Non perdere mai la capacità di sorprendere, di divertire, di stimolare l'immaginario, estetico e gustativo delle persone: un obiettivo comune a qualsiasi ristorante di cucina d'autore, anche dopo molti anni di egregio lavoro, ma anche una sfida per nulla semplice da affrontare. Nella nostra recente esperienza da Pipero Roma, abbiamo invece avuto la sensazione che alla coppia Alessandro Pipero - Ciro Scamardella riesca molto bene.
Di certo contribuisce un elemento cruciale in qualsiasi esperienza gastronomica, per quanto spesso relegata nelle righe in fondo del racconto che si fa di un ristorante: fin dal primo momento, sedersi in una sala guidata dal patron Alessandro Pipero significa trovare un mix pieno di personalità, e per questo inconfondibile, oltre che molto godibile, di rigore formale e di leggerezza. Di eleganza e di simpatia. Di raffinatezza e di gioco, come conferma la scelta scanzonata di porre un cubo di Rubik come centrotavola, a disposizione del commensale desideroso di un passatempo. La cosa più bella è poi percepire che quell'abilità, che sicuramente fa parte delle caratteristiche innate di Pipero, sta passando come insegnamento anche nei suoi più giovani collaboratori. Ci si accomoda in un luogo che comunica gusto e ricercatezza, si percepisce un'atmosfera leggera e accogliente, ci si inizia a divertire: cosa chiedere di meglio?

Un'immagine che risale al novembre 2018, nelle sale di Identità Golose Milano, quando Pipero e Scamardella avevano iniziato da poco a lavorare insieme, ma già si percepiva la sintonia tra i due
Al resto deve pensare la cucina:
Ciro Scamardella si è accostato, ormai quattro anni fa, con la giusta discrezione alla guida della proposta gastronomica del ristorante. Dimostrando però da subito di essere un interprete sopraffino dei sapori intensi, dell'esaltazione del gusto degli ingredienti e delle ricette. Oggi è evidente che questo sia il principale
leitmotiv dei suoi menu, che risultano così altrettanto accoglienti, caldi e gioiosi.
In un paio di nuovi piatti assaggiati qualche sera fa in corso Vittorio Emanuele II, abbiamo trovato un altro spunto interessante, che ha a che fare con la capacità di prendere il noto e di trasformarlo, senza perdere di vista la fedeltà di base all'originale. Il primo piatto che ci ha servito Alessandro Pipero era, infatti, un Gazpacho di melone bianco, in cui la memoria di cosa sia effettivamente un gazpacho veniva immediatamente messa in crisi. Senza che questo creasse però alcun effetto negativo, anzi.
Niente pomodoro, niente peperone o cetriolo: ma il melone bianco in diverse consistenze e forme, con una ricchezza aromatica a farci l'occhiolino fin dal primo assaggio. Quando ne parliamo con Ciro Scamardella, ci cita un altro piatto tradizionale che parla in lingua spagnola, portandoci questa volta però dall'altra parte dell'oceano, il ceviche. «Credo che questo sia il piatto che meglio possa raccontare la più recente evoluzione della mia cucina e credo che ci si possa trovare anche qualche traccia degli anni passati come sous chef di Roy Caceres. Perché è un ceviche vero e proprio: ho preso quella tecnica e l'ho messa al servizio dell'ingrediente e del gusto. Il melone bianco è presente in tre forme diverse: le palline, che sono al naturale, nel leche de tigre, che è ottenuto da un'estrazione di melone bianco, nella crema di melone che usiamo per condire le palline poco prima di servire il piatto. Così come succede con i cubetti di pesce nel ceviche originale, quando le palline di melone vengono a contatto con il leche de tigre, si marinano un po', prendendo una consistenza più morbida all'esterno, fin quasi a sfaldarsi, senza perdere però il morso, la consistenza carnosa all'interno, che non fa sentire la mancanza della proteina animale».
Un gran piatto davvero, ricchissimo di note acide, dolci, sapide. Con una sua personalità molto distinta, ma anche la capacità di prendere spunto da ricette note e molto tradizionali come gazpacho e ceviche.
D'altronde questo gioco era riuscito molto bene a
Scamardella già con l'
Impepata di cozze, piatto che ormai ha un paio d'anni di storia, e che servito subito dopo il
Gazpacho rafforza l'idea di una chiave di lettura intelligente ed efficace. «Io sono di Bacoli, un paese di pescatori in cui a ogni angolo di strada c'è un chioschetto che vende le cozze. Il mio obiettivo era portare il mare nel piatto, stimolare le memorie gustative: per ottenere questo risultato le cozze vengono condite con una estrazione di cozze, ingrediente su ingrediente, raddoppiandone l'intensità. Il limone invece viene privato quasi all'80% della sua parte centrale e il suo succo viene fatto cagliare aggiungendo l'albedo, la parte bianca del limone. Che effettivamente quando entra contatto con il succo di limone inizia a cagliare, diventando spugnoso: dopo due giorni lo scoliamo dal succo e dagli oli essenziali, lo tagliamo a cubetti e lo aggiungiamo al piatto: trattato così dà una nota acida delicata, ma una grande complessità aromatica, con anche una punta spiccata di amaro. Poi terminiamo con una spuma di pepe, che porta più aromaticità che piccantezza, e un velo di acqua di cozze, a concludere questo concentrato di mare».

