Una volta ho incontrato a La Spezia Dario Vergassola, che in questa città vive, e parlando delle Cinque Terre le ha descritte come «uno spicchio di Sud al Nord» per i terrazzamenti a picco sul mare dove si allevano vitigni anche autoctoni che danno una doc, Cinque Terre appunto, aspra e salmastra. E poi per i limoni e per le acciughe che si mettono sotto sale nelle tipiche arbanelle chiuse da un disco di ardesia sopra il quale poggiare un sasso pesante: acciughe che fino a qualche anno fa si mangiavano nelle cantine con il pane e con un bicchiere di vino bianco.
Tutto è cambiato oggi, ma “gotto” di vino e terre sono ancora le parole magiche; proprio in esse, più che nei versi di Montale che pure a Monterosso ha trascorso più di un’estate, si racchiudono emozioni da vivere lontani da locali notturni rumorosi e spiagge troppo organizzate.
Qui non è così. Malgrado siano una delle mete più ambite anche dai turisti stranieri, le Cinque Terre riescono a difendersi e a preservare il proprio fascino, proprio perché sono complicate da raggiungere e da percorrere, salvo che ci si dimentichi l’automobile – che è bandita – e si salga su un treno, su una barca o ci si incammini lungo un sentiero.
Il viaggio ha necessariamente inizio così. E per comodità è opportuno che cominci da Monterosso, dove le strutture d’accoglienza sono di più, dove i treni si fermano con maggior frequenza e i posti macchina, pochi quelli organizzati, sono comunque abbastanza accessibili.

Il pesce è ovviamente il punto di forza di Miky, il primo consiglio di Marianna Corte a Monterosso
Questo borgo, insieme a Vernazza, è passato agli onori della cronaca per l’alluvione dell’ottobre 2011, un evento drammatico di cui ora si conservano poche cicatrici e qualche disagio. Suddiviso in due zone unite da una galleria, ha una parte storica, dove ci sono quasi tutti i ristoranti e gli alberghi, e una più nuova chiamata Fegina, costruita negli anni ’50, dove si trovano
Villa Montale, oggi suddivisa in appartamenti privati e non aperta al pubblico, e anche le spiagge più grandi e l’unica scultura interessante di tutte le Cinque Terre: il
Gigante, come si chiama la grande statua liberty, in cemento armato, che un tempo sorreggeva una conchiglia e dietro il quale si nasconde un circolo velico privato.
La passeggiata per il paese parte proprio dal
Gigante e attraversa il lungomare, classico, con le tamerici in fila, un percorso obbligato e anche il luogo della prima e forse più interessante sosta golosa.

La sala della Cantina di Miky, bistrot dove si può mangiare a tutte le ore
Ecco infatti
Miky, ristorante con tre forchette sulla Michelin: merita per la degustazione di pesce gratinato. Dal 2008 ha anche un bistrot,
La Cantina, a due passi, dove si può mangiare a qualunque ora: ideale per le acciughe in ogni versione e per gli aperitivi lunghi o i dopocena all’insegna dei cocktail.
Altra tappa gourmet, prima di entrare nel borgo, è il ristorante L’Ancora della Tortuga (salita Cappuccini 6, Monterosso, +39.0187.800065), accessibile dalla pedonale sopra la galleria: ha una bella vista sul golfo e propone piatti creativi al punto giusto, come un buon
Rombo con le foglie di vite.
1. continua