È grande il Brasile. Dal clima desertico del Nord Est a quello equatoriale del Mato Grosso, dal torrido Piauì, lo stato del Nord, al clima continentale di São Paulo e del Sud: sono mille le diversità e centomila i tipi di piante, frutta, verdura e ogni altro ingrediente “mangiabile”, insetti e larve incluse. Tantissimi.
Ma una, una sola è la capitale turistica, la città del sogno, della musica e delle spiagge: samba, cachaca y futbol... Rio de Janeiro. Pao de Azucar, Copacabana, Ipanema, Corcovado, Cristo Redentore, Maracanà: tutto ci ricorda Rio. Tutto, meno la grande cucina.
La cucina alta, di qualità, in terra brasiliana è sempre stata appannaggio di São Paulo, la ricca metropoli del Sud, mentre la cucina popolare, soprattutto quella
bahiana, importata con la schiavitù, da sempre la si incontra per le strade di Salvador.
Restavano a Rio due cucine: quella povera e popolare (feijoada, churrasco e così via) e quella etnica straniera (sushi, texmex, cinese, eccetera), nonché quella degli alberghi, importata per sfamare i turisti a caccia delle emozioni e della musica di Carmen Miranda.
Ebbene, anche qui siamo riusciti a trovare due isole di qualità. E probabilmente altre ce ne sono, a guardar bene; ma queste due ci interessano perché interpretano filosofie molto simili: materia prima locale di grande qualità, a noi europei a volte irraggiungibile, e tecniche e abbinamenti di interessante sperimentazione.
La prima l’avevamo già incontrata alcuni anni fa, in una prima visita a Rio: quando, stanchi di cucina tradizionale e soprattutto di locali etnico/moderno turistici quali
Sushi Leblon e
Fogo de Chão, ci siamo diretti verso il centro storico e abbiamo incontrato
Lasai.
Ci era molto piaciuto, e quindi siamo tornati anche stavolta. E abbiamo fatto bene.
Nel frattempo il cuoco Rafa Silva e Costa si era guadagnato una stella Michelin e un’entrata nella classifica dei 50 Best Sud America, al 26° posto. Beh, non è che Rafa abbia un curriculum da poco: studi a New York al Culinary Institute of America, ha iniziato a lavorare al Vong di Jean-Georges Vongerichten per passare poi con Aduriz nei Paesi Baschi, al Mugaritz, dove è cresciuto fino a diventare executive chef. Ha lasciato nel 2014 per tornare in Brasile e aprire con la moglie il Lasai, appunto.
Vi propone una cucina innovativa, frutto delle precedenti esperienze, ma anche dell’utilizzo di straordinari prodotti di stagione e di accoppiamenti inediti nel piatto per il Brasile (figuratevi per un italiano!). Abbiamo mangiato:
Nasturzio, cuore di palma e miele
Germogli d’aglio, formaggio e miglio
Tempura di “pesciolino” e aragosta
Cavolo nero, pistacchio e zenzero
Semi di zucca, aceto e miele
Barbabietola e pesca
Granturco verde

Lumaca di mare, prezzemolo e ravanello
Lumaca di mare, prezzemolo e ravanello (assolutamente straordinaria, grande come un pugno)
Bun al vapore, avocado e gamberi

Fagiolini verdi, maiale e funghi

Patata “baroa”, pomodoro e ricotta

Maiale, zucchini e broccoli
Fagiolini verdi, maiale e funghi
Zucca, pesce e anacardi
Patata “baroa”, pomodoro e ricotta
Maiale, zucchini e broccoli
Formaggi artigianali

Felipe Bronze, bistellato all'Oro (Av. Gen. San Martin 889, nel quartiere di Leblon. Tel. +55 21 25408768)
Altra musica per
Oro (Av. Gen. San Martin 889, nel quartiere di Leblon. Tel. +55 21 25408768), il bistellato ristorante di
Felipe Bronze, due stelle meritatissime in una città molto avara di riconoscimenti Michelin.
Tralasciando il fatto ambizioso che uno chef di nome Bronze apra coi suoi piatti ("plata" in Sudamerica significa argento) un ristorante che si chiama Oro... Felipe ha anche lui una storia da raccontare: famiglia che si occupa di gastronomia, come quella di Rafa del Lasai è partito per gli Stati Uniti e si è formato a sua volta al Culinary Institute di New York. È rientrato in patria dopo varie esperienze nei grandi ristoranti della Grande Mela, per lavorare nei locali di moda di Leblon, il quartiere dietro la spiaggia di Ipanema. Poi, finalmente , il suo locale, Oro.
La sua è una cucina fatta di materia prima locale, interessante e inaspettata, ma trasformata con tecniche di grande raffinatezza e presentata in modo semplice ma magistrale, di evidente bellezza. Molte le citazioni prese dallo street food. Qui abbiamo assaggiato:
Ostrica e “caipirinha”
Riso nero, capasanta, prezzemolo e nocciola
Tapioca, pesce marinato e citrico
Zucca e pesci
Granturco e caffè
Pão de queijo (pane al formaggio tipico brasiliano) con anacardi pralinati
Yucca e tartare di costata di manzo
Empadinha di foie gras
Escabece di polpo e tutu di fagioli
Tempura di manjubinha e melanzana
Pancetta di maiale, mela “bruciata” (frutto tipico del Sud brasiliano)
e mela verde
Cavolo e costolette

Miniburger di maiale e kimchi di ananas

Moderna moqueca (zuppa di pesce brasiliana) con pesce, pomodoro arrosto e prezzemolo

Petto d’anatra, okra e salsa xinxim

Vitello, funghi secchi e caffè
Miniburger di maiale e kimchi di ananas
Moderna moqueca (zuppa di pesce brasiliana)
con pesce, pomodoro arrosto e prezzemolo
Petto d’anatra, okra e salsa xinxim
Vitello, funghi secchi e caffè
Mica male !
Insomma: due belle esperienze a Rio. Certo vincono sempre samba, cachaca e futbol. Ma tra Copacabana e Ipanema cominciano a fiorire dei ristoranti molto interessanti. Ci torneremo. E adesso... torniamo alla nostra caipirinha, prima che il ghiaccio si sciolga. Salute a tutti!