Rigorosamente fritte, marchigiane - ascolane esattamente - farcite di carne, panate e tuffate in olio bollente. Questo l’identikit dell’oliva all’ascolana, ricetta che ha reso grande il nome di Ascoli Piceno forse più della bella Piazza del Popolo o delle tele del Crivelli.
Il fascino della liva fritta (termine dialettale per indicare la preparazione) è tale da aver sputo attirare la creatività di grandi chef marchigiani; così, da protagonista indiscussa delle cucina di casa ascolana, oggi si è guadagnata un posto di tutto rispetto nell’alta cucina regionale. Ma prima di parlare d’innovazione, è d’obbligo raccontare la tradizione di una preparazione che, in buona compagnia con cremini, carciofi fritti e costarelle di agnello, compone uno dei fritti misti, quello all’ascolana, più apprezzati della gastronomia italiana.

La Finta oliva ascolana: una creazione di Mauro Uliassi
In pochi sanno che per ottenere il gusto autentico dell’oliva fritta si deve partire dalla scelta corretta della cultivar da farcire: la tenera ascolana. «Sembra facile, ma non lo è. Perché la tenera ascolana ha tanti pregi, dalla polpa abbondante e fragrante, al sapore sapido e amarognolo… ma un difetto che vale per tutti: non si può denocciolare con l’ausilio di macchinari perché la polpa, troppo croccante, si romperebbe. Si deve scegliere la giusta pezzatura del frutto e il nocciolo va eliminato manualmente con un taglio a spirale. Il taglio a spirale è fondamentale perché solo così la carne viene distribuita equamente lungo le parti dell’oliva e all’assaggio restituisce un gusto armonioso. La forma ellittica, la panatura leggera che scopre il verde del frutto e la grana percettibile del ripeno sono ottimi indizi per capire quando un’oliva è davvero artigianale» – spiega
Maria Elena Cicchi, ascolana da generazioni e titolare dell’
Agriturismo Villa Cicchi di Rosara dove poter assaggiare delle olive fritte all’ascolana preparate a regola d’arte.

Sapete montare un'oliva all'ascolana? Potete provarci con la sua scomposizione, pensata da Errico Recanati
Se la tradizione vuole una farcia fatta con spezzatino di carni miste, macinato e condito come una polpetta, da qui parte la fantasia di
Mauro Uliassi con la sua finta oliva ascolana: carne cruda avvolta da una finta oliva con tanto di nocciolo (una mandorla) e una panatura di molliche tostate. Da quest’anno la trovate come appetizer nel
suo ristorante di Senigallia, consigliamo di assaggiarla chiudendo gli occhi, per godere al meglio del piacevole inganno dei sensi che riproduce alla perfezione le sensazioni olfattive e il sapore del celebre esempio.
Nell’epoca dell’Ikea, anche l’oliva all’ascolana può essere smontata e rimontata, da qui l’idea del “kit gastronomico” di
Errico Recanati (
Ristorante Andreina, Loreto). Tre sacchettini, uno con un battuto di marchigiana condito con sale e olio, uno con una farina di tenera ascolana, l’altro con del pane fritto. Il gioco è semplice: sbattere la polpettina di carne nel sacchetto della finta farina, disporre il tutto sul pane fritto e assaggiare.

Rosaria Morganti ha chiamato Teneramente azzurra la sua lettura a base di pesce dell'oliva all'ascolana
Dalla scomposizione alla variazione sul tema, arriviamo all’oliva “teneramente azzurra” della chef
Rosaria Morganti del
Ristorante i Due Cigni di Montecosaro. Un’oliva ripiena di saraghina, impanata, fritta e accompagnata da mousse di sgombro al coriandolo, gelato di tenera ascolana e alici ripiene di capperi.