08-12-2023

L'oca in cucina? Tutt'altro che un gioco

Sebbene non sia una presenza assidua sulle nostre tavole, la tradizione gastronomica del pennuto affonda le sue radici in tempi remoti ed evolve, fino alle goduriose interpretazioni contemporanee dello chef Nicola Bonora

L’oca: grossa, grassa, bianca, il suo peso aumenta in maniera esponenziale in un tempo molto breve dalla nascita; ha un grasso dolce, le sue carni un sapore deciso e per questo fa fatica a diventare “ospite abituale” delle tavole italiane ( a cui si aggiungono i limiti dell'allevamento artigianale - non più di 4 capi al giorno possono essere macellati, Cucina Milanese Contemporanea).

Eppure l’oca si è ritagliata un posto d’onore in banchetti succulenti di specifiche aree (oltre che in occasione di numerose ricorrenze) del Bel Paese, soprattutto nella fascia settentrionale e in qualche regione del centro, come l’Umbria o le Marche, che invitano a convivio il candido pennuto prima a Ferragosto “che fa rima con arrosto”, per poi ritrovarlo un po’ più avanti, nel mese di novembre per celebrare come si deve la fine del raccolto, la festa di San Martino: portata prediletta l’oca.

Dopotutto, è stato uno dei cibi prediletti dai contadini perché sostanziosa e “utile” nella sua interezza - carni, uova, ma non dimentichiamo anche le piume dell’oca - ragion per cui, essendo il volgo il consumatore per eccellenza, manca una corposa memoria scritta di ricette. Eppure qualche traccia sopravvive perché la storia gastronomica di questo volatile risale agli albori dell’umanità, e spesso si intreccia a una trama fitta di simboli e spiritualità: per esempio, in epoca egizia, l’oca è sì il sacro messaggero di forze soprannaturali, ma anche ingrediente ideale per conserve nutrienti; nell’Antica Grecia è a tutti gli effetti una fonte di sostentamento per chi coltiva i campi, allevata assieme alle galline nelle aie domestiche, mentre agli abitanti della città non resta che accontentarsi del maiale, molto meno costoso all’epoca.

E arriviamo a Roma, l’Impero, la capitale del mondo, lì dove l’oca non sarà più la stessa: merito di Apicio, il gastronomo e cuoco romano, la cui fama lo precede per il trattato “De re coquinaria”, ma anche per essere - molto probabilmente - l’ideatore di una leccornia cara alle tavole dei gourmand, compagno ideale di pan brioche appena tostati: signore e signori, il foie gras. Alimentando le oche con i fichi secchi provenienti dalle regioni meridionali dell’Impero, il fegato si ingolosisce, il gusto si arricchisce, merito della dolcezza che apporta il frutto: quindi, se iecor è il fegato, iecor ficatum, è il fegato d’animale ingrassato con i fichi, e non è un caso che la parola di quest’organo, oggi, derivi proprio da questa antica usanza (da ficatum a “fegato”, con ritrazione dell’accento). Sempre di Apicio è il suggerimento di servire le carni d’oca “al lesso”, calde con salsa fredda e bianca a base di “pepe, carvi, cumino, semi di sedano, timo, cipolla, radice di laser (il silfio), mele, aceto, savore (termine arcaico per definire il sale) e olio”.

Ora, se c’è un popolo che più di altri ne ha fatto uso abituale e continua a farne con regolarità, questo è il popolo ebraico per i quali l’oca, in termini di utilizzo, vale un po’ come il maiale, vietato dalla cucina kasher secondo quanto interpretato nel libro del Levitico:

(…) Ma tra quelli che ruminano e tra quelli che hanno l'unghia spartita, non mangerete questi: (…)7 il porco, perché ha l'unghia spartita e il piede forcuto, ma non rumina; lo considererete impuro

Dopotutto, rimanendo a casa nostra, è Pellegrino Artusi, il gastronomo italiano del 1800, a concentrarsi nei suoi scritti sul bianco uccello, che fa la sua fortuna tra gli ebrei come degno sostituto del maiale, e così racconta:

«L’oca domestica, in confronto delle specie selvatiche, è cresciuta in volume, si è resa più feconda e pingue in modo da sostituire il maiale presso gl’Israeliti. Come cibo io non l’ho molto in pratica, perché sul mercato di Firenze non è in vendita e in Toscana poco o punto si usa la sua carne; ma l’ho mangiata a lesso e mi piacque. Da essa sola si otterrebbe un brodo troppo dolce; ma mista al manzo contribuisce a renderlo migliore se ben digrassato. (…) In Germania si cuoce arrosto ripiena di mele, vivanda codesta non confacente per noi Italiani, che non possiamo troppo scherzare coi cibi grassi e pesanti allo stomaco».

