21-09-2019

Le tradizioni salentine vanno rispettate

Troppo spesso ai turisti sono proposte vuote parodie. Le belle storie di Bros, Solaika, Macare, Iolanda e Taverna del Porto

Lo specchio d'acqua antistate la Taverna del P

Lo specchio d'acqua antistate la Taverna del Porto a Tricase Porto sulla costa adriatica salentina

Qui in Salento, in ogni angolo abitato, c’è un agire maniacale legato alle tradizioni ai fornelli che si tramanda da secoli e che viene rispettato con estrema cura anche dalle più giovani generazioni. E’ per questo che, ristoratrice salentina a Milano, non resisto allo spettacolo offerto dai pubblici esercizi della mia terra.

Davide Oldani nel suo libro Le D’Onne lo sanno, consacra una nuova figura di donna in cucina che sempre più si afferma in questo nuovo scenario socio-culturale, una donna non più dedita ai fornelli e a tutto ciò che concerne la gestione del proprio focolare come scelta di vita, ma che sceglie piuttosto di realizzare le proprie passioni, di raggiungere traguardi ambiziosi con un nuovo approccio verso cibo, cucina e sana alimentazione.

Floriano Pellegrino (a sinistra) e Isabella Potì, i Bros a Lecce sono loro. Foto Brambilla-Serrani

Floriano Pellegrino (a sinistra) e Isabella Potì, i Bros a Lecce sono loro. Foto Brambilla-Serrani

In questo lembo di terra baciata da due mari, bruciata dal sole quasi tutto l’anno e accarezzata da un vento che la rende unica, la regola piuttosto è “Le nonne lo sanno”. E grazie al cielo ancora oggi le nonne custodiscono i segreti per rendere magici piatti semplici, invidiati in tutto il mondo.

Per un intero decennio però, il Salento è stato preso d’assalto da un turismo mordi e fuggi, un turismo attratto quasi esclusivamente dalle splendide coste, dagli interminabili km di spiagge affollate da caotiche discoteche a cielo aperto e in questo scenario tutto il patrimonio artistico, intellettuale, gastronomico e spirituale è stato quasi soffocato. Iniziano così a proliferarsi innumerevoli pseudo-trattorie che sanno di tutto e di niente, che stilano menu cosiddetti

Solaika Marrocco, chef del Primo Restaurant a Lecce. Foto Brambilla-Serrani

Solaika Marrocco, chef del Primo Restaurant a Lecce. Foto Brambilla-Serrani

tradizionali, ma che della tradizione non hanno proprio nulla, perché ormai la tradizione è stata mistificata, la tradizione è diventata moda. Fioccano menù a 20 o 15 euro, addirittura a 10, il turista esce a panza piena, ma vuoto nella testa.

E così mentre si assiste alla commercializzazione della costa, iniziano a destarsi gli animi di chi è rimasto rifugiandosi nell’entroterra, perché il Salento è sì terra di mare, ma anche e soprattutto patria di campagna, di afose, rosse distese, di orti morbosamente curati da spalle ricurve e mani callose, da filari interminabili di primitivo, di negroamaro. Il Salento è secolari muretti a secco, pajare che custodiscono al loro interno grappoli coloratissimi di “pennule”, le bianche case di calce e le nonne con “le fiche cu le mendule”,  “la passata de pummadoru”, le caroselle, i “boccacci coi sottolii”.

 Daniela Montinaro, chef e titolare delle Macare ad Alezio

 Daniela Montinaro, chef e titolare delle Macare ad Alezio

“Le nonne lo sanno”, è da qui che alcuni giovani salentini sono partiti per dar vita a quelle che oggi sono ancora poche, ma eccellenti realtà in cui l’innovazione trova salvezza nella tradizione. Vantiamo la prima stella Michelin che il “cazzuto” (scusate, ma così ama definirsi) Floriano Pellegrino dal suo ristorante Bros di Lecce, ha voluto regalare al territorio insieme a Isabella Potì, donna giovanissima con forza prorompente e bellezza disarmante. Sempre a Lecce, Solaika Marrocco, anche lei ventenne, dal Primo Restaurant muove i suoi passi in una direzione in cui osare e sperimentare nuovi accostamenti con materie prime di altissima qualità, è il mezzo per ritornare alla tradizione e al tempo stesso esaltarla.

Addentrandosi poi nel più basso Salento, nel cuore dei Borghi di San Mauro, in prossimità delle campagne gallipoline, Daniela Montinaro, alle Macare ad Alezio, fa della tradizione la sua bandiera, ma con una chiave di lettura fresca, rinnovata, dinamica, grazie anche all’influenza dei figli che la affiancano in cucina e in sala.

Ancora più giù, quasi dove s’incontrano i due mari, a Tricase Porto, Alessandro Coppola, con dovizia di particolari, nella sua Taverna del porto, è riuscito a fare una perfetta commistione tra mare e campagna, il pesce freschissimo viene abbinato ai prodotti della nostra terra e questo sodalizio perfetto suggella nel profondo di ogni cuore quell’appagamento e quella pace di cui tutti abbiamo bisogno.

Nonna Iolanda, il motore della trattoria che a Lucugnano poorta il suo nome

Nonna Iolanda, il motore della trattoria che a Lucugnano poorta il suo nome

Merita d’essere menzionata, per una mia personalissima riflessione, Trattoria Iolanda a Lucugnano, perché mamma Iolanda, ultra ottantenne, è la tradizione, ancora nel retro del suo laboratorio a “scanare la pasta”, a trasformare i prodotti della sua azienda agricola in sottoli senza eguali e a deliziare i fedeli clienti con “lu pane rrustutu allu focu cu li pummidori de pumu”.

Questa è e sarà la forza del Salento, il filo diretto tra contadini e giovani chef, fra aziende agricole e ristoranti che della materia prima, viva, ne fanno un’opera d’arte senza snaturarla. Questa è la direzione giusta, da prendere a esempio.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Francesca Micoccio

Francesca Micoccio, salentina autentica, muove da Presicce la sua passione per l’humus patrio e così  a Milano diventa l’anima, insieme al marito Antonio, di tre angoli di casa che lei ama definire osterie contemporanee, meta fissa di salentini nostalgici e milanesi appassionati di cucina di territorio.

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