08-07-2022
Pappardella coda e carciofi de la La Taverna di Bacco a Nettuno (Roma)
Ben oltre le tipiche trattorie di mare che spopolano a Nettuno, il gettonato seaside della capitale. La famiglia Villani, ormai 7 anni fa, mescola le carte e apre un ristorante che ancora oggi “disturba” chi arriva per mangiare la classica fritturina di calamari vista mare. Tanto per iniziare, La Taverna di Bacco non ha il mare. È in centro città ed è un luogo che pretende di geolocalizzarsi ovunque e da nessuna parte. Che coraggio. La pretesa di essere sé stessi e non la risposta commerciale al pubblico di habitué, pigro e pure un po’ seriale. Una proprietà che ha saputo irrompere negli schemi nettunesi e creare diversità. Ristorante italiano dalla tavola cosmopolita, speculare ai gusti colti e attenti di chi ci lavora. Dopo 7 anni, non senza sacrifici, i Villani hanno vinto. Superano il test del gourmand e di chi apre la porta con curiosità, senza sovrastrutture mentali.
Entrando, l’occhio arriva veloce sull’elegante parete-cantina. Più di 600 etichette, tra Francia e Italia, a cui viene riservato il meglio della cristalleria in fatto di calici. Ricordiamolo ancora una volta, non siamo a Roma, ma a Nettuno. Ci accolgono Lucia Villani e sua cognata Francesca Catanzani. Giovanissime, la sala è roba loro: al femminile, accogliente, senza sbavature. L’entusiasmo di chi non vede l’ora di mostrarti casa. Origini campane, eppure niente e nessuno sente la necessità di stereotipi. E poi c’è il lavoro di squadra, impossibile non notarlo: in un particolare momento storico per la ristorazione italiana – ci riferiamo alla difficoltà, presunta e reale, di reperire personale – La Taverna di Bacco impartisce una romantica lezione sul come fare a tenersi stretto lo staff. Gentilezza, gratificazione, coinvolgimento. Qui tutti fanno parte del progetto.
Filipe Augusto Dos Santos, natali brasiliani, formazione italiana
Particolare del dehors della Taverna
Cernia con garusoli e asparagi bianchi
RISTORANTE. Sette tavoli illuminati secondo i sacri concetti del lighting design. Mise en place nuda (senza tovaglie), atmosfera rilassante, marmo, legno, pietra viva, ampie vetrate. Piglio millimetrico eppure distensivo. Sicuramente hanno giovato gli anni che la proprietà ha speso in giro per l’Italia ad assaggiare le nostre migliori cucine. Hobby oggi coltivato più che mai: basta una giornata libera e i Villani prendono e partono. Su e giù per l’Italia ad aggiornarsi su quello che fanno gli altri e per stare bene. Il piacere della tavola buona, o gourmet che dir si voglia. Qualità che si alimenta dalla qualità degli altri. Notiamo le ceramiche. Sono firmate dall’artigiano Giovanni Cafaro di Cava de’ Tirreni, ma lo stile non somiglia a ciò che la mente si aspetta, nessun richiamo ai classici vietresi. L’artista che è in linea con il committente e viceversa, il sodalizio è stato inevitabile.
LA PROPOSTA. Due menu degustazione e scelta à la carte con poche proposte del giorno sempre diverse. Vibriamo di curiosità, liberi da qualsiasi aspettativa, pronti a farci sommergere di benessere. Intanto, grissini, pane caldo a lievitazione naturale (il lievito madre ha una base di ceci), olio, champagne e benvenuti a casa. Momento amuse bouche. Per noi, Pizza con acciughe, stracciatella e pomodorini confit, Tartelletta con pere e taleggio, infine Crocchetta con cinghiale. Il pesce, la carne, l’orto con grazia e nonchalance, lo chef non cerca etichette e gli riesce facile sollecitare le papille gustative. Finger food per aprire stomaco e mente. Realizziamo che siamo nel posto giusto per emozionarci. Ancora una volta.
Proseguiamo con gli antipasti e assaggiamo Gamberi rossi con tuorlo d’uovo, asparagi e caviale, completati con brodo freddo di zenzero e gamberi. A seguire, arriva un Carpaccio di cernia con fragole e basilico, e chiudiamo con Rana pescatrice, gel di limone, spuma di guanciale e caffè. Cerchiamo un fil rouge e lo troviamo nella freschezza. Il gusto è leggero, calibrato tra acidità e dolcezza e c’è dello stile asiatico nel gestire ingredienti locali e non.
Tra i primi piatti, per noi Pasta mista con pesce di scoglio, Tortello con acciughe, capperi e pomodoro, infine una maestosa Pappardella con coda e carciofi. Dobbiamo ripeterci. Si viaggia. Si parte da Nettuno con un biglietto aperto per il mondo.
Tortello di pesce, acciughe, capperi e pomodoro
Pasta “ammiscata” con pesce di scoglio, olive taggiasche e arancia
Rana pescatrice, gel di limone e guanciale
Carpaccio di cernia fragola fermentata e basilico
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1977. Nata ad Ischia, gli ultimi quindici anni li trascorre a Roma collaborando con le più note scuole di cucina della capitale. Esperta food&wine, collabora con riviste del settore scrivendo di ristoranti, grandi alberghi, prodotti di nicchia ed eroici produttori. Sommelier Ais, attualmente si divide tra Ischia, Napoli e Roma, sempre a caccia di nuove storie da raccontare