11-09-2020
Errico Recanati, 47 anni, chef di Andreina a Loreto (Ancona), ristorante fondato dalla nonna nel 1959, una stella Michelin dal 2013 (le foto sono di Emanuela Ercoli - Marvel Adv)
Eventi da cui esalano fumi, ristoranti che alzano fiamme. Congressi di cucina su parrilla e churrasco. Serie Netflix su barbecue e spiedi. Le venerazioni per il rombo di Elkano e le griglie basculanti di Etxebarri. Libri su libri che cercano di imbrigliare ciò che per sua natura sfugge. È il momento del fuoco vivo in cucina. O forse è da sempre un tutt’uno col genere umano, se ha ragione l'antropologo Richard Wrangham: l’homo erectus, spiega lo studioso britannico, ha fatto l’upgrade sull’homo habilis solo dopo aver messo un pezzo di carne su un falò addomesticato, quasi due milioni di anni fa. Non è bastata a estinguerlo l’invenzione delle cucine a gas, 180 primavere fa. Nemmeno l’elettricità, e quindi il primo fornello a induzione, negli anni Cinquanta. Prima o poi, il fuoco resuscita dalle sue ceneri e torna a divampare. Perché cucinare su fiamma ha lo stesso senso liberatorio di raccogliere i frutti dalla terra: è una riconnessione ai cicli ruvidi della natura, oggi una reazione giustificata a decenni di tecniche e piatti perfetti, concepiti tra le quattro mura di lab e test kitchen. Naturalmente, non è che puoi prendere in eterno una costata e schiaffarla sopra l'ardore della legna o del carbone. Il metodo ancestrale non può arenarsi sulle modalità rozze dell’homo erectus. Occorre indagare di continuo sulle infinite dinamiche che intercorrono tra l’accensione e i carboni spenti. Uno studio che non ha mai fine. Non c’è dubbio che in Italia il cuoco che s’interroga di più - e da più tempo, almeno 12 anni – sul tema è Errico Recanati, chef di Andreina a Loreto, una collina tranquilla che guarda le Marche del Conero. Il ragazzo, classe 1973, aveva una nonna che già esibiva un'importante dimestichezza con lo spiedo. Oggi il nipote ha un fisico da rugbista: «occorre essere atleti per gestire il fuoco; lui non ti aspetta», ha spiegato di recente a Eugenio Signoroni nel libro “Cuocere”. Ma dietro ai muscoli si cela un palato d’oro, capace di enfatizzare la dolcezza della griglia e le sue potenzialità insospettabilmente gentili. Una somma che dà vita a due menu degustazione, Fumo e Fiamme, interamente percorsi dal sapore di brace.
Il giardino esterno di Andreina
Errico Recanati e la brace outdoor
I "cappelli" di Recanati, essenziali nella gestione dell'affumicatura
I cappelli raccolgono i profumi della brace e arricchiscono un'ostrica, in questo caso
Il basilico che cresce nell'orto attiguo al ristorante
Le arnie per il miele di Andreina, realizzate in collaborazione l'azienda biologica Luca Bianchi
Cuore d'agnello essiccato e affumicato Cuore d'agnello cotto per una settimana su una lenta brace a distanza. Dopo una settimana si potrà grattuggiare su vari alimenti, alla maniera di una bottarga di muggine. Similmente, Recanati disidrata anche la milza, che sprigionerà una magnifico aroma di fungo secco, da dispensare a piacere, grattuggiata ad esempio su un'ostrica alla brace
Cavolfiore e cipolla Dall'alto della brace Recanati impicca anche cavolfiore e cipolla rossa piatta di Pedaso. Li appende in cottura indiretta, dopo averli spennellati con burro demi-sel francese
Lattuga alla brace, mandorla, uova di pesce La lattuga è pulita e grigliata una prima volta col cappello per affumicare e caramellizzare gli zuccheri naturali. Per ammorbidirla, viene lasciata marinare per mezza giornata in un sale bilanciato e in una salsa di aceto di mele, ponzu e sapa. Assorbiti gli aromi, viene passata una seconda volta nella griglia, per 5/6 minuti, e poi servita
L'ormai celebre Cacio e 7 pepi alla brace, un piatto in carta da Andreina da marzo 2017
Cacio e pepe alla brace Sono spaghettoni Benedetto Cavalieri cotti per 5 minuti in acqua bollente, altri 7 in acqua a 60 gradi, fermati in acqua fredda, asciugati, messo 9 minuti sotto il cappello della brace, mantecati con pecorino, parmigiano e 7 pepi diversi, serviti
Bloody Mary in cannuccia Blody Mary da succhiare, un passaggio interlocutorio del menu Fiamme: contiene pomodoro passato come da ricetta originale, una leggera affumicatura che viene dal mezcal, salsa di ostriche e di erbe (basilico, maggiorana, alice e un olio all’aglio). Magnifico
Volevo fare un panino pomodoro Sono pomodori dell’orto di Andreina (San Marzano o Piccadilly) leggermente canditi e messi a decantare su una griglia per perdere acqua. L’acqua ottenuta viene fatta ridurre su un pentolino, sopra la brace. Altri pomodori sono ripassati alla griglia, con affumicatura nel cappello. Il pomodoro viene rimesso nel succo concentrato e affumicato, e annaffiato finché non riacquista l’acqua perduta. Il piatto è completato da un panino con gli ingredienti della frisella (basilico, pomodoro secco, origano, basilico…)
La Testina s'è persa nella baia di Portonovo Testina di vitello, moscioli di Portonovo, olio di paccasassi e olio di porro bruciato. Un riuscitissimo mari e monti marchigiano. Ne abbiamo parlato qui
Banana Split L'elemento interessante è il gelato di banana alla brace, a sinistra. Le banane sono ricoperte per un giorno di zucchero a velo. Si girano poi alla griglia, a fuoco forte (alla maniera di una tarte tatin) con un gioco di affumicature sotto ai cappelli. A destra, la ricostruzione di una mini-banana, preparata con gianduia al latte e cioccolato bianco
Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo
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classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt
Fabio Delledonne e Chiara Beretta, le due anime fondatrici del Belrespiro, ritratti mentre scherzano davanti alla nuova sede del ristorante, che coincide con casa loro. Siamo a Sarturano, provincia di Piacenza
Deep Raw, di Edoardo Tilli, è stato pubblicato da Maretti editore e curato da Sara Favilla, con fotografie di Lido Vannucchi. 224 pagine, 42 euro, si può comprare qui
Gli chef Andrea Borroni e Cristian Stradaioli
Insegne, cuochi e ghiotti orientamenti: a narrarceli è Gabriele Zanatta, laureato in Filosofia, nonché coordinatore della Guida ai Ristoranti di Identità Golose. Il suo punto di vista va ben oltre la superficie, per esplorare profondità e ampiezza della tavola, di tutto quello che è Zanattamente Buono.