19-11-2020

La ristorazione che resiste: in Sardegna, tra formule nuove, difficoltà e progetti per il futuro

Siamo andati sull'isola a parlare con molti dei suoi cuochi migliori: Deidda, Pomata, Fais, Atzeni, Marongiu, Serra, Vitale, Bosco, Ravarotto. E Ladu apre la sua nuova insegna

«Cosa fa l'uomo di mare quando c'è tempesta ed è al largo? Riduce la velatura e tiene la prua al vento», deve passare la buriana, insomma, e arrivare al porto sano e salvo. Non è quello il momento per fare i fenomeni. L'immagine ci viene evocata sull'asse telefonico Milano-Sardegna, la nostra idea è di raccontare la "ristorazione che resiste" nelle (poche) aree del Paese in cui gli chef possono ancora tenere aperto il loro locale, seppure solo a pranzo. Sono le cosiddette "zone gialle", oggi rimaste cinque in tutto salvo ripensamenti: Lazio, Molise, Veneto, Trentino (ma non Sud Tirolo) e appunto l'isola dei nuraghi, squassata dal Covid meno che altre parti d'Italia, ma non certo rimasta al riparo dalle polemiche sulla gestione della pandemia.

Dal Nord al Sud sardo, gli chef tengono duro, sperimentano nuove formule; provano a trovare il sistema giusto per reggere il momento, magari riducendo un po' lo staff. Perché l'imperativo è far stare a galla l'azienda. Primum vivere.

 

La nuova cucina, appena installata, di Mauro Ladu a Mamoiada

La nuova cucina, appena installata, di Mauro Ladu a Mamoiada

MAURO LADU - Eppure, in questo nostro viaggio, partiamo da una notizia positiva, da una scelta coraggiosa. Mamoiada è un borgo montano di 2.400 anime nel Nuorese, al centro dell'isola. Lì lo chef Mauro Ladu sta per coronare il suo sogno: aprire proprio dove è nato un nuovo ristorante, inaugurazione prevista per la fine della prossima settimana, «abbiamo appena spacchettato la cucina. Sono carico a mille». Il locale si chiamerà Abbamele Osteria, (abbamele ossia "acqua di miele", una specie di antichissima saba sarda, che deriva dal risciacquo dei favi smielati; si ottiene un liquido che va in riduzione per ore con scorze d'arancia). Ladu: «È un sogno cullato da tanto tempo, dopo venti anni passati professionalmente in giro per il mondo. Abbamele è un progetto di vita, condiviso con mia moglie. Nei piatti ci sarà il territorio; userò tecniche contemporanee per raccontare la tradizione e userò i grandi prodotti di quest'area». Abbamele sarà aperto, ovviamente per adesso solo a pranzo, proponendo un piccolo menu (due piatti a scelta tra quattro proposte, poi caffe, acqua e vino, tutto a 20 euro) e il degustazione di 6-7 portate con tre vini abbinati, a 60 euro complessivi (45+15 euro). Per il pranzo del weekend ci saranno invece sia la carta vera e propria che il degustazione. Ladu è entusiasta: «Abbiamo fatto tanti sacrifici... Ora siamo felici, anche se consci di vivere un periodo difficile. Spero che la mia scelta di aprire comunque dia un briciolo di speranza a tutti. Per il resto, non mi aspetto certo che ci sia la fila fuori, per carità. Ma mi piace intanto poter riprendere a lavorare e creare, spero, qualcosa di bello».

 

LUIGI POMATA - Dalla campagna di Mamoiada al capoluogo, Cagliari. Luigi Pomata ha le idee chiare: «Quando vai in bicicletta, lo sguardo non è sulla ruota, ma dieci metri più avanti». Bisogna insomma cercare di cogliere le prospettive e decidere in base a questo, «abbiamo fatto scelte per salvaguardare la mia squadra. Purtroppo non ho potuto rinnovare il contratto a tutti quelli ai quali scadeva, perché non potevo garantire loro il domani. Qui a Cagliari abbiamo chiuso il bistrot, e non lo riapriremo; il suo staff è andato a fare la stagione nel nostro locale di Carloforte, che quest'estate ha lavorato bene e ora è in consueta pausa autunno-inverno». Stessa situazione per la pizzeria Next, a Cagliari; così tutte le forze sono concentrate sul gastronomico Luigi Pomata, che funziona «sette giorni su sette, con un giorno di riposo per tutti e cassa integrazione a rotazione per lo staff. I numeri sono buoni, 45-50 coperti a pranzo durante la settimana non è poco, con formula business e gli extra che fan salire lo scontrino medio». Più il delivery specie nel fine settimana (da richiedere entro le ore 16). «In questa fase l'importante è chiudere le giornate in pareggio, bisogna limitare i danni e ci stiamo riuscendo, sono piuttosto soddisfatto, soprattutto perché riesco a pagare fornitori e dipendenti».

 

Un piatto di Stefano Deidda

Un piatto di Stefano Deidda

STEFANO DEIDDA - Rimaniamo a Cagliari. Stefano Deidda col suo Dal Corsaro è l'unica stella isolana "stabile", l'altra è quella di Italo Bassi in Costa Smeralda, prettamente estiva. «Inizialmente tenevamo aperto tutta la settimana, sia al bistrot che all'insegna stellata. Poi ho notato come la gente mi desse spesso flessibilità di data, "voglio venire a mangiare da te, quando è possibile?". E allora adesso concentriamo tutto il lavoro solo sui pranzi di venerdì, sabato e domenica, utilizzo gli altri giorni della settimana per creare nuovi piatti, pensare i menu, insomma studiare. Metto a frutto in questo modo il tempo, così mi porto avanti». La risposta della clientela è buona? «Non è male, considerando le difficoltà. Lavoriamo nonostante tutto, anche se ovviamente il mio ristorante è più vocato alla cena. Però vedo persone che si fanno anche 300 km di strada, attraversano tutta l'isola, pur di venire a pranzare qui. È un piacere e un onore per me, li ringrazio». Né Dal Corsaro né il bistrot Fork fanno delivery; asporto solo su richiesta: «Mi son fatto due calcoli: a Cagliari abbiamo il maggior numero di ristoranti per abitante in Italia, il mercato è troppo inflazionato. Credo di sfruttare meglio il tempo in altro modo, corazzandosi per essere pronti, freschi e con idee interessanti quando si ripartirà davvero».

 

MASSIMO BOSCO - Andiamo a Nord, a Tempio Pausania. Qui il pizzaiolo Massimo Bosco traccia uno scenario incoraggiante: «Il nostro locale era aperto solo a cena, ma già prima del lockdown di marzo captavamo segnali incoraggianti per poter proporre anche il pranzo. Lo stiamo facendo ora, abbiamo riorganizzato tutto, ed è stata una bella mossa: stiamo lavorando molto e quasi tutto su prenotazione». In tanti - racconta Bosco - vengono da fuori apposta: «Domenica ho fatto 80 coperti. La capienza della sala è di 32 persone, ben distanziate, con tutte le misure di sicurezza. Ma per fortuna disponiamo anche di tavoli all'aperto, in due portici coi funghi riscaldanti: i clienti preferiscono stare lì, si sentono più tranquilli». Lo staff della pizzeria è praticamente invariato, «ho dovuto mettere un solo ragazzo in cassa integrazione, il minimo indispensabile per reggere». Funzionano anche delivery e asporto, la sera, «ma noi lo facciamo da 14 anni, non è una novità. Credo che in questi momenti complicati occorra cercare di comunicare un po' di ottimismo, sennò la gente si deprime».

 

Un piatto di Roberto Serra

Un piatto di Roberto Serra

ROBERTO SERRA - Ad Abbasanta, in provincia di Oristano, lo chef Roberto Serra sta approfittando di questo periodo per rifare completamente il suo Su Carduleu: «Il cantiere è in corso. Un progetto ambizioso, praticamente la struttura triplicherà gli spazi. Tutto nuovo, avremo anche una grande cantina per degustazioni o cene private, e un parcheggio. L'architetto che sta seguendo i lavori è molto bravo, io stesso sono impegnato a "personalizzare" le scelte: cucina a vista, bei tavoli, arredi sardi in legno di castagno o noce dell'Ogliastra...». La riapertura è slittata di qualche mese causa Covid, «pensavamo a marzo 2021, probabilmente sarà invece giugno». Intanto Serra cucina nella sua nuova Trattoria Sarda Armidda, 35 coperti, inaugurata il 10 agosto scorso, 200 metri dal Su Carduleu del quale ha ereditato i macchinari: cucina sarda della tradizione, «mi diverto molto con le frattaglie, il quinto quarto di bovino, agnello e pecora. E poi Tortelli ripieni di bue e funghi, manzetta locale... Sta andando bene, domenica e sabato siamo sempre pieni, la gente stappa cannonau, ma anche vini piemontesi, toscani, o Champagne...».

 

LEONARDO MARONGIU - A un quarto d'ora da Abbasanta c'è Macomer, con il ristorante Hub di Leonardo Marongiu. Aperto a pranzo, sì asporto, no delivery. Spiega lo chef: «Mesi fa, durante l'estate, ho fiutato un poco l'aria, ho capito che le restrizioni sarebbero tornate e ho quindi deciso di concentrarmi sul miglioramento del servizio a pranzo». Hub è un locale che lavora(va) molto con la gente di passaggio sulla statale 131, professionisti a metà strada tra Sassari e Cagliari. Il flusso è ovviamente diminuito e l'insegna un po' ne risente: «Prima i 30-40 coperti erano la norma, ora i numeri sono più altalenanti». Marongiu ne approfitta per «fare cultura gastronomica, questa ad esempio è la settimana che dedichiamo al tartufo bianco d'Alba, cerchiamo di dare una mano alla filiera italiana, ho mio fratello che ha un ristorante in Piemonte...». Lo staff è dimagrito, una persona meno in sala e una in cucina, «le abbiamo reimpiegate nelle mense gestite dalla cooperativa Progetto H, della quale anche Hub fa parte». Ed è congelato il grande progetto - ristorante e posti letto - che Marongiu ha avviato a Cuglieri, verso il mare: «Attendiamo che passi questa tempesta».

