18-12-2023

Al Piazza Duomo di Enrico Crippa, tra balletto di piatti e sinfonia di gusto

"Questo racconto comincia dalla fine, o meglio, da una frase pronunciata al termine di un pranzo di altissimo livello...”: nostro report dal tristellato di Alba, complici non solo lo chef, ma anche Davide Franco e Jacopo Dosio

Enrico Crippa, chef del tristellato Piazza Duomo a

Enrico Crippa, chef del tristellato Piazza Duomo ad Alba (Cuneo)

Questo racconto comincia dalla fine, o meglio, da una frase pronunciata al termine di un pranzo di altissimo livello: «Molti lavoratori, in varie aziende, hanno dei benefit. Il tempo mi ha insegnato che, per noi che facciamo questo mestiere, il benefit più grande è uno: creare relazioni». A parlare è Davide Franco, restaurant manager di Piazza Duomo, ad Alba, nome che di certo non ha bisogno di tante descrizioni.

Ora dunque, come una specie di flashback, riavvolgiamo il nastro e catapultiamoci all’inizio della storia di questa esperienza. Nel cuore del Piemonte, in un comune baciato da nocciole, vigneti e tartufi bianchi, la famiglia Ceretto ha voluto dedicare un angolo dell’omonima Piazza Duomo a due ristoranti (c’è anche La Piola). Enrico Crippa è da sempre il punto fermo di questo sistema del gusto: su di lui si fonda uno stile inconfondibile della tavola, amplificato dal servizio di sala, che fino a qualche tempo fa era appannaggio di Vincenzo Donatiello. A febbraio del 2022 avviene una piccola rivoluzione: Donatiello vola verso altri lidi orientali, mentre ad Alba arrivano Davide Franco e Jacopo Dosio, rispettivamente come restaurant manager e wine director. Entrambi giovani, ma con esperienze assai valide, hanno subito decodificato lo stile di Crippa, trasponendolo in uno dei servizi di sala più delicati che ci siano. Così nascono le relazioni che nominava prima il direttore Franco, tra un sorriso, un aneddoto, un sorso dai calici di Dosio (capaci di catapultare l’ospite alle Canarie, per esempio da Akaet, piccolissimo produttore visitato da lui stesso) o una spiegazione ben fatta dei piatti, che variano ancora più spesso, grazie al menu Seasonal Things.

Davide Franco e Jacopo Dosio

Davide FrancoJacopo Dosio

Tale proposta è figlia della volontà di Crippa di essere sempre più in sinergia con i frutti dell’ormai mitico orto di Piazza Duomo (che ha superato i 3 ettari), collegando tali primizie al resto della materia, ovviamente senza spreco alcuno. È così che si possono assaggiare l’inossidabile Insalata 21, 31, 41, 51, che conta più di cento elementi anche in inverno, oppure uno spinacino talmente gustoso da tener testa al branzino a cui è accoppiato, oppure ancora un pak-choi (il cavolo cinese) tra la clorofilla e il floreale. A un primo impatto, si resta quasi storditi per la bellezza visiva degli elementi che si trovano nel piatto. Ci si potrebbe quasi fermare lì, in contemplazione. Ma poi subentra l’istinto che solletica il palato e quindi... si assaggia, svelando una complessità tanto inattesa, quanto ben assimilabile. 

Sarebbe quasi da scomodare l’Accademia della Crusca per riscrivere la definizione di “incredibile” in chiave palatale. È incredibile, quindi, come siano equilibrati e ben maritati gli ingredienti, nonostante le salse siano “importanti” e complesse, ma in modo intelligente, grazie a quell’arguta esperienza di Enrico Crippa, che pone sempre e comunque al centro la qualità della materia prima e prende per mano tutto quello che è nel piatto, da vero cuoco, maestro, genio e artista qual è. Mai uguale a se stessa, la mano di questa brigata spazia tra Italia, Francia, Giappone e Oriente tutto, sempre con una traccia del signor Marchesi (il risotto è mantecato con burro acido e Parmigiano e servito con il cardamomo: less is more).

