05-07-2011

Le mille luci di Johannesburg

Cronaca di 4 pasti nella megalopoli sudafricana. Per concludere che, alla fine, l'insegna migliore è italiana

Con 4 milioni di abitanti, Johannesburg, amichevol
Con 4 milioni di abitanti, Johannesburg, amichevolmente "Jo'burg", è la città più popolosa del Sudafrica (foto gypsystarjournal.blogspot.com)

Sembra incredibile, ma è difficile trovare un ristorante degno di nota a Johannesburg. Dev'essere per questo che David Higgs, chef di Rust en Vrede a Stellenbosch fino al 22 giugno scorso, è da un paio di settimane il nuovo chef del Radisson Blu Gautrain Hotel, in una delle zone più trendy della città. Il progetto è ambizioso e intende portare la grande ristorazione in una città che ne ha decisamente bisogno.

Ho trascorso un intenso weekend gastronomico a Jo'burg e sono rimasta per lo più insoddisfatta e perplessa. Tappa numero uno: il famoso e ormai storico The Butcher shop and grill (Nelson Mandela Square, Sandton, +27.(0)11.7848676). È un posto piacevole, molto grande, con atmosfere retro e annessa macelleria. Si mangia carne di qualità : t-bone, filetti, sirloin, tartare, costine, stinchi e molto altro. Le portate principali vengono servite con abbondanti contorni, la carta dei vini è ottima e il servizio corretto e gentile. Si mangia anche pesce, con un bel banco di ostriche e aragoste, anche se la carne rimane l'attrazione principale. La spesa varia moltissimo, ma si parte da almeno 200 rand (20 euro circa) a testa. Purtroppo, nel corso del tempo, il ristorante si è trasformato in un business di successo e ha perso l'anima.

La cucina del Tartufo (foto Sartor)
La cucina del Tartufo (foto Sartor)
Tappa numero due, carica di grandi aspettative: il Thomas Maxwell Bistro a Parkmore (11th Street, +27.(0)11.7841575). Locale di atmosfera, candele, belle apparecchiature, gusto europeo. Dalla prima occhiata al menu, mi sono venuti subito dei dubbi: troppa roba, tutta troppo diversa. Purtroppo la prima impressione si è rivelata corretta: non ho mai visto un risotto più scotto in vita mia (e "visto" è la parola giusta, in quanto dopo un fugace assaggio è rimasto sul piatto), per non parlare del salmone in stile thai, totalmente insapore. Servizio incompetente nonostante le comande prese dal cuoco. Per dare un'idea, il nostro cameriere si è accertato circa tre volte che il vino che avevamo ordinato fosse bianco e non rosso. Altro che sommelier. Il tutto per 450 rand (45 euro) a testa per due portate vino compreso, che qui è una cifra importante. Trappola per aspiranti nouveaux riches urbani, ohimè.

Con rinnovato entusiasmo, ho percorso 50 chilometri per raggiungere un posto davvero unico, se non altro per l'interesse antropologico che riveste: Roots (+27.(0)11.668 7000), ristorante situato all'interno di una riserva privata con annesso hotel Forum Homini. Il luogo è stato definito the cradle of humankind (la culla dell'umanità), dato che sono stati ritrovati fossili e utensili che risalgono a 3 milioni di anni fa ed è stato dichiarato patrimonio dell'umanità nel 1999. Introduzione storica e bellezza del luogo a parte, anche qui l'esperienza non è stata entusiasmante. Il pregiato menu degustazione di 6 portate e sei buoni vini a 350 rand (35 euro) a testa offriva cannelloni all'aragosta, filetto di springbok (antilope), manzo di primissima qualità , kingklip (pesce locale), brie artigianale (il migliore mai provato in Sudafrica) e un ottimo dessert con pistacchio e brandy. Purtroppo l'esperienza è stata completamente rovinata dall'attesa interminabile tra una portata e l'altra. Il pranzo è durato cinque ore, peggio di un banchetto di nozze all'italiana.

Lo springbok (antilope) di Roots (foto Sartor)
Lo springbok (antilope) di Roots (foto Sartor)
Dopo questi deludenti esperimenti, cenare al Tartufo (Hutton Court, 1 Summit road angolo Jan Smuts avenue, Hyde Park, +27.(0)11.7888948), ultima tappa, è stata finalmente un'esperienza positiva e non per essere campanilisti. Questo ristorante, aperto in tempi recenti da Giancarlo Rossi, sudafricano d'adozione dagli anni Ottangta, imprenditore chimico con la passione della cucina, è un buon esempio di identità italiana all'estero. Il locale, vincitore del Premio Ospitalità 2011 insieme ad altre due insegne, è gestito con piglio sicuro dalla signora Franca: moderno e ben apparecchiato, ha un servizio attento e una carta dei vini di qualità con liquori e distillati italiani. Si mangia come in una buona trattoria italiana, con pochissime concessioni al gusto locale: si cominicia con salumi, mozzarella di bufala (di qualità accettabile per quaggiù), lingua in salsa verde, carpacci e si prosegue con pasta, ravioli e gnocchi fatti in casa, ossobuco, fritto misto di pesce, vitello tonnato e altri sapori di casa nostra. C'è anche una buona scelta di dolci, con i classici tiramisu e panna cotta insieme al fondente al cioccolato. Locale non per nostalgici, semplicemente per chi ama mangiare bene in zona Johannesburg.


Giovanna a Capo-tavola

Il mondo della gola a Cape Town e dintorni raccontati da Giovanna Sartor

a cura di

Giovanna Sartor

Veneziana di nascita e milanese d'adozione, da gennaio 2010 si è trasferita a Città del Capo. Innamorata del Sudafrica, il suo sogno è produrvi prima o poi prosciutto San Daniele

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