Alessandro Perricone
Finocchio, liquirizia e cioccolata di Antonia Klugmann
Dall'Italia Sempre più viaggi di gusto! Cosa ci ha spiegato il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2023
Lo specchio d'acqua antistate la Taverna del Porto a Tricase Porto sulla costa adriatica salentina
Qui in Salento, in ogni angolo abitato, c’è un agire maniacale legato alle tradizioni ai fornelli che si tramanda da secoli e che viene rispettato con estrema cura anche dalle più giovani generazioni. E’ per questo che, ristoratrice salentina a Milano, non resisto allo spettacolo offerto dai pubblici esercizi della mia terra.
Davide Oldani nel suo libro Le D’Onne lo sanno, consacra una nuova figura di donna in cucina che sempre più si afferma in questo nuovo scenario socio-culturale, una donna non più dedita ai fornelli e a tutto ciò che concerne la gestione del proprio focolare come scelta di vita, ma che sceglie piuttosto di realizzare le proprie passioni, di raggiungere traguardi ambiziosi con un nuovo approccio verso cibo, cucina e sana alimentazione.
Floriano Pellegrino (a sinistra) e Isabella Potì, i Bros a Lecce sono loro. Foto Brambilla-Serrani
Per un intero decennio però, il Salento è stato preso d’assalto da un turismo mordi e fuggi, un turismo attratto quasi esclusivamente dalle splendide coste, dagli interminabili km di spiagge affollate da caotiche discoteche a cielo aperto e in questo scenario tutto il patrimonio artistico, intellettuale, gastronomico e spirituale è stato quasi soffocato. Iniziano così a proliferarsi innumerevoli pseudo-trattorie che sanno di tutto e di niente, che stilano menu cosiddetti
Solaika Marrocco, chef del Primo Restaurant a Lecce. Foto Brambilla-Serrani
E così mentre si assiste alla commercializzazione della costa, iniziano a destarsi gli animi di chi è rimasto rifugiandosi nell’entroterra, perché il Salento è sì terra di mare, ma anche e soprattutto patria di campagna, di afose, rosse distese, di orti morbosamente curati da spalle ricurve e mani callose, da filari interminabili di primitivo, di negroamaro. Il Salento è secolari muretti a secco, pajare che custodiscono al loro interno grappoli coloratissimi di “pennule”, le bianche case di calce e le nonne con “le fiche cu le mendule”, “la passata de pummadoru”, le caroselle, i “boccacci coi sottolii”.
Daniela Montinaro, chef e titolare delle Macare ad Alezio
Ancora più giù, quasi dove s’incontrano i due mari, a Tricase Porto, Alessandro Coppola, con dovizia di particolari, nella sua Taverna del porto, è riuscito a fare una perfetta commistione tra mare e campagna, il pesce freschissimo viene abbinato ai prodotti della nostra terra e questo sodalizio perfetto suggella nel profondo di ogni cuore quell’appagamento e quella pace di cui tutti abbiamo bisogno.
Nonna Iolanda, il motore della trattoria che a Lucugnano poorta il suo nome
Questa è e sarà la forza del Salento, il filo diretto tra contadini e giovani chef, fra aziende agricole e ristoranti che della materia prima, viva, ne fanno un’opera d’arte senza snaturarla. Questa è la direzione giusta, da prendere a esempio.
Francesca Micoccio, salentina autentica, muove da Presicce la sua passione per l’humus patrio e così a Milano diventa l’anima, insieme al marito Antonio, di tre angoli di casa che lei ama definire osterie contemporanee, meta fissa di salentini nostalgici e milanesi appassionati di cucina di territorio.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose