolidate, il cui punto di incontro è l’amore e il rispetto per la propria terra.
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Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.
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