Suona il mio cellulare, sul treno verso Modena. Qualcuno dai sedili vicini m’adocchia, un poco seccato. Sul display dell’IPhone la scritta “Massimo Bottura”: lo chef ha saputo che sto andando all’Osteria Francescana, per pranzarvi. E’ adrenalinico come sempre, ma con un plus d’entusiasmo, d’orgoglio: «Assaggerai il mio nuovo menu, quasi tutti piatti inediti, sarà pazzesco. Sono molto contento, credo sia il mio miglior percorso degustazione di sempre. Poi mi dirai cosa ne pensi». Mossa teoricamente sbagliata: mai far impennare le aspettative. Ma Bottura, è evidente, è ben sicuro del fatto suo.
Cosa ne penso, l’ho detto nella recensione scritta, subito dopo il pasto, per la
Guida Identità Golose 2018: “Terminato il pasto ci siam ritrovati fulminati per le strade di Modena, vagando con l’aiuto di Google Maps perché la mente pensava a ben altro:
Insalata di mare; Zuppa di vongole del Nord America; Autumn in New York (piatto assoluto);
Civet, selvaggina, lumache, erbe e ravioli; Tarte tatin di anatra alla mantovana; Tirami-Su... Una volta arrivati in via Stella, non si torna più indietro”. E ancora: “L’
Osteria Francescana è un luogo democratico, perché come capita a molte altissime cucine – non tutte: molte – dialoga a più livelli. C’è quello immediato, il gusto del piatto e la sua composizione, perfetti, e volendo si può anche chiudere. C’è poi il suo concetto, la vicenda che porta con sé, in genere sono anzi più storie insieme, rimandi sovrapposti alle tavole del mondo, con fughe cosmopolite e rinculi nel territorio: la grassa Emilia, la buona Italia che non sono mai perse di vista. Ancora, esiste quasi sempre almeno un’ulteriore dimensione, che fa riferimento all’arte, alla cultura: lo storytelling è fascinoso, il confronto nobilita la tavola, la innalza a strumento espressivo di estrema raffinatezza, e fa onore a
Bottura che il tutto tesse di magia con l’aiuto di una brigata irripetibile, da
Taka a
Davide, e poi di un servizio dritto, «è dura star dietro a
Massimo» dice
Beppe Palmieri, ma con orgoglio, perché sarà anche difficilissimo, ma lui ce la fa, tenace”.
Tenacia serve anche per riuscire a prenotare alla Francescana, «abbiamo waiting list infinite, 2mila persone in attesa». Ma ogni sforzo è ampiamente compensato, se poi Bottura sciorina un pasto così. A voi le immagini e le parole.
Arrivano grissini all’extravergine, una ciabatta di pane da farina di grano duro, uno zoccoletto di farina di frumento. E gli appetizer, accompagnati da un calice di
Champagne Grand Cru Blanc de Blancs Pierre Legras.

Aula: frittura istantanea di albarelle con gelato di carpione. Delizioso

Macaron di coniglio alla cacciatora e Borlengo di parmigiano

Questa non è una sardina: cialda di pane con crema di anguilla, facendo il verso a Magritte

Corn on the cob: una meringa ricostruisce la pannocchia ripiena di ceviche di branzino e salsa guacamole
Dominano molti giochi inganna-il-palato, con cambi di forma e consistenza: l'
Omaggio a Ciro Oliva restituisce il sapore della pizza, con anche quel piacevole sentore di abbrustolito; il
Macaron riproduce il coniglio alla cacciatora,
Corn on the cob l'acidità aromatica del ceviche, il
Borlengo l'umami del Parmigiano, e così via. Poi il primo piatto-piatto.
Insalata di mare è già una proposta sontuosa, evoluzione della
Caesar Salad in bloom: cuore di lattuga croccante, chips di vongole, di seppioline, di calamari, di impepata di cozze... L'insalata di mare, quella che conosciamo, non c'è, ma c'è, intensissima.
Palmieri spruzza un'essenza di profumo di mare, come fosse in burrasca, e abbina un sakè allo yuzu, «quasi fosse un limoncello». Texture incredibile, grande complessità di sapore, in un continuo gioco di rimandi alla memoria e di sorprese alle papille.

Senza titolo (“I am an invisible man”), Glenn Ligon, 1991
Burnt, quasi uno sviluppo dell'
Omaggio a Monk, celebra un altro artista americano, il concettuale
Glenn Ligon. Dunque bianco e nero, soprattutto nero, con la scritta
Burnt in bianco.
Bottura ci porta in una riviera romagnola fuori dal tempo e dallo spazio, davanti alla griglia dove arrostiscono le sarde, anche con qualche nota di bruciato. Quindi sapidità, fumo, il piccante del jalapeño messicano, iodio.

Alcune delle combustioni plastiche di Alberto Burri, da una mostra del Guggenheim di New York
Sogliola mediterranea, l'idea è quella di fondere insieme più preparazioni, la sogliola alla mugnaia, quella al cartoccio e quella in crosta di sale. Quindi pomodoro, olive, capperi, salsa al limone, soprattutto acqua di mare disidratata e bruciata, elemento decisivo e anche "vivo", il calore fa come guizzare ancora le sue sfoglie sottili. Il rimando è ad
Alberto Burri e alle sue plastiche lavorate con la fiamma ossidrica.
La cucina di Bottura è rievocativa, ammicca, seduce. Prende sulle proprie spalle la storia e la spiattella al palato. Mille madeleines di gusto, continue, anche per questo è estremamente affascinante. Parla un linguaggio italiano ma si rifà all'arte, all'estetica, così tocca le corde di tutti.

Zuppa di vongole del Nord America
Zuppa di vongole del Nord America, una sorta di pie dedicata alla gazza ladra, «che ruba tutto quello che trova e realizza il proprio nido, noi prendiamo le stagioni e i loro prodotti e con questi ultimi realizziamo il nostro nido goloso» spiega
Palmieri. Quindi tartufo, cipolla, cavolfiore all'aceto, lumachine... E le vongole del
clams chowder statunitense, con una crema di topinambur. Piatto di godibilità assoluta, «rinascimentale ma moderno». Il "coperchio" è una bomba: è una cialda croccantissima ottenuta unendo insieme pelle di pollo, di piccione e di maiale. L'abbinamento è con un blend di pinot grigio e riesling, l'alsaziano
Rotenberg Premier Cru 2005 di
Marcel Deiss

Riso: verde su marrone su nero

Camouflage, Andy Warhol, 1986
Arriva un cocktail: Chartreuse, cedrata Tassoni, soda, genziana, poi lavanda, geranio odoroso... «Sentirai la freschezza al naso». Quindi il piatto,
Riso: verde su marrone su nero, il cereale né mantecato né tostato, ma cotto in tre succhi, spinaci (verde), funghi porcini (marrone), nero di seppia e riduzione di ostriche (nero). L'estetica è quella di
Andy Warhol.
Autum in New York è per noi il piatto assoluto, quello dell'estasi gustativa. Non nuovo, ma come gli altri già editi ha subito un'evoluzione continua. Ora è al suo punto di perfezione, chissà se
Bottura riuscirà ulteriormente a migliorarlo. Eè il racconto della mela declinata in tutte le forme del mondo, proprio come New York - la Grande Mela - ne abbraccia tutte le culture. Meriterebbe/meriterà una dissertazione a parte. Rapa rossa, mele, patate, panna acida e brodo dashi; richiama la torta ebraica alle mele statunitense, la lavorazione della mela campanina in Italia, la mela grigliata spagnola, la mostarda di mela emiliana e così via, e poi è ispirata ad una canzone di
Billie Holiday e dall'Union Square Greenmarket di New York... Capolavoro, di raffinatezza totale, «tutto inizia da un brodo di patata e maiale, che incontra la panna acida».

Civet, selvaggina, lumache, erbe e ravioli
Straordinario anche il piatto successivo,
Civet, selvaggina, lumache, erbe e ravioli. E' un insalata? Un antipasto? Un primo? Un secondo? (Forse) non un dolce.

Tutto, dettaglio, Alighiero Boetti, 1988
Arriva un calice di
Boca 2009 di
Le Piane, nebbiolo 85%, vespolina 15%. Accompagna
Piccione camouflage, ossia il pennuto secondo un'idea di contaminazione, «l'assemblaggio colorato alla maniera di
Alighiero Boetti» con rapa rossa, agrumi, clorofilla, verdure e rafano, le loro salse e le polveri degli stessi elementi, disidratati, sulla coscetta ricostruita dopo che la carne è stata battuta al coltello e fritta. Il petto è in confit di foie gras, poi i ricordi: l'estratto di pesca con fiori di ciliegio, dal Giappone; quello di rosa, dalla Turchia...

Tarte Tatin di anatra mantovana
La
Tarte Tatin di anatra mantovana è un altro caposaldo, da un'idea di
Davide Di Fabio. Eccezionale. Zucca, mele e sedano vengono fatti caramellizzare, poi sfumati con Calvados e brodo di tartufo. L'"impasto" è fatto di cacciagione, fegatini, pasta sfoglia, mostarda, crema di zucca alla mantovana, amaretti. Sopra i pickles di verdure, quindi fondo di volatili e brodo di tartufo.
Vino:
Sauternes Castelnau de Suduiraut 2009. Piatto:
Game cake, ossia tortina di fegatini di cacciagione, castagna affumicata, pagnotta di segale, glassa di cioccolato, fondo di cottura della cacciagione. E' il piatto ponte tra salato e dolce.

Ciliegie, amarene, duroni, marasche e pane secco
Partono i dessert:
Ciliegie, amarene, duroni, marasche e pane secco, con sciuma di ricotta alle mandorle. Fresco e aromatico.
Lode alla riscoperta del soufflé, come in questo caso:
Tirami-Su, ossia soufflé del celebre dolce, salsa al caffé e gelato di crema.
Non restano che le coccole finali, prima di lasciare il tavolo:
Macaron alla nocciola, la
Pralina Camouflage che riproduce
Camouflage: una lepre nel bosco, piatto iconico dello shef modenese, con
cioccolato, foie gras, tartufo bianco e polvere di topinambur; poi
Vignola, una ricostruzione della ciliegia fatta di cioccolato con succo di marasca; il celebre
Croccantino al foie gras in formato mignon...
Serve una conclusione? Diciamo che Bottura, più di ogni altro, procede spedito in un'operazione intellettuale, oltre che gastronomica. Nel suo crossover tra cibo e arte, nobilita la cucina facendola ascendere a linguaggio, a rappresentazione culturale; continua così l'operazione di Gualtiero Marchesi. Dal quale non era particolarmente amato: forse perché era ed è l'unico a potergli tenere testa.