Quando parli con lo chef Seby Sorbello ti sembra di conversare contemporaneamente con un cuoco, un contadino esperto, un bravo pescatore e un ottimo artigiano: si percepisce la conoscenza approfondita delle materie prime usate nella sua cucina, la grande importanza che conferisce alla stagionalità delle stesse e la rappresentatività che esse hanno per il territorio.
La sua firma nei piatti è l’uso di erbette spontanee che crescono alle pendici dell’Etna, sapientemente raccolte a mano. E la sua stagione preferita, neanche a dirsi, è l’autunno, la stagione più ricca di doni dal terroir lavico che, dopo le prime piogge, sprigiona tutta la sua mineralità e conferisce ai suoi frutti un gusto particolare che lo chef a sua volta traspone nelle portate del ristorante Sabir Gourmanderie di Zafferana Etnea (Catania).

Lo chef con la sua brigata
«Un’erbetta spontanea a ottobre non avrà lo stesso gusto della stessa erbetta in primavera, così come un’alice pescata a ottobre non avrà mai lo stesso sapore di un’alice pescata a luglio, quando il mare è più caldo. Sono piccoli dettagli che in cucina fanno la differenza e per me sono prioritari».
Così come prioritario per lo chef Sorbello è lo studio e il lavoro di ricerca: il nuovo menù d’autunno è frutto di un percorso iniziato esattamente un anno fa, un lavoro impegnativo dal quale sono scaturite circa trenta portate che rappresentano a pieno la stagione in cui siamo e il territorio in cui ci troviamo: «Questo autunno è stato spettacolare: ho trovato asparagi selvatici che non vedevo da circa dodici anni, anche il profumo del finocchietto selvatico è molto più intenso rispetto agli anni passati; è stata una stagione molto piovosa che ha reso il territorio più rigoglioso».

Gambero rosso di Mazara con dadolata di ortaggi profumata al timo e fonduta di ragusano Dop al tartufo dell’Etna
Un tripudio di gusto tra i sapori, gli odori e i profumi etnei magnificati in dei piatti che, chiudendo gli occhi e provando ad annullare i nostri riferimenti esterni, ci farebbero geolocalizzare esattamente nel luogo in cui vengono realizzati, perfettamente contestualizzati.
Il primo piatto creato dallo chef per questo nuovo menù è Lo scampo si veste d’autunno: «Mi trovavo nella zona nord dell’Etna, verso Linguaglossa, l’area più vocata al vino, e osservando i vigneti mi venne l’idea di dare massima espressione all’uva in un periodo particolare quale quello del post vendemmia; iniziai a fare delle prove, tra le quali quella dello scampo in osmosi di uva e cannella che, insieme alle erbette selvatiche rappresentano la massima espressione di autunno etneo; la ricetta nasce anche per sfatare il mito che sull’Etna ci sia una cucina prevalentemente di carne, per noi il mare si trova solo a 10 km ed è un alimento particolarmente presente sulle nostre tavole».
Accanto alle novità trovano posto nel menu d’autunno anche i suoi “cavalli di battaglia”: il
Gambero rosso di Mazara con dadolata di ortaggi profumata al timo e fonduta di ragusano Dop al tartufo dell’Etna, l’omaggio alla neve -
Gelato al rosmarino su cialda di riso venere e “cannatedda”, unica erba spontanea dolce dell’Etna - e la
Zuppa di cassata - bisquit con ricotta, gelato al pistacchio di Bronte, salsa ai canditi e cioccolato modicano.

Gelato al rosmarino su cialda di riso venere e “cannatedda”
«Per me la cucina deve essere espressione del territorio e non può essere standardizzata; se c’è una pecca che posso trovare alla cucina moderna è proprio la tendenza all’omologazione: non si possono trovare ovunque capesante».
E proprio per rendere omaggio al territorio siciliano e offrire la sua interpretazione di uno dei cibi più rappresentativi dell’isola è nato anche l’Arancino evolution, presentato nel corso del Messina Street Food, declinato rigorosamente al maschile.
Storia, cultura e gastronomia si intrecciano per raccontare una pagina di Sicilia che nasce nel 1200 con
Federico II di Svevia: ghiotto di riso e di cacciagione, fece realizzare dal proprio cuoco di corte una pietanza che potesse portare con sé durante le battute di caccia: il risultato fu un timballo con tartufo, funghi porcini, prosciutto, cacio cavallo speziato con zafferano e cannella e panato con mollica alle erbette. Solo successivamente si arrivò alla forma tondeggiante odierna e all’uso del sugo e della carne a pezzi di vitello per poi giungere infine all’evoluzione secondo
Sorbello: la crosta di mollica di pane dell’arancino che racchiude un risotto mantecato agli agrumi e caliceddi, una delle tradizionali verdure etnee autunnali.
«L’evoluzione attraversa tutte le ricette della tradizione, è un passaggio spesso lento ma costante e fondamentale per adeguarsi alla società che cambia. La cucina tradizionale deve essere rispettata, deve essere proposta, ma deve anche essere resa contemporanea: cambiano le esigenze dei clienti, i tempi si evolvono e avere i paraocchi sarebbe sbagliato e oltretutto controproducente».