 

Un piatto di Davide Atzeni (foto Gianna Melis)

Un piatto di Davide Atzeni (foto Gianna Melis)

DAVIDE ATZENI - Un'ora d'auto verso Sud e da Macomer si arriva a Sanluri. Qui Davide Atzeni il 23 luglio 2019 ha aperto il suo Coxinendi. Ora ha rimodulato l'offerta per far fronte alle difficoltà: «Lavoriamo a pranzo tutti i giorni tranne il lunedì. Dal martedì al giovedì proponiamo un menu semplice - tutto fatto in casa, pasta e pane compresi - che prevede due antipasti, due primi e altrettanti secondi. Da venerdì a domenica, invece, c'è la carta e il degustazione. Abbiamo anche iniziato a proporre dei corsi di cucina, sette lezioni da tre ore l'una. Insomma, ci diamo da fare». Coxinendi non fa asporto («A Sanluri sarebbe complicato avere riscontri»); quindi Atzeni impiega il tempo rimanente «organizzando meglio l'orto per creare nuove esperienze quando potremo tornare a lavorare normalmente. Non ci fermiamo di certo. Adesso abbiamo più tempo per pensare il futuro».

 

PIERLUIGI FAIS - Torniamo a Cagliari. Lì Pierluigi Fais ha dovuto riconvertire completamente le sue tre stretture, ossia il ristorante Josto, la pizzeria Framento e la nuova macelleria-gastronomia Etto, aperta nel dicembre scorso (bruschette con ragù, polpette al sugo, insalata di bollito, pollo fritto, fritto misto di polpette e crocchette...). «Queste settimane sono state sfiancanti, abbiamo dovuto riorganizzare tutto il lavoro, teniamo conto che Framento e Josto erano aperti solo a cena, e anche da Etto la somministrazione di piatti avveniva solo nelle ore serali». Quindi, svolta a 180°, con la paura «che possa servire a poco. Ci stiamo provando, un lockdown più pesante sarebbe peggio, ma è ugualmente dura». Tutti e tre i locali sono ora aperti a pranzo, Framento ed Etto fanno anche delivery (pranzo e cena). «Siamo in leggera crescita. Teniamo conto che non avevamo mai fatto delivery prima, così abbiamo anche dovuto modificare l'impasto della pizza per renderlo più "resistente" al trasporto. I risultati iniziano ad arrivare, ma ci sono le incognite su quanto durerà questa situazione e ciò non ci fa dormire sonni tranquilli».

 

Una pizza del Sa Scolla

Una pizza del Sa Scolla

FRANCESCO VITALE - Quelli del Sa Scolla, nelle due sedi di Baradili e Cagliari, hanno avuto ottimi risultati in estate («Persino migliori rispetto all'anno scorso»), quando avevano peraltro deciso di tenere i locali chiusi a pranzo, prudenzialmente, «dopo il lockdown eravamo ripartiti con qualche dipendente in meno - spiega lo chef Francesco Vitale - Ci siamo dati tutti molto da fare, siamo un gruppo coeso, c'è attaccamento all'azienda e abbiamo quindi lavorato bene». In questa nuova fase hanno dovuto di nuovo stravolgere tutto. «Baradili oggi è chiuso. Ci concentriamo su Cagliari. Qui Sa Scolla è chiusa a pranzo, ma lavoriamo molto con asporto e delivery a cena: siamo tutti in giro a consegnare pizze, soprattutto dal venerdì alla domenica. A volte superiamo persino i risultati dello scorso anno». A gestire il trasporto sono gli stessi dipendenti del Sa Scolla, «abbiamo deciso di non rivolgerci a un'azienda esterna. Sarebbe stato più semplice, ma avremmo perso il rapporto diretto col cliente, invece ci teniamo molto a mantenere il legame. E poi sappiamo gestire meglio i problemi e gli eventuali errori». Quelli di Sa Scolla approfittano dei tempi morti per far ricerca: «Da maggio abbiamo un nuovo impasto per la pizza; abbiamo avuto il tempo di studiarlo, e funziona bene anche per il delivery. Usiamo la biga e questo ci aiuta a mantenere un tocco di croccantezza in più».

 

MARINA RAVAROTTO - Chiudiamo, sempre a Cagliari, con l'unica donna chef di questo nostro giro per l'isola, Marina Ravarotto del ChiaroScuro. «Il momento non è facile per noi, la gente in questo periodo tende a voler stare più all'aperto, va al Poetto, noi non abbiamo spazi open air, insomma la capisco. Ma certo non molliamo». ChiaroScuro è aperto a pranzo dal venerdì alla domenica, fa anche asporto del menu alla carta, su prenotazione, sia a pranzo che a cena, quando è necessario si fa carico anche del delivery. «Speriamo che ci facciano aprire almeno per il pranzo di Natale, ovviamente in sicurezza- In questo momento per noi sarebbe il regalo migliore».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Carlo Passera

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Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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