L'essenza della fiorentinità in un boccone? Pochi dubbi: il lampredotto. Si tratta di uno dei quattro stomaci bovini, cotto a lungo in acqua con pomodoro, cipolla e odori e venduto tradizionalmente nel panino dai lampredottai agli angoli delle strade. Piatto povero ma dalla ricca storia, oggi compare anche nei menu dei ristoranti ed è perfino al centro di un disfida tra chef di Firenze e Lucca che conta l'1-1 dopo la recente rivincita fiorentina.

Dietro ogni cocktail del Rivalta c'è Rachele Giglioni
A parte i lampredottai storici, uno dei migliori è quello selezionato da
Lorenzo Nigro, socio del modaiolo
Rivalta Café insieme a
Domenico Montano, figlio di un ristoratore fiorentino. Lo spirito giovanile contraddistingue tanto il locale quanto le varie iniziative di
Lorenzo, ma per lui il lampredotto è una tradizione di famiglia. «I miei nonni cominciarono dal 1952 a commercializzare trippa e lampredotto; per arrotondare, la nonna faceva i panini sotto casa nel cuore di San Frediano, storico quartiere fiorentino dove sono nati i trippai. Col tempo, il nonno aprì un magazzino dove lavorava direttamente le trippe selezionate, che poi vendeva in tutta la Toscana, fino a Siena, con l'aiuto di mio padre e poi anche il mio». L'unico rimasto a cuocere a legna, a causa delle norme sempre più rigide nel 2000 il nonno di Lorenzo decide di chiudere bottega.
A raccogliere l'eredità ci pensa lui mettendo su un'attività di distribuzione e allargando sempre di più la rete di clienti, tra macellerie e ristoranti.
Lorenzo infatti sceglie solo fornitori selezionatissimi, anche se in futuro non nega di voler tornare a lavorare in proprio il lampredotto, come faceva il nonno. Per il momento, si accontenta di prepararlo ogni tanto per gli amici o per qualche serata al
Rivalta, ottenendo grandi consensi. «Non facendolo ogni giorno, ci metto tutta l'attenzione possibile: scelgo la migliore materia prima, non uso dado, faccio una cottura lunga. Io lo amo al naturale, con sale e pepe, ma per chi vuole faccio anche la salsa piccante e una salsa verde un po' particolare».

Il titolare Lorenzo Nigro
Cosa berci insieme? Da qualche chiacchiera con l'amica
Paola Mencarelli, esperta foodie e consulente gastronomica, e la barwoman del
Rivalta Cafè Rachele Giglioni, nasce l'idea di creare un cocktail ad hoc. Marchigiana in trasferta a Firenze per studio e appassionata autodidatta, dopo i primi cocktail miscelati quasi per caso nei locali di amici
Rachele approda al
Rivalta dove diventa capo-bar(wo)man in meno di un anno. Dopo il
Giglio (Martini Bianco, Martini Prosecco Sigillo Blu, China Martini, sciroppo di sambuco e succo di pompelmo) con cui ha vinto lo scorso anno il
Martini Royale Contest, segna un altro centro.
«Per accompagnare questo simbolo di fiorentinità – racconta – ci voleva qualcosa di altrettanto fiorentino. Ho quindi pensato al
Negroni, ideato dal barman fiorentino
Fosco Scarselli negli anni Venti per il conte
Camillo Negroni, con un twist moderno dato dal vino. Abbiamo scelto il
Chianti Classico Fattoria Le Corti del
Principe Corsini, non solo perché l'azienda alle porte di Firenze ci fornisce molti prodotti, ma anche perché il Rivalta si trova sul Lungarno Corsini».

Il cocktail, un Negroni col twist di un Chianti classico
Nasce così il
Principe Corsini, con tanto di placet del produttore erede della nobile famiglia. Per renderlo ancora più toscano, anche gran parte degli altri ingredienti vengono dalla regione: ½ del rarissimo Gin di Vallombrosa e un cucchiaino da tè di Alkermes dell'
Officina Profumo - Farmaceutica di Santa Maria Novella, a cui
Rachele aggiunge – in proporzioni un po' diverse rispetto al Negroni, per riequilibrare il tutto – ¾ di Vermouth Bianco Cocchi. Il connubio tra il Principe e l'umile lampredotto ha conquistato i partecipanti alla
Disfida delle Frattaglie, dove è stato presentato in anteprima. Lo si potrà assaggiare anche al Rivalta, nelle serate dedicate a questo monumento gastronomico di fiorentinità.