Perlage nel bicchiere, bollicine che salgono su, fino all’orizzonte disegnato dal vino. E non parliamo di un vino qualunque, ma di un Trentodoc. La produzione di spumante in Trentino ha un solo genitore: Giulio Ferrari, che dopo numerosi viaggi in Francia, tornato a casa, diede il via alla sua produzione di metodo classico. Da allora molti lo seguirono, fino al riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata nel 1933.
Le viti adatte a diventare Trentodoc, prevalentemente coltivale a pergola trentina, crescono tra i 200 e gli 800 metri, con clima caratterizzato da notevoli escursioni termiche fra giorno e notte. La produzione delle “bollicine di montagna” segue un disciplinare molto rigido. Le uve devono essere chardonnay (circa il 26% della superficie vitata), Pinot nero, Pinot bianco o Pinot meunier. Il metodo classico prevede una lenta maturazione in bottiglia, che va dai 15 ai 36 mesi per la Riserva, ma arriva fino ai 10 anni per i vini più raffinati ed evoluti.

Marcello, Camilla, Matteo e Alessandro Lunelli
La
Trentodoc nasce come marchio nel 2007 ed è arrivata a vendere, nel triennio 2012-2014, 7 milioni di bottiglie, per un totale di 70 milioni di euro (in crescita del 6%). Inoltre, il numero di bottiglie “tirate” nel 2014 dalle case spumantistiche è di 8,5 milioni. I produttori sono 43, due in più dell'anno scorso.
«Abbiamo istituito un osservatorio - spiega
Enrico Zanoni, Presidente dell’
Istituto Trentodoc - e avviato una procedura molto rigorosa: mandiamo i dati di produzione e vendita delle singole aziende a un notaio, che poi manda all’istituto il consolidato. Noi non sappiamo nulla. Lo facciamo per garantire la massima privacy ai produttori».
Quest’anno l’
Istituto Trentodoc ha introdotto una modifica al disciplinare di produzione: il Rosato Riserva entra a far parte della Doc Trento. A tal proposito, un altro dato importante da evidenziare è che è aumentato il numero di Riserve e Millesimati venduti. «Questi prodotti sono cresciuti di più della media, di un 13%. E’ sicuramente un valore aggiunto, ma dimostra anche come i consumatori apprezzino le punte di qualità - e continua
Zanoni - sono inoltre molto stupito dalla quota di export».
Le esportazioni corrispondono infatti al 20% del venduto, con l’Europa che rappresenta il 10% e America del Nord, Canada, Asia e Oceania sono il restante 10%. «Ad oggi non è facie esportare Trentodoc. C’è lo champagne - spiega il Presidente - La crescita del
Prosecco ha portato però a vedere l’Italia come un paese di produzione spumantistica».
Non c’è quindi rivalità con il fratello veneto: «Il Prosecco è un prodotto di più facile accesso, mentre Trentodoc e Franciacorta sono più complessi. Sicuramente questa è una questione tutta italiana. Non c’è una gara di posizionamento con lo champagne».