23-05-2021

La Vernaccia di San Gimignano ha un grande alleato: il tempo

La conferma dall'Anteprima: più i vini affinano e più il vitigno riesce ad esprimersi. Ma restano alcune perplessità

Una suggestiva immagine di San Gimignano

Una suggestiva immagine di San Gimignano

Non possiamo negarlo: c’è un po’ di delusione alla conclusione degli assaggi dell’Anteprima della Vernaccia di San Gimignano. Ma ci sono anche dei segnali, degli spunti di riflessione, che sono invece positivi, ma in prospettiva.

Al Museo De Grada, infatti, c’è stata la possibilità di degustare 68 campioni di Vernaccia di San Gimignano (anche Riserva), concentrando soprattutto l’attenzione sull’ultima annata, la 2020, che doveva affrontare il confronto con una 2019 che è stata sicuramente una vendemmia che ha regalato belle soddisfazioni. Lo stesso Consorzio, definendo l’andamento stagionale, lo ha definito ottimo: «I vini di questa annata - spiegano - si presentano morbidi e rotondi, con acidità non troppo elevate e buoni profumi».

La Vernaccia, regina di San Gimignano

La Vernaccia, regina di San Gimignano

Ma dopo gli assaggi non nascondiamo un po’ di delusione: alcuni avevano aromaticità troppo marcate, non propriamente tipiche della Vernaccia di San Gimignano che ha bisogno di tempo per poter esprimere la propria potenzialità, e in bocca le acidità (ma anche le sapidità) non davano in molti casi quel supporto necessario affinché si potesse immaginare una prospettiva di affinamento più lunga in bottiglia. Qualcuno potrebbe obiettare che, per gli affinamenti in bottiglia, esiste la tipologia Riserva, ma crediamo che un vitigno da invecchiamento, come la Vernaccia di San Gimignano, debba mantenere questa caratteristica anche nei vini impropriamente chiamati “base”.

La Vernaccia, se vinificata in purezza (ricordiamo che il Disciplinare prevede la possibilità di utilizzare per una percentuale massima del 15% atri vitigni a bacca bianca), nei primi tempi di vita non si esprime al meglio, ha bisogno di tempo, di pazienza, per poi riuscire a far emergere le proprie caratteristiche. Il confronto tra le annate 2020 e 2019 è inevitabile: la 2019 ha una marcia in più.

La Riserva ha regalato molti aspetti positivi

La Riserva ha regalato molti aspetti positivi

La tipologia Riserva ci ha concesso spunti di riflessione interessanti e positivi: finalmente i produttori hanno capito che l’eccessivo utilizzo del legno era un errore, un esercizio di stile sorpassato, ma al massimo le botti devono essere un accompagnamento alla crescita naturale nel tempo della Vernaccia.

Un’evoluzione stilistica importante: dopo un anno di affinamento la Vernaccia inizia a dare i suoi frutti, a far sentire le sue potenzialità. Solo 6 le Riserve 2019 presentate, in numero superiore quelle del 2018 che, seppure fosse un’annata forse più altalenante, ha comunque regalato ottime soddisfazioni.

Fa inoltre piacere che alcuni dei 37 produttori abbiano portato all’Anteprima vini affinati almeno due o tre anni, attualmente in commercio: significa che finalmente ci si sta staccando da quel triste concetto di “vino souvenir”, venduto a prezzi stracciati nei negozietti di souvenir che imperversano sulle strade di San Gimignano, tra magliette con disegnati i cinghiali, oggettistica varia in legno, pellame e altro. Mancano solo le “palline” con la neve dentro, ma d’altronde Natale è lontano.  

Non può non cadere all’occhio che ci sono ancora in vendita confezioni da 2 bottiglie a 8 euro (4 euro a bottiglia) che sviliscono il lavoro dei tanti bravi produttori che vogliono riportare la Vernaccia in alto, a ricoprire il ruolo del grande vino bianco di Toscana.

È stato infine piacevole confrontarsi, durante i pranzi e le cene organizzate dal consorzio nei ristoranti della città, con i produttori, assaggiando anche annate vecchie che si sono dimostrate più vive che mai e che hanno altresì ricordato (in qualche caso anche agli stessi produttori) che il tempo è un amico della Vernaccia, e non un nemico.

Evoluzione e non involuzione: che l’annata 2020 sia da lezione, per il futuro, affinché i produttori s’incamminino sulla stessa strada non solo a parole, ma anche con i fatti.

Infine, ecco i nostri assaggi migliori. Dell’annata 2020, su 35 campioni, ne segnaliamo 4: Casa alle Vacche, Madreterra di Collemucioli, Hydra di Il Palagione, San Benedetto; per l’annata 2019 Ciprea di Alessandro Tofanari, Fiore di Montenidoli, Biscondola di Poderi del Paradiso, Panizzi, Terre di Sovernaja di Tenuta Montagnani. E aggiungiamo Lyra di Il Palagione, annata 2018.

Per la Riserva 2019, Ori di Il Palagione, La Lastra, Assola di Terre di Sovernaja di Tenuta Montagnani. Per il 2018, invece, Crocus di Casa alle Vacche e San Benedetto. Infine ottimi I Mocali di Vagnoni, annata 2017, e il Mareterra 2016 di Casa Lucii, a ribadire come il tempo sia amico della Vernaccia.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

Consulta tutti gli articoli dell'autore