Per Breganze non c’è solo il Torcolato. Anzi. Perché la piccola zona vicentina sa regalare grandi prodotti, riuscendo a valorizzare le varie sfaccettature di terroir e tipicità.
Il Torcolato è sicuramente il vino simbolo: il dolce non dolce, come citato da Luigi Veronelli, piace, ma il mercato al momento non ha un’enorme richiesta di questi prodotti. Le cantine non vivono certo di Torcolato.

Le varie sfumature della Vespaiola
Andando alle radici di questo territorio, si scoprono varie sfaccettature: prima di tutto, c’è la
Vespaiola (vitigno), dalla quale si producono ottimi bianchi fermi di
Vespaiolo che hanno una loro personalità. E’ il vitigno autoctono di Breganze, dal cui appassimento viene realizzato il
Torcolato. Ma se prodotta “fresca”, la
Vespaiola dà sentori di frutta, principalmente mela, pera e banana, mantenendo una spiccata acidità.
E’ un vitigno che si coltiva solo a Breganze, con l’uva che ha una maturazione tardiva, tanto da essere l’ultima, tra quelle a bacca bianca, ad essere vendemmiata. Due ottimi esempi di come la Vespolina possa essere interessante arrivano da Ca’ Biasi, con il produttore Innocente Dalla Valle che ha puntato molto sull’essenzialità e la semplicità, riuscendo a tradurlo in un vino lineare ma non scontato, e Vignaioli Contrà Soarda, con Mirco Gottardi che ha puntato su rese basse in vigna per ottenere una maggiore qualità delle uve.

I vini realizzati con gli autoctoni quasi scomparsi della zona
Ma Breganze può contare di altri vitigni autoctoni, quasi scomparsi e recuperati dalle aziende della zona che credono fermamente nel territorio.
Gruvaio,
Groppello,
Pedevendo e
Marzemina bianca, giusto per fare degli esempi, sono uve che erano praticamente scomparse nella produzione dei vini della zona, ma ora i singoli produttori stanno trovando nuove strade per queste che possono essere considerate delle piccole perle.
Ne è una dimostrazione la Sampagna, uno spumante metodo Martinotti realizzato con la Marzemina bianca dall’azienda Vitacchio Emilio: un vino divertente, spensierato, fresco e immediato, con un prezzo di 5,5 euro in cantina. Rifermentazione in bottiglia, invece, per il Pedevendo 2015 di Firmino Miotti, dove le note di frutta fresca si incastrano a spezie: anche qui 5 euro alla bottiglia in cantina.

Tante sorprese e bottiglie dall'ottimo rapporto qualità prezzo
E sempre di
Miotti, c’è il
Gruajo 2016, prodotto con il Gruvaio: un uva considerata dai contadini di una volta “maledetta”, in quanto brutta da vedere, con un grappolo spargolo e con alcuni acini che rimangono piccoli e verdi, ma anche per la sua difficoltà di produzione, con vini importanti e di struttura nelle annate calde che si alternano a prodotti che sembrano “slavati” nelle annate fredde. Anche questa è la bellezza di questo vitigno, differente ogni volta. Prezzo in cantina: 10 euro. Infine ricordiamo il
Sojo Rosso di
Ca’ Biasi: un
Groppello portato ad appassimento come il
Torcolato: ne deriva un vino dolce rosso, con un grande bouquet aromatico, e da un costo a bottiglia in cantina di 13 euro.
Ma Breganze si dimostra anche terra di vitigni internazionali, che qui hanno trovato una seconda casa. Perché Merlot e Cabernet Sauvignon sono uve che nel Vicentino e in generale nel Veneto ci sono da moltissimo tempo, portate dai soldati quando la zona era sotto il dominio austriaco. Chiamarli solamente internazionali, qui, è riduttivo. Tanto che la produzione dei vini rossi importanti si basa proprio su questi vitigni.

Il Kilò è realizzato con Cabernet Sauvignon in purezza
Ne sono una dimostrazione il
Kilò realizzato da sole uve
Cabernet Sauvignon dalla cantina
Beato Bartolomeo Breganze, la più importante azienda cooperativa, e il
Crosara,
Merlot in purezza, uno dei vini di punta della
Maculan.
Il Kilò si dimostra un prodotto dalla grande longevità: assaggiando le annate 2013, 2008, 2003 e 1998, si può notare una interessante bevibilità fin da subito, ma un’ottima evoluzione con il tempo, con un 1998 che stupisce per intensità, eleganza e vivacità.
Il
Crosara sfrutta le rotondità del
Merlot fin dai primi anni di vita, per poi acquisire complessità nel corso degli anni. Il 2013 è un vino già molto piacevole, nelle annate successive (2007, 2005 e 2004) si nota come la parte erbacea vada pian piano sfumando (così come l’impronta del legno per un prodotto che affina un anno in barriques) per lasciare spazio a note di spezia, cacao, cuoio.
Si tratta solo di esempi, per arrivare a una conclusione, comune a tutte le cantine che fanno parte del consorzio Breganze Doc: il territorio offre diverse sfaccettature, varie peculiarità, che nel mercato attuale vanno sfruttate. Perché la grande risorsa, in questi casi, oltre alla qualità che – è bene ripeterlo – accomuna tutte le cantine della zona, è comunque l’identità.