22-08-2023
Michel Roux Jr tra i suoi due colleghi giudici a Five Star Chef, su Netflix: la pastry chef Ravneet Gill e Mike Reid, ristoratore e chef
Solo quattro giorni fa, lo scorso 18 agosto, lo chef francese-londinese Michel Roux Jr aveva annunciato dai suoi social la prossima chiusura di un'insegna mitica per la capitale britannica, Le Gavroche. «Dopo 56 anni - si legge nel post pubblicato su Instagram - chiuderemo nel gennaio 2024, anche se il nome 'Le Gavroche' continuerà a essere una presenza familiare in eventi pop-up e altre iniziative. Questa decisione non è stata presa alla leggera. Le Gavroche significa tanto, non solo per me e la famiglia Roux, ma per l'intera squadra Gavroche e per voi, i nostri ospiti, che siete diventati parte della nostra famiglia nel corso di tanti anni».
Aperto nel 1967 nel quartiere di Mayfair dai due fratelli Albert e Michel Roux Sr, Le Gavroche è stato nel corso dei decenni uno dei ristoranti più celebrati del mondo, da cui sono passati molti chef che poi hanno conquistato la fama con le proprie insegne. Tra i tanti, in Italia c'è sicuramente Davide Oldani: nel 2011, a firma di Gabriele Zanatta, pubblicavamo questo racconto di un ritorno a Londra dello chef di Cornaredo.
La foto scelta da Michel Roux Jr per annunciare la chiusura di Le Gavroche
Si tratta di una competizione per chef, nella declinazione di un format che non cessa di essere popolare e richiesto sulle televisioni di tutto il mondo, che nasce dalla collaborazione di Roux con l'esclusivo hotel Langham di Londra, cinque stelle lusso con una nobile storia iniziata nel 1865. All'interno di questo albergo, come immaginabile, ci sono diversi ristoranti, di cui il francese ha la supervisione. Uno di questi è stato messo al centro del programma, con l'obiettivo di individuarne il nuovo executive chef, per un primo mandato di sei mesi.
Un avvertimento: se siete intenzionati a vedere il programma senza conoscerne l'esito finale, vi consigliamo di interrompere qui la lettura dell'articolo, perché seguiranno spoiler e dettagli su chi si aggiudicherà la vittoria.
Soprattutto perché i contenuti di questo nuovissimo programma dedicato all'alta cucina, al fine dining, appaiono in diversi passaggi non altrettanto nuovi, al passo coi tempi. Five Star Chef si articola in sei episodi da circa 50 minuti l'uno. In ciascuno, come normale, viene sfoltito il numero dei concorrenti, tutti chef professionisti selezionati dagli autori dello show. Le prove che devono affrontare gli aspiranti executive chef cercano di metterne in mostra le capacità sotto diversi punti di vista: devono infatti saper guidare una cucina impegnativa come quella di un ristorante di un hotel a cinque stelle (da cui il nome del programma stesso), e tutto deve essere di livello "five star": un concetto ripetuto allo sfinimento da tutti e tre i giudici.
Impiattamenti ricercati ed esteticamente impeccabili: nessuna concessione, anche se potenzialmente funzionale al gusto, all'imprecisione. Una cucina concettuale, che risponda a un'idea precisa e facilmente vendibile, in base alla quale ogni piatto del menu deve essere declinato. Ricercatezza ed esclusività degli ingredienti, senza limiti di spesa.
Qualsiasi idea di lusso che faccia rima con semplicità - con buona pace di Arrigo Cipriani, maestro di questo concetto - è da lasciar fuori dalla porta del Langham e di questo cooking show. In particolare ci ha colpito una prova presentata nel secondo episodio di Five Star Chef. Che ha portato a chiederci: ma ha ancora senso pensare che il lusso e l'esclusività equivalgano al prezzo elevatissimo di un piatto? Sono gli ingredienti più costosi, raccolti ai quattro angoli del globo e uniti l'uno con l'altro in modo spesso sovrabbondante, a creare il famigerato effetto wow?
A guardare il programma, sembrerebbe che Michel Roux Jr e gli autori lo pensino eccome. La prova sottoposta ai concorrenti nel secondo episodio viene presentata così dai giudici Ravneet Gill e Mike Reid: «Hotel di lusso come il Langham sono il parco giochi dei ricchi e famosi, persone per cui i soldi non sono mai un problema. Vogliamo che presentiate a chef Roux la vostra versione del piatto più caro che potete immaginare, usando i migliori ingredienti a vostra disposizione. E' fondamentale per un luogo come il Langham poter offrire una creazione che rappresenti il lusso più puro, un piatto che poi diventerà uno straordinario strumento di marketing per far conoscere il ristorante in tutto il mondo».
Un taco da 25000 dollari
Segue il Grand Velas Taco, servito per la folle cifra di 25000 (venticinquemila) dollari al pezzo al Grand Velas Los Cabos Resort di Cabo San Lucas, in Messico: tra gli ingredienti aragosta, manzo di Kobe, caviale beluga e brie al tartufo nero. Una salsa a base di peperoncini Morita essiccati, tequila ultra-premium añejo Ley.925 e un civet al caffè a ricoprire il taco, avvolto ovviamente da una tortilla di mais con scaglie d'oro. «Sono piatti come questi che faranno emergere il vostro brand!», afferma fin troppo motivato Mike Reid.
Ma siamo sicuri? Entrambi i piatti citati non fanno certamente parte delle creazioni di alta cucina più famose al mondo. Né tantomeno i ristoranti che li hanno messi in menu hanno mai conquistato gli onori delle cronache, se si escludono i mesi in cui, grazie al lavoro dei loro uffici stampa, qualche testata di lusso e lifestyle ha pubblicato notizie in cui si annunciava l'arrivo di queste portate sgargianti e decadenti. Casualmente entrambe lanciate nel 2017. Sei anni fa, quando il panorama dell'alta cucina mondiale era completamente diverso da oggi, per molti motivi di cui abbiamo spesso parlato, anche su queste pagine. Che senso può avere, nel 2023, proporre ancora una visione simile del lusso?
I concorrenti di Five Star Chef, forse comprensibilmente, non erano per nulla pronti a una prova del genere, che risulta nel corso del programma una delle meno riuscite, giudicando sulla base dei piatti che ne sono scaturiti, quasi tutti fallimentari. Di certo non ha portato fortuna allo chef che poi, nonostante l'incidente di percorso, si è aggiudicato la competizione, in particolare grazie alla forza del suo concept: un ristorante di alta cucina caraibica.
Dom Taylor
Curry di capretto con breadfruit fritto
Pancia di maiale glassata al rum scuro, uvetta, indivia alla brace
Intanto le prime recensioni uscite sulla stampa britannica sembrano concordi nel premiare il lavoro del cuoco, lodato esattamente per due caratteristiche che sono state a più riprese liquidate durante il cooking show: la potenza del gusto e il legame con una tradizione realmente popolare, portata in una dimensione di alta cucina.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare
Lo chef Pasquale Caliri del Marina del Nettuno Yachting Club di Messina. È anche un Ambasciatore del Gusto
Solaika Marrocco e Silvia Antonazzo - Tutte le foto: Annalisa Cavaleri