L’essere cosmopoliti richiama il viaggio, che spesso abbraccia l’arte, anche per la stessa idea di libertà che effondono queste due cose. Oltre alla celeberrima Panna cotta Matisse, oggi chef Crippa omaggia Antoni Gaudì e Anselm Kiefer con due piatti antitetici nei colori (il primo sfavillante, il secondo in bianco, nero e seppia), ma ugualmente trascinanti nei sapori e nelle forme.

La sala

La sala

Un’altra caratteristica che rende questa tavola unica è la danza di piatti, piattini e ciotole colorate (queste ultime realizzate appositamente per Piazza Duomo) che, orchestrata dalla brigata di sala quasi a mo’ di metronomo, rende giustizia ai cosiddetti side dishes o “piatti al contorno”. Qui essi fungono da veri e imprescindibili amplificatori del piatto principale, con la peculiarità che spesso si tratta di brodi di ogni natura (merluzzo, anatra, gamberi…) oppure di vegetali (funghi, mela cotogna o tanti altri), conditi come il protagonista.

C’è tempo per riflettere ancora su come agisca la sostenibilità degli ingredienti, grazie a un predessert al pane, a un dolce con gelatine di frutta e mele cotogne oppure al tacos di meliga, una farina da sempre abbondante in Piemonte. L’ultimo passo di questo viaggio è fatto di icone, come la Torta di nocciole e il Latte +, quasi a voler riportare l’ospite a geolocalizzarsi proprio lì, ad Alba, nella sala dalle inconfondibili pareti rosa. Piazza Duomo è più viva che mai. Anzi, è anche vivida, come i colori che firmano questo luogo, dapprima nelle persone e poi dentro e fuori dai piatti.

 

I nostri assaggi

  1. L’aperitivo è composto da una serie di classici di Crippa: le finte olive (la nera cela una tartare di scampo, la verde una tartare di vitello), il Gingerino Recoaro (bitter sotto forma di spuma, crema di foie gras, mais croccante) con cialda di arachidi e una Chips di parmigiano, maionese di soia all’aglio, fiori, pepe e zest di limone.
     
  2. Caviale (i piatti hanno una sola parola che li introduce, lasciando stupito chi li degusta per la moltitudine di elementi che spesso li compone): Cuore di lattuga nappato con brodo di carne, latte cagliato alla base, caviale, tuorlo d’uovo marinato, limone. Krapfen al nero di seppia fritto, ripieno di panna acida e caviale sulla sommità. Occhio del caviale: sfoglia al nero di seppia, panna acida e caviale. Consommè di merluzzo. Una partenza elegantissima, di un equilibrio raro, così come per la frittura del leggerissimo krapfen.
     
  3. Takoyaki: polpetta ripiena di gamberi, furikake e salsa okonomiyaki. Crème caramel salato con riduzione di miso. Brodo di funghi. Spazio alla golosità qui… 
    Insalata 21, 31, 41, 51…

    Insalata 21, 31, 41, 51…


     
  4. Insalata 21, 31, 41, 51…: è uno dei veri simboli del ristorante, un piatto che ha fatto la rivoluzione. Conta fino a 127 elementi nel periodo estivo, ma supera comunque i 100 elementi in quello invernale. Si compone di due parti: dall’alto al basso, si trovano gli elementi più speziati, piccanti, amari, per poi procedere a quelli più delicati, conditi con un dressing di olio di semi di vinacciolo, sesamo e aceto di Barolo. C’è un brodo dashi al mandarino da bere alla fine. Verticalità totale e tutta basata su una sorprendente egemonia vegetale. 
     
  5. Spinacino e branzino a crudo, salsa di senape e senape in grani. Cavolo di Bruxelles con le sue foglie, condito con la stessa salsa. Chips di mandorla e finocchietto. Sorprende il sapore vigoroso dello spinacino, che tiene testa al pesce crudo. 
    Antoni Gaudì

    Antoni Gaudì


     
  6. Antoni Gaudì (dedicato a Barcellona e a un mosaico dell’artista). È un piatto basato sulle salse: salsa di tuorlo marinato, salsa choron al pomodoro, riduzione di gamberi, di riccio e di arancia, salsa di merluzzo e prezzemolo, gambero di Sanremo a crudo. Si completa con un brodo di gamberi e una chips di furikake. Tanto bello quanto buono, questo è l’emblema del saper prendere per mano la materia per condurla verso vette di gusto altissime, anche se si tratta “solo” di gamberi e salse.
     
