Pubblichiamo quest'articolo a seguito del contributo Liguria seduta di Maresa Bisozzi, pubblicato settimana scorsa, una riflessione sul difficile stato della ristorazione nella regione di confine. A intervenire oggi, due first lady della ristorazione genovese: Barbara Pisano del ristorante Baldin ed Elisa Arduini del ristorante The Cook.
È proprio vero, la Liguria è una regione dove la crisi c'è, e si sente più che in altre parti, ma noi crediamo che ovunque ci siano persone sedute, ce ne siano altre che stanno in piedi e fanno lunghi passi verso un sentiero che guarda solo avanti.
Noi giovani ristoratori liguri amiamo la nostra terra e il nostro mare. Cerchiamo ogni giorno una materia prima che possa esaltare i nostri piatti. Le materie prime che abbiamo sono il risultato di grande fatica: il territorio ligure ha coltivazioni spesso difficili per la conformità di queste meravigliose montagne a picco sul mare, ma forse proprio per questa "fatica" si producono "eccellenze". Olive taggiasche, fagioli di Pigna, carciofi d'Albenga, le nostre uve di Pigato, e Vermentino, spesso colte come le olive, su terazze dove la raccolta deve essere fatta ancora manualmente, senza l'utilizzo di macchine. Per non parlare del mare, fondali spesso molto profondi che rendono spesso difficoltosa la pesca.

I carciofi di Albenga, tra le più pregiate delizie liguri (foto Butta la pasta)
Allo stesso modo, spesso fatichiamo ad avere idee lungimiranti e innovative, ma grazie alle difficoltà molte volte si riesce a fare e a dare il meglio. Un importante esempio per noi e per tutta la Liguria è Bisson, azienda vinicola di Chiavari (Genova) che ha fatto una scommessa a dir poco azzardata: ha fermentato in bottiglia una bianchetta (vitigno ligure) a ben 40 metri di profondità nella baia di Portofino. Contro ogni aspettativa, è riuscito a ottenere un vino che oggi noi vendiamo, più che mai orgogliosi nei nostri ristoranti, consapevoli di portare in tavola non un semplice vino ma la vittoria di un progetto ambizioso e quasi irreale, per quelle che erano le difficoltà burocratiche e organizzative di partenza.
L'ingrediente principale di ogni successo è la passione per il proprio lavoro. Molte volte, questa è minata da amministrazioni sempre più difficili: oggi, per avere un ristorante di alto livello, bisogna saper fare il commercialista, il consulente del lavoro, l'imprenditore e spesso anche il "mago". Solo un prestigiatore, infatti, è capace di pianificare un'impresa in un mercato sempre più imprevedibile. Molte volte ci troviamo a interrogarci su perché quel giorno si è fatto solo un tavolo e il giorno dopo, senza alcuna spiegazione, ci si trova con il ristorante pieno.

Elisa Arduini e Barbara Pisano
Ci vorrebbe una bacchetta magica per comprare le materie prime e organizzare l'organico. Però ogni volta che siamo scoraggiati da qualche difficoltà, ci rimettiamo sul "piatto" e proprio da questo ripartiamo. Ripartiamo dall'origine, dalla motivazione per cui abbiamo un ristorante: La Passione! E, come disse Albert Einstein, "La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché porta progresso". Nel nostro caso lo chef, spesso anche proprietario del ristorante, stimolato a portare lavoro ed energia al suo ristorante, è anche distratto da lavori paralleli, magari attinenti alla cucina, ma pur sempre nuovi lavori.
Per sopravvivere, poi, occorre reinventarsi: aprire scuole di cucina, fare corsi, consulenze, andare in tv. Insomma, fare scelte e prendere decisioni che probabilmente non si sarebbero prese se non costretti dalle difficoltà. Tutto ciò rappresenta un arricchimento, se pur dovuto a un momento critico, che porterà sicuramente risultati ancor più proficui e gratificanti in momenti di prosperità futura. Concludiamo con un'ultima frase di Helen Keller: "Dove vedete un'attività di successo, qualcuno una volta ha preso una decisione coraggiosa. Buon lavoro a tutti.