Ciro Scamardella, Alessandro Pipero e Achille Sardiello, sommelier del ristorante
A chiudere un terzetto di piatti tutti accomunati dal medesimo approccio, un'altra bella novità del menu di
Pipero Roma. Chi, in Italia, non ha una memoria del
Pollo e patate? Quando arriva il piatto in tavola, può risultare spiazzante. Una patata ratte, con la sua classica forma e dei segni di abbrustolito sulla sua buccia, una crema di patate al fianco. Poi però quando la patata si taglia, si svela un cuore profumatissimo, fatto di pollo succulento e spezie che inebriano l'olfatto. E anche qui, come ci spiega
Ciro Scamardella, al ricordo del pollo e patate se ne accosta un altro, più internazionale: «Da grande appassionato di brace quale sono, ho fatto un viaggio in USA che mi ha portato da Charleston a San Francisco, sulle orme della griglia e del BBQ: in un piatto come questo c'è il tentativo di ricreare le sensazioni del
pulled pork, utilizzando invece il pollo. Da una parte giochiamo con le sensazioni gustative, dall'altra con le suggestioni mentali, con l'idea di un pollo appena uscito da un forno, fumante e sugoso, con questo profumo di brace che otteniamo anche spennellando la patata con un olio infuso di brace».
Bellissima l'idea, ancor più deliziosa la realizzazione. La potenza aromatica del pollo cucinato con questa tecnica si esprime già all'olfatto, trasportando il commensale in luoghi lontani da qualsiasi idea banale e semplicemente nostalgica del pollo e patate. Un piatto solo apparentemente semplice, che invita a perdercisi dentro con grande piacere.
Abbiamo raccontato, anche grazie alle parole dello chef di Pipero, tre estratti da un menu degustazione di assoluta solidità, che ripropone questo indirizzo come una vera certezza del mangiare bene, e soprattutto dello stare bene, a Roma. Di seguito, tutti i piatti che abbiamo assaggiato.

I bocconi di benvenuto: Ravanello e salsa alle nocciole, Raviolo fritto trippa e pecorino, Bao di coda alla vaccinara, Bruschetta burro e limone, Maialino croccante

Gazpacho di melone bianco

Pollo e patate: quando arriva...

...e quando si scopre la sorpresa

Zolla di manzo: giustamente è ormai un classico di Pipero Roma. Pipero dice così: è come mangiare della carne alla brace, ma è cruda. Ha ragione, meglio non si può spiegare

Bottoni di ciauscolo in brodo di carne: Ciro Scamardella spiega che il ciauscolo è uno dei suoi sapori preferiti al mondo (come dargli torto?). E che questo piatto gli ha richiesto molto tempo, soprattutto per trovare il giusto equilibrio del ripieno. Oggi è un'esplosione di gusto, una vera invasione di buono, accompagnata da un brodo di manzo intenso, in cui alcune gocce di ponzu forniscono il tocco acido che porta equilibrio al piatto. Magistrale

Fregola, cocco, vongole: piatto orgogliosamente piacione, con ingredienti (tra cui c'è anche il lime...) potenzialmente complessi da equilibrare, ma...funziona!

Ricciola come in tempura: altro piatto di grande efficacia, con una panatura dai toni orientali, ottenuta con ingredienti italiani

Agnello e cipolla: in questo piatto Ciro Scamardella, oltre a proporre un agnello impeccabile, fa cantare l'ingrediente potenzialmente più umile, la cipolla, dandole la cura e l'attenzione che merita

Cacio e pere: oltre al gioco di parole, un accostamento classico, proposto in due riuscite declinazioni diverse (il calice sulla sinistra non fa parte del piatto)

Granita al mandarino, zabaione freddo, mini brioche siciliana: che gran dessert per chiudere un ottimo menu. Fresco e opulento. Racconta Scamardella, con l'umiltà e la correttezza che contraddistinguono un professionista di livello, di essersi direttamente ispirato da una ricetta di Paolo Barrale, il suo primo vero maestro, con cui ha lavorato quando Barrale guidava il Marennà a Sorbo Serpico (Avellino). E aggiunge: «Come dice un altro maestro, Corrado Assenza, fare una granita perfetta è molto complesso». A lui, forse proprio per questo suo approccio umile e rispettoso, è riuscito
Pipero Roma
corso Vittorio Emanuele II, 250
Roma
+39.06.68139022
info@piperoroma.it
Chiuso la domenica
Menu degustazione (6 e 8 piatti): 140 e 160 euro