  7. Capasanta: viene cotta nel guscio e servita con tartufo nero, aggiungendo una grattata tartufo bianco. Crema di patate, pancetta e tartufo bianco. Sfoglia di cipolla. Una giostra di profumi inebrianti, tra mare e terra.
     
  8. Foie Gras: in scaloppa, con puntarelle e polvere di mais. Brodo di anatra. La classicità della portata è solo apparente, poiché non è per nulla facile gestire l’amaro delle puntarelle senza coprire il foie gras. Inutile dire che Crippa, grazie anche al suo orto, ci è riuscito benissimo. E quel brodo di anatra…
     
  9. La panificazione: grissini al mais (croccantissimi: uno tirava l’altro), pane sfogliato alle nocciole (leggermente dolce), ciabatta preparata con lievito madre. Si nota uno sprint in più nell’arte bianca, rispetto a qualche anno fa. 
    Seppia Kiefer

    Seppia Kiefer


     
  10. Seppia Kiefer (dedicata ad Anselm Kiefer, artista di cui un’opera è esposta a Piazza Duomo): sfoglia di seppia ricoperta da una crema di cardo, salsa di acciughe, nero di seppia. Polenta bianca con la stessa salsa. A parte il grande esercizio di tecnica che si svela qui, c’è da sottolineare l’antitesi tra i colori (bianco, nero e seppia, appunto) e i gusti pieni, ma centrati benissimo. Un capolavoro che si rifà a un altro capolavoro.
     
  11. Sogliola alla plancia, pak-choi, rucola e salsa di zucca: qui esce fuori tutto il lavoro nell’orto di Piazza Duomo, dove si ottengono verdure straordinariamente saporite e gustose, come questo pak-choi.
     
  12. Riso Carnaroli (dal piccolissimo produttore Greppi di Vercelli) mantecato al burro acido, parmigiano e cardamomo: una carezza inaspettata, con il cardamomo vero protagonista, su una tela marchesiana. Quattro ingredienti bastano eccome per avere un grande primo.
     
  13. Tortello ripieno di mascarpone e nduja, brodo di vitello: un bell’omaggio al Sud Italia, con la nduja che torna spesso tra gli ingredienti di Crippa.
     
  14. Agnello (di Michele Varvara), crema di caprino alla base, salsa al curry, broccolo fiolaro. Eccellente proteina, eccellente esecuzione.
     
  15. Lepre: crema di foie gras e fondo di cottura; sfera di lepre brasata, ripiena con foie gras, glassata con salsa di vino rosso e tartufo nero. La sfera vale l’assaggio.
     
  16.  Gelato al pane, croccante al pane e crumble alla cannella alla base: un ottimo esempio di antispreco, come ormai qui si fa già da tempo. 
    Gelatine

    Gelatine


     
  17. Gelatine: castagna, mela cotogna e frutta essiccata, con salsa all’arancia e cachi. Foglia di cacao, crostatina ripiena di confettura di mela cotogna, consommé di mela cotogna caldo. Che bella l’idea di offrire un dessert a base di gelatine: una mossa coraggiosa, ma stimolante e appagante.
     
  18. Tacos di meliga, crema chantilly, polvere di mais, purea di uva fragola. Sorbetto di Barolo Chinato. La conclusione è lineare, per nulla stucchevole, con quel sorbetto che rinfresca e rimanda alla grande terra in cui ci si trova (le Langhe).
     
  19. Piccola pasticceria: Torta di nocciole, Mandarini, Crepes fragrante con caramello di carota e crema di nocciole, Marshmallow con crema al limoncello e zest di lime, Dattero, Latte + (omaggio ad Arancia Meccanica: latte, grappa di moscato e vaniglia). La chiusura non poteva che essere fatta di iconiche dolcezze, come la torta di nocciole e il Latte +, ormai simboli di Piazza Duomo. Buonissima anche la crepe con il caramello di carota.

Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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