06-09-2021
Da sinistra Claudio Ceroni, Renato Bosco, Cristina Bowerman, Marco Pedron e Gabriele Zanatta
Riflessioni su forme e design, su estetica e sostanza del “piatto” che è al tempo stesso elemento gustativo e indispensabile supporto del cibo. E poi attenzione alla sostenibilità con ristoranti che diventano plastic free, l’importanza della luce negli ambienti e la voglia di mangiare senza posate per ritrovare il piacevole contatto con la materia. Ieri nel padiglione 4 del Supersalone ha preso vita un interessante Food Talk organizzato da Identità Golose, che ha acceso i riflettori sulla necessità che design e architettura dialoghino perché l’esperienza del pasto sia multisfaccettata, immersiva e sempre più emozionate.
Tre grandi interpreti dell’alta cucina italiana – Cristina Bowerman, Marco Pedron e Renato Bosco – insieme al giornalista Gabriele Zanatta hanno dimostrato come l’attrazione tra il mondo del cibo e quello del design sia di anno in anno più forte e ricca di possibilità di crescita. Il fine ultimo? «Aumentare il piacere per l’ospite a tavola» come dice, con la concretezza e la capacità di sintesi che la caratterizza, Cristina Bowerman.
Il giornalista Gabriele Zanatta intervista Cristina Bowerman durante il Food Talk di Identità Golose al Supersalone sul tema cibo e design
«Per noi essere presenti con le nostre Food Court è un bel riconoscimento e dimostra il crescente interesse del mondo del design e dell’architettura per il food – dice Claudio Ceroni, fondatore insieme a Paolo Marchi di Identità Golose -. A un tavolo si siedono non solo golosoni e affamati, ma anche professionisti di ogni settore e sappiamo bene quante relazioni possano nascere tra un brindisi e un assaggio. La convivialità è l’obiettivo ultimo e può essere raggiunto solo se l’ambiente, con le sue peculiarità, riesce ad essere coerente con la proposta gastronomica. Oggi è fondamentale che cuochi, ristoratori e architetti si incontrino a metà strada. Siamo certi che questo sia solo il primo passo per riflettere su questi temi, che verranno trattati ancora più approfonditamente al nostro Congresso Identità Milano 2021 dal 25 al 27 settembre al MiCo».
Un momento dei Food Talk di Identità Golose
In tempi di ripartenza, deve cambiare anche il punto di vista, come ricorda Gabriele Zanatta, che ha moderato il Talk. «L’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di stelle Michelin ma purtroppo l’investimento in design non sembra ancora essere all’altezza - spiega il giornalista -. Siamo in un momento di transizione in cui i professionisti del settore si stanno confrontando con un lusso che diventa sempre più essenziale e meno borghese».
E quale miglior voce sul tema della chef stellata e Presidente degli Ambasciatori del Gusto Cristina Bowerman, che per prima ha fatto scuola decidendo, in tempi non sospetti, di togliere la tovaglia nel suo Glass Hostaria di Roma.
Claudio Ceroni, fondatore insieme a Paolo Marchi di Identità Golose
«Il concetto che non dovremmo mai dimenticare, qualsiasi cosa facciamo, è che la bellezza ci rende migliori - spiega Bowerman -. E la bellezza è un elemento indispensabile anche nel mondo del cibo. La mia attenzione al design è maniacale e mi lascio guidare dalla “perfezione dell’imperfezione”. Basti pensare che scelgo personalmente ogni piatto – inteso come supporto – e spesso porto al ristorante piatti acquistati durante i miei viaggi in giro per il mondo. Ogni pezzo è unico, ogni pezzo racconta una storia e per me è come se fosse il settimo gusto. Ecco perché dico che nessun elemento va lasciato al caso. Si mangia prima con gli occhi, poi col naso e poi con la bocca. Ecco il legame inscindibile tra cibo, bellezza ed equilibrio».
Un grande palco nel cuore del Padiglione 4 del Supersalone ha ospitato gli chef di Identità Golose per un racconto dei nuovi trend che uniscono food, architettura e design
Arte che ritorna nel cibo e nella manualità necessaria a produrlo. «La brioche che presentiamo da Cracco in Galleria Vittorio Emanuele, ad esempio, è un triangolo isoscele che diventa rettangolo e si arrotola da un solo lato – racconta il pasticciere Marco Pedron -. Già da questo si capisce la nostra attenzione alla forma che diventa, già da sola, il nostro "marchio di fabbrica". La volontà di avvicinarsi all’arte è così insita nel nostro modo di lavorare che la mettiamo in atto in modo costante e automatico per raggiungere la perfezione. L’estetica e il contenuto diventano un tutt’uno, proprio come accade nel design dove la funzionalità e la bellezza sono coese. Inoltre penso sia importante oggi anche una riflessione sull’assenza, sul silenzio, sugli spazi vuoti: a volte serve un momento di sospensione per apprezzare al meglio le cose. Dobbiamo comunicare al cliente che il piatto che viene portato al tavolo è solo l’atto finale di una grande spettacolo che sta nel backstage».
Il pizza ricercatore Renato Bosco e il pasticciere Marco Pedron
Durante il Food Talk di Identità Golose si è parlato anche di pizza, non più ancella dell’alta cucina, ma vera e indipendente protagonista dello scenario gastronomico.
«In architettura si parla spesso di forma, ma pensate a quante forme inedite si possono ottenere da un semplice impasto a base di farina acqua lievito e sale – dice Renato Bosco, patron di Saporè e altri format di successo -. Oggi quando parliamo di pizza ci confrontiamo con geometrie e consistenze, di un alimento complesso capace di regalare un’esperienza a 360 gradi. La continua ricerca sui grani, fermentazioni e lievitazioni sta completamente cambiando la concezione della pizza, tanto che non penso che, in futuro, resterà rotonda. Da me, ad esempio, ho 7 pizze con 7 impasti per 7 forme diverse. L’evoluzione è costante e bisogna pensare in modo elastico per aprire nuovi orizzonti».
La discussione non poteva che toccare anche il tema della pademia e della sostenibilità: «Con il Covid tutti noi abbiamo capito che siamo far parte di un movimento più grande rispetto alle nostre vite quotidiane – dice Cristina Bowerman -. Abbiamo capito che possiamo fare la differenza per il Pianeta anche con piccole scelte, come l’acquistare o meno un bicchiere di plastica. Da parte mia, ho intrapreso il viaggio per trasformare Glass nel primo ristorante certificato Plastic free. Ci vorranno almeno 3 anni di lavoro ma sono fortemente intenzionata a farlo per dare un messaggio che la ristorazione può essere buona, sana, golosa e sostenibile».
Tra le tematiche, anche l’importanza del Light Design, cioè lo studio della luce nei locali e nei ristoranti per migliorare al massimo l’esperienza di fruizione del pasto. Senza parlare del fatto che, in tempi di Instagram, la possibilità di fotografare le pietanze diventa per alcuni ospiti un elemento imprescindibile. «Spesso si mangia in spazi troppi illuminati o troppo rumorosi, mentre è necessario creare un momento di comfort – dice Marco Pedron -. “Nel bistrot in Galleria abbiamo fatto uno studio preciso per capire l’influenza della luce esterna durante il giorno e la notte. Ad esempio, nel dehor, nell’orario serale abbiamo creato dei “buchi di luce”, in modo che le luci della Galleria non disturbino i clienti, sommandosi alle nostre interne. Tutto concorre a creare un’atmosfera piacevole e rilassante». «Nei miei locali ho chiesto l’aiuto di Davide Groppi per aumentare il comfort e valorizzare il contenuto del piatto, visto che frutto di un lungo lavoro e resta il nostro focus» gli fa eco Renato Bosco.
Le Food Court di Identità Golose al Supersalone ospitano i piatti di grandi chef
Tra i trend da tenere d’occhio, anche la voglia di mangiare senza le posate per sentirsi più liberi, dopo tante costrizioni.
«Mangiare con le mani è un gesto naturale che fanno i bambini – continua Bosco-. Siamo troppo condizionati da posate e forchette. Avere un contatto con la materia dà la possibilità di sentirne il calore, la croccantezza e la consistenza dell’alimento. Anche qui siamo in evoluzione. Se la pizza non sarà più rotonda, magari cambierà anche la forma delle posate. Il lock down ci ha insegnato che il vero lusso è la condivisione e il contatto diretto con la preziosa materia che mangiamo».
I protagonisti del Food Talk di Identità Golose
Esempio pratico di “design del cibo”, da assaggiare nelle Food Court di Identità Golose per tutta la durata del Supersalone, è proprio la Cheesecake di Marco Pedron. «Si tratta di una cheesecake da viaggio con una frolla sottilissima che fa da base a una gelatina semiliquida “in camicia” e da una crema soffice di squacquerone, caratterizzata da una cupola bassa perché la monoporzione sia facilmente trasportabile. La frolla è pensata per contenere gli eventuali liquidi interni che potrebbero cadere durante la degustazione. Di certo creare un dolce da mangiare con le mani che contenga una parte semiliquida, una croccante e una cremosa non è affatto facile, ma la pasticceria è contatto e pancia, e ora abbiamo bisogno di accorciare le distanze e di vivere con passione».
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore
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