Sempre d’oca (o in alternativa di pollo) è lo schmalz, il grasso utilizzato dalle popolazioni ebraiche nordoccidentali (pensiamo agli aschenaziti) in sostituzione a oli vegetali (costosi e di non facile reperibilità in Nord Europa) o burro, considerato che è vietato mischiare carne e latticini. Poi dall’Europa all’Italia, in Lomellina, e più precisamente a Mortara, in provincia di Pavia, patria assoluta dell’oca e del suo salume, in realtà un misto di carni suine e anserine, che costituiscono solo un terzo dell'intero insaccato.

E in cucina? Leggiamo di deliziose interpretazioni che seguono il filone della tradizione, per esempio, nel ritratto che ne offrono Cesare Battisti, chef del Ratanà (Milano) assieme al nostro Gabriele Zanatta nel loro Cucina Milanese Contemporanea, dove si legge di succulente Cosce d'oca confit (cotte nello stesso grasso dell'animale a bassa temperatura), ma soprattutto di una ricca Cassoeula d'oca, classica sì, ma sgrassata, ingentilita rispetto alla versione originale.

Una delle ricette a base d'oca che ritroviamo nel libro firmato da Cesare Battisti e Gabriele Zanatta, Cucina Milanese Contemporanea

Una delle ricette a base d'oca che ritroviamo nel libro firmato da Cesare Battisti e Gabriele Zanatta, Cucina Milanese Contemporanea

Per arrivare a interpretazioni che guardano oltre e tratteggiano "l'oca del futuro" o di un fecondo presente, l’oca di chi non è abituato a trattarla, soprattutto quando un cuoco è sardo e non si accontenta di un impiego parziale dell’ingrediente, preferendo investigarlo, sviscerarlo e proporlo dall’inizio alla fine di un pasto, dessert compreso.

Nicolo Bonora, chef al Motelombroso (Milano) ne ha fatto il suo habitat #2, una materia sulla quale battere la testa forse proprio perché a lui poco nota, scandagliando l’anatomia dell'oca e ricostruendo attorno a essa piccoli ecosistemi, tutti contraddistinti da sapori ben differenti, alternando freschezza, il gusto delle carni cotte in forno, vicino agli ossi, la "collosità" del grasso, ma anche la raffinatezza di un filetto, intatto, polposo dalla pelle croccante. Note acidule, consistenze sfilacciose, un collo fritto che sotto i denti suona come una trippa, e la tinta rancida del grasso, custodita nel manto voluttuoso e spesso di un purè. 

Filindeu in brodo d’oca, Parmigiano
Intrecciata, sottile, questa pasta puoi mangiarla lasciando che il consommé la ammorbisca o mangiarla nell'immediato, ancora croccante, sentendo la fitta trama sotto i denti; poi rotondità, il burro fuso della crosta di Parmigiano, potenza animale in un sorso di brodo con un finale di salvia

Tutte le foto dei piatti di Bonora sono a cura di @Tommaso Lisca

Filindeu in brodo d’oca, Parmigiano
Intrecciata, sottile, questa pasta puoi mangiarla lasciando che il consommé la ammorbisca o mangiarla nell'immediato, ancora croccante, sentendo la fitta trama sotto i denti; poi rotondità, il burro fuso della crosta di Parmigiano, potenza animale in un sorso di brodo con un finale di salvia

Tutte le foto dei piatti di Bonora sono a cura di @Tommaso Lisca

Chips di zampa d’oca, insalata di porri alla brace, cima di rapa, finger lime
La zampa viene prima stracotta, si separa dalla parte cartilaginea; si ottiene una pasta che viene essiccata e soffiata. In cima, salsa di porro alla brace, erbette amare e finger lime. Immaginiamo il gusto di una pelle saporosa, croccante all'ennesima potenza, poi freschezza succosa, dissetante del finger lime

Chips di zampa d’oca, insalata di porri alla brace, cima di rapa, finger lime
La zampa viene prima stracotta, si separa dalla parte cartilaginea; si ottiene una pasta che viene essiccata e soffiata. In cima, salsa di porro alla brace, erbette amare e finger lime. Immaginiamo il gusto di una pelle saporosa, croccante all'ennesima potenza, poi freschezza succosa, dissetante del finger lime

Radicchio, coscia e ali fumè, kombucha di mela verde
Ala e coscia vengono stracotte, unite al radicchio, sormontate da una bernese morbida, leggera; il tutto viene ricoperto, "fortificato" da un ulteriore strato di radicchio in conservazione acetica e, in cima, polvere di lampone. La carne si sfilaccia, addolcita dalla cottura lunga; il palato è ripulito dalla spinta acida, intrattenuto dalla foglia croccante e rinfrescato da una kombucha di mela verde e tonica che, col suo amaro, fa la eco al radicchio

