José Avillez
Nëy y Surëdl di Andrea Tortora
In cantina Cara Sur a Barreal, Argentina: vini fuori dal comune, fatti da persone eccezionali, in un luogo straordinario
Badiòla, Castello di Fonterutoli e Vicoregio 36: tre Gran Selezione per valorizzare il Chianti Classico
Guardare il Castello di Fonterutoli, inteso come azienda agricola, è un po’ come osservare il Chianti Classico in “miniatura”.
E la spiegazione arriva proprio da Francesco Mazzei, che rappresenta la 25esima generazione della famiglia alla guida di questa storica realtà toscana.
Francesco Mazzei alla guida di Castello di Fonterutoli, di proprietà della Marchesi Mazzei
Differenziazione di terreni che ha portato la famiglia Mazzei a fare una scelta molto importante: «Noi abbiamo 120 particelle diverse che vinifichiamo separatamente, perché ognuna ha la sua personalità».
I vigneti attorno alla cantina
Proprio per questo motivo, il Consorzio del Chianti Classico sta portando avanti con decisione da tempo le cosiddette Uga, le Unità Geografiche Aggiuntive. «A Castello di Fonterutoli – prosegue Francesco Mazzei - abbiamo fatto un’anticipazione di quello che avverrà nella Denominazione. Per il Chianti Classico sono in discussione le divisioni prevalentemente comunali. Noi, da tempo, lavoriamo sulle tre collocazioni differenti: Vicoregio, la zona che si trova un po’ più a sud, con un’altitudine di circa 350 metri, Castello di Fonterutoli, attorno all’azienda, a 470 metri, e Badiòla a 570 metri».
La cartina indica la provenienza dei tre vini
Il Vicoregio 36 nasce da un terreno misto, di alberese e argilla. Nonostante sia la zona più bassa, è quella che ha però un’escursione termica più elevata a seguito di corrente fredde serali. È l’unico dei tre che viene vinificato in legno: poi affina per 20 mesi in tonneau da 500 litri. Produzione di circa 7mila bottiglie.
Il Castello di Fonterutoli, invece, ha una produzione media annua di circa 60mila bottiglie, ma nel 2017 l’azienda riuscì a realizzarne solo 40mila. «Delle 22 parcelle attorno all’antico borgo – spiega Francesco Mazzei - abbiamo scelto le 12 migliori per realizzare questo vino. Siamo su un terreno calcareo, con molto scheletro, a un’altitudine di 470 metri e con rese bassissime. Vinificazione in acciaio e poi 18 mesi di legno e un ultimo periodo di stabilizzazione in cemento (un passaggio, questo, voluto per tutti i vini). È un po’ il vino bandiera della nostra azienda».
«Badiòla, invece, arriva da una zona più fresca, nell’area interna verso Radda, a un’altitudine di 570 metri su un terreno circondato da boschi. Il vigneto prende il nome da un’antica pieve del 998. È caratterizzato da un terreno composto da galestro e arenaria. È un vino più esile, delicato, ma con una buona acidità. La produzione è di 3000 bottiglie».
Tre espressioni completamente diverse di Chianti Classico, che non nascono da lavorazioni differenti in cantina o da scelte estreme in vigneto, ma semplicemente cercando di valorizzare le singole caratteristiche dei terroir.
La barricaia di Castello di Fonterutoli
I tre vini assaggiati sono della vendemmia 2017. «Non è certo l’annata del secolo, ci sono state tante difficoltà. Abbiamo avuto coraggio, abbiamo atteso per fare la vendemmia, e alla fine siamo contenti di quanto realizzato». Vini che certamente hanno anche un bel futuro davanti.
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
I vincitori del Vermentino Grand Prix. Da sinistra: Balbinvs 2020 di Terenzi, Burattini Bianco 2020 di Azienda Guido F. Fendi, Leopoldino 2020 di Fattoria Il Casalone, Matan 2020 di La Biagiola, Perlaia 2020 di Bruni, Norcias 2020 di Colle Petruccio, Monnallegra 2020 di Argentaia, Acquagiusta 2021 di Acquagiusta Wine, Audace 2020 di Cupirosso e Solo 2020 di Tenuta Dodici
Antonello Sardi, primo da sinistra, con la proprietaria della Tenuta Le Tre Virtù, Valentina Sabatini, e i ragazzi della brigata, ossia Lorenzo Lastrucci, classe 1994 di Barberino di Mugello; e Nico Franchi (sous chef, ma si occupa anche dei dolci), classe 1991 di Arezzo. A destra c'è Gianmarco Grossi da Borgo San Lorenzo, classe 1994, che si occupa della sala, pieno di energia
Enrico Bartolini, Bruno Cossio e il Risotto alle rape rosse R evoluzione che rilegge il cult di Bartolini datato ormai 2005 ma sempre buonissimo e attuale - Foto: Annalisa Cavaleri
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo