«Mi è piaciuto molto molto perché, sotto una veste leggera, da bocconi simpatici, sprigiona una personalità che non ti aspetti, una forza e una struttura che mentalmente associ a ben altri ingredienti. È un dolce dell’estate che non morirà a fine estate», dice Paolo Marchi, dopo aver assaggiato Rosa, litchi e mandorla, dessert ormai “classico” – benché recente, è infatti già da antologia – di Ciro Scamardella, chef del Pipero a Roma.
Una delizia che val la pena raccontare. Magari facendosela descrivere del suo stesso autore. Spiega Scamardella: «In un buon piatto, dolce o salato che sia, troviamo un sapore principale e poi tante piccole sfumature – i cosiddetti gusti secondari – che riportano alla memoria un ricordo magari sopito. Io sono “dipendente” dal litchi, lo amo moltissimo fin dai tempi in cui lavoravo da Anthony Genovese, che lo utilizzava in un gran piatto, Ostrica e litchi. M’è sempre rimasto in testa, da quel momento».

Ciro Scamardella a Identità Golose
Scamardella conserva ancora gli appunti di quando lavorava a
Il Pagliaccio; osservazioni che gli sono state utili quando, due anni fa, ha assunto la responsabilità della cucina dell’allora nuovo ristorante di
Alessandro Pipero («Vi arrivai con un foglio – ce l’ho ancora – che aveva scritto sopra una serie di proposte. Tra le quali anche questa»). Si confrontò con
Melissa Dolci, brava pastry chef oggi a
La Pergola. «Insieme abbiamo creato il dessert, che sembra nascondersi sotto una nuvola bianca, ossia una spuma soffice alla mandorla».
Il cervello ti dice: assaggerai qualcosa di morbido, soffice, goloso. Ma non è così banale. C’è, appunto, il litchi, «con quella buccia rosa che sembra un tartufo, dentro una polpa bianca che è un’esplosione di freschezza, dona un gusto unico con tante note diverse, in primis i sentori di petali e di acqua di rosa». Il litchi è spesso usato in cucina come mero ornamento. Non qui.
«L’idea è innanzi tutto un gioco di doppie consistenze di questo frutto, che è presentato sia come gel spatolabile che come gel da taglio». Perché? «
Ferran Adrià docet. Ogni volta che usiamo un certo tipo di addensante, si fissa in bocca un aroma per un certo tempo, per un tot di secondi. Un gel spatolabile regala un gusto molto più prolungato di quello da taglio, perché ha consistenza densa, occorre più tempo per deglutirlo. A sua volta, invece, il gel da taglio supporta la masticazione. Insieme, insomma, funzionano benissimo». Aggiunge
Scamardella: «Il lavoro che stiamo portando avanti – chiamarla filosofia è ancora presto, anche se c’è un’evoluzione rispetto ai miei inizi da
Pipero – si basa sull’assunto che siano sempre gli ingredienti a dover parlare. ll loro sapore deve manifestarsi il più a lungo possibile, risultare “lungo” al palato».
I due gel sono conditi con un olio all’aneto, «Roy Caceres mi ha insegnato che l’erbaceo deve avere un senso all’interno del piatto, quindi la sua nota deve trovare una sua collocazione nel definire la complessità al palato». Scamardella aggiunge «una sorta di disco di pasta frolla alle mandorle sulla quale poggiamo una quenelle di sorbetto di litchi e acqua di rose, il tutto coperto da spuma di mandorle e con il tocco finale costituito da un petalo di rosa cristallizzato».

Scamardella con Alessandro Pipero
Quest’ultimo elemento merita qualche parola in più: «È difficile preservare l’aroma della rosa. In ciò gli arabi sono maestri, pensiamo all’acqua di rose così diffusa nel mondo mediorientale, dove persino le carni bianche vi vengono marinate, con esiti straordinari. Ma se invece vogliamo cristallizzare un petalo di rosa, dobbiamo rifarci alla scuola francese: oltralpe riescono a conseguire tale obiettivo lasciando quasi intatto il petalo stesso, ma apportandovi una sorta di sabbiatura che genera la nota dolce valorizzando nel contempo il profumo del fiore».
Rosa, litchi e mandorla appare quasi del tutto bianco, se non per il suddetto petalo. «Si affonda il cucchiaio e s’incontra l’esplosione dei gusti e delle consistenze: i due gel, il croccante del biscotto, il freddo del sorbetto... Una sorpresa per il palato». Leggero. Soave.