Radicchio, coscia e ali fumè, kombucha di mela verde
Ala e coscia vengono stracotte, unite al radicchio, sormontate da una bernese morbida, leggera; il tutto viene ricoperto, "fortificato" da un ulteriore strato di radicchio in conservazione acetica e, in cima, polvere di lampone. La carne si sfilaccia, addolcita dalla cottura lunga; il palato è ripulito dalla spinta acida, intrattenuto dalla foglia croccante e rinfrescato da una kombucha di mela verde e tonica che, col suo amaro, fa la eco al radicchio

Trippa di collo in umido e fritta
Trippa, ma trippa in realtà non è. Protagonista di questo piatto è, invece, il collo; anche in questo caso, in parte viene stracotto assieme alla cipolla, per ottenere una genovese, unta, persistente, dolce; in parte viene fritto, raggiungendo una consistenza gommosa che ricorda la trippa. Quando la masticazione diventa un amplificatore del gusto

Trippa di collo in umido e fritta
Trippa, ma trippa in realtà non è. Protagonista di questo piatto è, invece, il collo; anche in questo caso, in parte viene stracotto assieme alla cipolla, per ottenere una genovese, unta, persistente, dolce; in parte viene fritto, raggiungendo una consistenza gommosa che ricorda la trippa. Quando la masticazione diventa un amplificatore del gusto

Lorighittas, comodino, prezzemolo
Sono anelli, intrecciati, un (altro) piccolo grande capolavoro di artigianato sardo; sull'isola mangiano questo formato soprattutto in occasione di Ognissanti, mantiene un bel morso, una pasta che resta sempre al dente: lorighittas condite con fondo di frattaglie, ammorbidito dalla nota affumicata, stuzzicante della paprika; in chiusura, olio al prezzemolo e prezzemolo fermentato

Lorighittas, comodino, prezzemolo
Sono anelli, intrecciati, un (altro) piccolo grande capolavoro di artigianato sardo; sull'isola mangiano questo formato soprattutto in occasione di Ognissanti, mantiene un bel morso, una pasta che resta sempre al dente: lorighittas condite con fondo di frattaglie, ammorbidito dalla nota affumicata, stuzzicante della paprika; in chiusura, olio al prezzemolo e prezzemolo fermentato

Petto d'oca alla Rossini
Un classico: il petto viene arrostito, la sua pelle diventa croccante, la carne rosa brillante; viene servito con purè di patate mantecato con grasso d’oca che rilascia una nota rancida, una purea dal gusto molto animale, corposa, voluminosa, rustica. Quindi, foie maigre (una versione più leggera del foie gras, molto più naturale al palato), salsa alla Rossini e - opulenza terrosa - il tartufo

Petto d'oca alla Rossini
Un classico: il petto viene arrostito, la sua pelle diventa croccante, la carne rosa brillante; viene servito con purè di patate mantecato con grasso d’oca che rilascia una nota rancida, una purea dal gusto molto animale, corposa, voluminosa, rustica. Quindi, foie maigre (una versione più leggera del foie gras, molto più naturale al palato), salsa alla Rossini e - opulenza terrosa - il tartufo

Cannolo, ricotta, agrumi, cioccolato 
Ecco il ripieno classico di un cannolo - ricotta, agrumi, cioccolato -, non manca nulla, e anche la forma è quella di un cilindro farcito, se non fosse che quel cilindro, nel nostro caso, è l'esofago d'oca ( e ritorniamo alle analogie tra oca e maiale, se consideriamo che il cannolo tradizionale, in buona parte, è strutto e farina)

Cannolo, ricotta, agrumi, cioccolato
Ecco il ripieno classico di un cannolo - ricotta, agrumi, cioccolato -, non manca nulla, e anche la forma è quella di un cilindro farcito, se non fosse che quel cilindro, nel nostro caso, è l'esofago d'oca ( e ritorniamo alle analogie tra oca e maiale, se consideriamo che il cannolo tradizionale, in buona parte, è strutto e farina)

Crêpe alle erbe, caco, panna montata, castagne affumicate e caramello d’oca
Un caramello ricavato da un fondo d’oca molto ristretto, denso; riveste la crêpe, la irrora, la "ingrassa".. senza alterare però il gusto rotondo del cachi, la sottile nota di vaniglia del frutto e il fumo delle castagne alla brace; viene servita con una panna montata, grassa, latte pieno, ricco

Crêpe alle erbe, caco, panna montata, castagne affumicate e caramello d’oca
Un caramello ricavato da un fondo d’oca molto ristretto, denso; riveste la crêpe, la irrora, la "ingrassa".. senza alterare però il gusto rotondo del cachi, la sottile nota di vaniglia del frutto e il fumo delle castagne alla brace; viene servita con una panna montata, grassa, latte pieno, ricco


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre.  Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, oggi è narratrice di sapori per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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