La Vernaccia di San Gimignano sta ritrovando la sua identità. Sono buone notizie quelle che arrivano dalle Anteprime Toscane, dove la Vernaccia rappresenta l’unico vino bianco in mezzo ai “fuoriclasse” del Sangiovese.
Ma prima ci sono quelle cattive, di notizie. Che riguardano la vendemmia 2017: annata complessa, come nelle altre zone del resto, dove dapprima le gelate di fine aprile che hanno colpito i germogli e successivamente la grande siccità in fase di maturazione a luglio e ad agosto, hanno dato davvero molti grattacapi ai vignaioli che lavorano all’ombra del paese dalle cento torri.

La presidente del consorzio Letizia Cesani
Il presidente del
Consorzio,
Letizia Cesani, ha confermato che queste avverse condizioni hanno portato a una diminuzione del 26% della produzione. Per quanto riguarda invece la qualità,
Cesani fa un sorriso: «E’ sicuramente alta. E potete provarlo assaggiando i vini».
La Vernaccia di San Gimignano 2017 era quindi al centro dell’attenzione, mentre la Riserva 2016 (almeno 11 mesi di affinamento a partire dal primo gennaio dell’anno successivo alla vendemmia) doveva confermare le buone impressioni offerte lo scorso anno, dall’assaggio delle basi.
Qui arrivano le buone notizie, che vanno oltre a una semplice analisi qualitativa della vendemmia: la
Vernaccia sta iniziando a ritrovare la sua identità. Sempre più produttori si stanno accorgendo di quanto da tempo il
Consorzio sta predicando: bisogna puntare sul vitigno
Vernaccia. E per questo - aggiungiamo noi - bisogna evitare di coprirlo con l’aggiunta di altri vitigni, seppur consentiti fino a una misura massima del 15%.
Si parla soprattutto di aromaticità: la Vernaccia di San Gimignano, infatti, è un vino che ha bisogno di pazienza. Nei primi mesi di vita, infatti, stenta ad aprirsi per quanto riguarda i profumi, che però escono alla distanza, semplicemente riposando in bottiglia. Avere vini eccessivamente aromatici fin da subito snaturano un po’ la caratteristica di questo grande vino bianco toscano.
L’impressione, assaggiando i 51 vini dell’annata 2017, pochi avevano un carattere che faceva supporre all’utilizzo di vitigni aromatici come lo
Chardonnay o il
Sauvignon (ripetiamo, nulla di illecito), a conferma che si sta cercando di valorizzare seriamente la
Vernaccia, un vitigno unico.
E ne sono una testimonianza i vini Clara Stella di Cappellasantandrea, Vigna a Solatio di Casale Falchini, Cesani, Fattoria di Fugnano e Bombareto, Il Selvabianca del Colombaio di Santa Chiara, Il Lebbio, San Benedetto, San Quirico e Vagnoni.

Isabella Vecchione dell'azienda San Quirico e Marco Giannelli di San Benedetto
Cosa manca, allora, alla
Vernaccia? Una reale valorizzazione, che parte dal prezzo: non è certo un fattore che può essere modificato da un giorno all’altro, per ovvi motivi di mercato, ma pian piano la
Vernaccia di San Gimignano deve innalzare le proprie quotazioni, e non essere svenduta ai turisti “mordi e fuggi” della splendida cittadina toscana.
Ma anche una valorizzazione da parte di chi il vino lo vende, e parliamo dei ristoratori in primis, a partire da quelli di San Gimignano.
Nelle loro carte dei vini dovrebbero essere numerose le referenze locali, e gli stessi ristoratori dovrebbero essere loro i primi stessi a proporre bottiglie di Vernaccia. Sempre che non si voglia puntare costantemente sul turismo “mordi e fuggi”.