Cosa può esserci di più iconico che bere una coppa di champagne Dom Pérignon Vintage 1985 o Rosé Vintage 1986 in una Glass House immersa nella campagna del Monferrato? Ben poco. La Glass House, firmata dalla Dream&Charme di Giorgio Caire di Lauzet, costruita tra febbraio e aprile 2016 e inaugurata all’inizio di novembre, infatti, si candida a essere uno dei luoghi di maggior prestigio dell’ospitalità di alta gamma della Penisola.
Ispirata dalle opere di grandi architetti come Frank Lloyd Wright, Philip Johnson e Mies van der Rohe, la Glass House italiana inserita nell’offerta di Dream&Charme, ci racconta il suo proprietario Caire di Lauzet, è nata «in virtù della mia passione per l’architettura, grazie alla consulenza di Piero Lissoni, dove prima c’era la limonaia del cottage di famiglia». In una suite 7 stelle dalle pareti di cristallo perfettamente armonizzate con il legno e l’acciaio, in cui la domotica assicura il massimo comfort, non poteva mancare il lusso essenziale di un buon bicchiere di champagne.
Fino alla fine di dicembre, le coccole delle bollicine francesi saranno assicurate dalla collaborazione con
Dom Pérignon che ha sistemato nel soggiorno della suite una cantinetta di design, realizzata in esclusiva per la
Glass House, con diverse
Plénitude e annate comprese, appunto, il
Vintage 1985 e il
Rosé Vintage 1986.
Ovviamente in Monferrato, a un passo dall'Alba dei tartufi bianchi, non poteva mancare per la Glass House l’ulteriore abbinamento con l’universo di sapori (amati od odiati per il loro richiamo a muffe, aglio, funghi e anche miele) di questo fungo che cresce sottoterra sviluppandosi in simbiosi con le radici degli alberi di quel territorio.

Maurilio Garola in cantina...
E se, a richiesta, un maestro trifolaio è pronto a una lezione
ad hoc e il
maître de maison (che nel caso della
Glass House è una lei) a preparare personalmente una cena a due (massima occupazione della suite), l’altra opzione è una visita allo stellato
Ciau del Tornavento di Treiso dove
Maurilio Garola riesce a sublimare nei suoi piatti - gelato di panna cotta con salsa al caramello compreso - i sapori del tartufo bianco d’Alba.
L’assaggio delle Frivolezze al tartufo (appetizer a base di tuber magnatum pico), del suo Uovo in cocotte servito nel suo scrigno (debitamente personalizzato), del Tournedos di filetto di vitella, fonduta e cardi gobbi e, ancora di più del Risotto ostriche, caviale (usato per dare sapidità al posto del sale) e champagne (in questo caso la mantecatura era realizzata con mascarpone e Dom Pérignon P2 Vintage 1998) con grattata di tartufo bianco non possono essere in alcun modo messi in discussione.
E nessuno può mettere in discussione la cantina di
Maurilio Garola, tra l’altro tra i ventuno
dépositaires italiani
Dom Pérignon, che scavata nel tufo della montagna, già da sola, vale una visita: 70.000 bottiglie, 3.300 produttori per 18.000 etichette, molte delle quali protette in un
caveau. L’ultima chicca è una cantinetta per i formaggi rinfrescata da una cascatina d’acqua, disegnata espressamente da
Garola che l’ha fatta incastonare tra le pareti della cantina e dove custodisce anche il
Plaisentif, il cosiddetto formaggio delle viole, realizzato con una ricetta del 1500 con il primo latte degli alpeggi tra la Val Chisone e la Val di Susa quando i pascoli sono pieni di viole, i primi fiori a sbocciare sui pendii. E scusate se è poco.