Il futuro nasce da scelte azzeccate nel passato. «Un po’ è stata lungimiranza e un po’ è stata fortuna» ammette Diego Cottini, che nel 2000 ha creato la Monte Zovo a Caprino Veronese.
«Ma in realtà siamo da 4 generazioni nel mondo del vino. Sono nato in mezzo alla campagna, a Fumane, nella Valpolicella. Si faceva il vino per la damigiana. Poi abbiamo fatto un po’ di Amarone, un po’ di Ripasso».

Diego Cottini nel vigneto del Calinverno
Nel 2000 l’azienda di famiglia viene divisa tra lui e il fratello. «Siamo partiti da 10 ettari, ora ne abbiamo 150 in produzione. Attorno alla sede di Caprino Veronese abbiamo 70 ettari, tutti a conduzione biologica; altri 50 ettari sono a Mezzane di Sopra, al confine con Tregnago, dove abbiamo riunito tanti piccoli appezzamenti. Infine abbiamo 30 ettari a Lugana, nella zona di San Martino».
I vari vigneti sono stati realizzati nel corso del tempo in aree che, fino a qualche tempo fa, non sembravano particolarmente vocate. «All’inizio ho acquistato nelle zone alte – spiega Cottini - anche perché, onestamente, non costavano tanto. Abbiamo vigneti da un minimo di 300 metri sopra il livello del mare fino a 900. Solo 10 anni fa mi avevano detto che ero matto ad andare a realizzare vigneti a 900 metri d’altitudine. Ma ora, con i cambiamenti climatici in atto, forse così matto non lo sono. Stiamo inoltre piantando vitigni resistenti, i Piwi: attualmente ci sono dieci ettari in produzione, ma ce ne sono altrettanti con impianti realizzati da poco tempo».

Il fruttaio di appassimento
«Proprio sfruttando le altitudini, produciamo un
Sauvignon Blanc e un
Pinot Noir, entrambi in purezza, e il
Calinverno, che è vino molto particolare. A noi non manca mai la voglia di provare e di mettersi in gioco».
A scelte azzeccate nel passato, a questa volontà di puntare in alto (in tutti i sensi), si aggiunge anche una notevole capacità di investimento in tecnologia. Per esempio, il fruttaio di appassimento a Tregnago è all’avanguardia e può ospitare 120mila cassette, con controllo dell’umidità automatico.

Diego Cottini e Riccardo Cotarella durante la degustazione
Inoltre da 4 anni
Riccardo Cotarella è l’enologo consulente, mentre i figli di
Diego,
Michele e
Mattia, sono rispettivamente enologo e contabile.
«Io prediligo lavorare con le famiglie o con le cantine sociali perché in entrambi i casi si mettono sopra a tutto i rapporti umani – spiega proprio Riccardo Cotarella - Inoltre, nella famiglia Cottini, ci sono i due figli Michele e Mattia: stare vicino ai giovani mi dà entusiasmo, mi carica, perché sono curiosi, vogliono conoscere e scoprire. Diego Cottini ha avuto la lungimiranza e la fortuna di aver osato a piantare ad altitudini notevoli».

Le uve in appassimento sulle piante nel vigneto del Calinverno
«Il cambiamento climatico ha portato a uno sconvolgimento - spiega ancora
Cotarella - che non deve essere considerato solo negativo o distruttivo. Molte uve sono tardive e spesso, in passato, erano maggiormente a rischio, anche solo per la botrytis. In questo caso, invece, a queste altezze abbiamo una buona maturazione e maggiori sbalzi termici».
Altezze che hanno portato l’azienda Monte Zovo a sperimentare un Sauvignon e un Pinot Noir, entrambi in purezza.

Oltremonte 2018, cioè il Sauvignon Blanc, il Crocevento 2017, Pinot Nero, e il Calinverno 2015
«Il
Sauvignon – spiega
Cotarella - è un’uva difficile, perché non si possono fare rese troppo basse, perché l’alcol uccide i profumi. Non sopporta nemmeno il rame, perché ne distrugge gli aromi. Vuole temperature basse di notte, con sbalzi dai 10 ai 20 gradi. Anche il
Pinot Noir ama il freddo e l’altitudine, per mantenere il frutto e l’acidità. Ma bisogna anche stare molto attenti in fase di vinificazione: tante volte in Italia si fanno vini ricchi e di struttura, ma quando si parla di
Pinot Noir bisogna puntare all’eleganza. Ma bisogna sempre raggiungere la maturità fenolica e in questo caso, per assurdo, i cambiamenti climatici ci possono dare una mano».

La barricaia di Monte Zovo
E poi c’è
Calinverno, un vino molto particolare. «
Calinverno prende il nome da
Calinverna, cioè la brina, il ghiaccio – spiega
Diego Cottini - Nasce da una mia idea di fare qualcosa di diverso: e nel 1998 sono nate le prime bottiglie, da un appezzamento a corpo unico di 12 ettari proprio sopra l’azienda a Caprino Veronese. Qui troviamo
Corvina,
Corvinone,
Rondinella, 5% di
Cabernet e 5% di
Croatina. E vengono lasciati appassire in pianta, con una “rifinitura” di 20-30 giorni di cassetta. L’idea è di avere un vino complesso, non con la stessa concentrazione di un
Amarone, ma con grandi possibilità di affinamento».

La verticale di Calinverno: 2003, 2013, 2014 e 2015
Un vino di frutto e di eleganza, come dimostra l’annata 2015, che però ha ancora un difetto di gioventù: per questo l’affinamento in bottiglia non può che fare bene a questo
Calinverno. Un potenziale di affinamento che abbiamo trovato assaggiando annate più vecchie: 2014, 2013 e 2003. L’annata per il
Calinverno, forse più che in altri vini, è sicuramente molto segnante.
Non manca, infine, l’Amarone, con l’annata 2015: si tratta di un vino molto ricco, ma anche balsamico, con note di sottobosco e di erbe aromatiche, e dall’ottima bevibilità.