In ogni settore, tanto più in quello dell’enogastromia - in grande e costante espansione, come si sa - c’è la consapevolezza dell’emergenza. Una corsa a ostacoli, reale, che in ogni forma non trattiene l’adrenalina e il suo fascino. La questione è saperla gestire e valorizzarla, soprattutto se si opera in un contesto nuovo e silenzioso che grazie al solo “fenomeno lavoro” fa arrivare l’energia.
Ed è luce, i fuochi si accendono dal 2013 a Cascina Faletta, nel cuore del Monferrato. Qui, oltre a fare vino in una location da capogiro, c’è una cucina tradizionale e innovativa, gustosa e personale. Si va a fondo con la ricerca delle materie prime (a km 0) e chi compone i piatti l’energia la trasforma in gusto.
La forza d’animo dello chef novarese Paolo Viviani, classe 1967, lo porta a guadagnarsi il titolo nel 2000 di Cuoco emergente e successivamente nel 2006 il primo premio nelle Olimpiadi del Riso organizzato da L’Académie Internationale de la Gastronomie a Castellon de la Plana (Valencia). Il riso è quindi sicuramente un amico, un cereale che gli sorride sin dalla scuola primaria, quando lavora a La Paletta con la cuoca Giancarla come garzone.

Inizia presto, prestissimo a respirare la fatica della sala e della cucina a Novara tra gorgonzola e riso, come detto, compagno di avventura. E finisce che se ne innamora ed essendo poi il sesto di sette fratelli la scuola di cucina d’élite non è accessibile. E di certo la fabbrica è stretta per un’anima così esplosiva ed esplorativa. E poco importa ora perché la totalità della somma dei suoi talenti (umiltà, devozione al lavoro, attenzione e responsabilità) è maggiore. Emerge. È destinato.
C’è un di più che lo eleva oltre l’equilibrio nel suo silenzio. In ogni piatto c’è una base territoriale come la carne cruda, il vitello tonnato, la lingua e di rispetto al contesto in cui opera messi tutti a fuoco con quel quid personale, non replicabile. La creatività è in sospensione e si erge solo in occasioni speciali quando si può e si deve osare. Insomma un approccio d’intervento libero e ragionato che lo rende felice.
Oggi più che mai, dal 2015, quando arriva a
Faletta 1881 su chiamata di
Andrea Ribaldone dopo aver collaborato con lui e molti altri chef su e giù in giro per lo Stivale e in Calabria. Accetta perché ama le sfide e nel passaggio di mano capta l’esser in una zona piemontese di bel potenziale, con tutte le carte in regola per raggiungere la rampa di lancio.
Inizia a lavorare e comprende l’essenzialità di proporre ricette tipiche alle quali aggiunge la sua identità: i sapori nuovi delle cosiddette materie “povere” da lui tanto amate si scoprono con il cambio delle cotture e accostamenti apparentemente azzardati eppure tutti centrati. Come accade in una Quaglia presentata a doppia cottura con foie gras e foglie di papavero. E c’è sempre l’equilibrio con il miglioramento che avviene nel tempo e quasi da solo.
Il suono del lavoro silenzioso penetra nella sala-ristorante già all’assaggio del pane e dei grissini. E dagli amuse-bouche a seguire, la tradizione è presentata e preparata con tradizione e una sensibilità estetica giocata sull’ordine e quindi sui cerchi. Gli spazi e i piani sono sempre in armonia e stabili. Perché, se «le proprie fondamenta sono la cosa più importante, lo stesso vale per la creatività calibrata all’accessibilità, economica, di chi compra e vende. Ed è in questo c’è l’emergenza.
Di raccontare e rincuorarsi che la voglia di ritornare alla
Faletta è forte, soprattutto dopo i cambi di stagione quando arrivano nuovi ingredienti e relativi accostamenti ed elaborazioni. Tutti fatti divertendosi perché è proprio con quelli più “semplici” che si scoprono le energie di mano e mente. Espresse in un denso biscotto di parmigiano con carne cruda o in un burroso baccalà mantecato con patate croccanti a contrastare il sale, l’oleosità, e ancora in un sensazionale crudo di ricciola concentrato in un pacchero di intensità spiccata e delicata racchiuso in una pasta a cottura rigida esternamente e più morbida all’interno a fondersi con la burrata, la maionese di pomodoro ed estratto di olive. Fusione e complicità.
E finalmente è il riso che ci mette alla prova ed è la volta di provarlo con zafferano piemontese, purea di friarielli e gamberi di Mazara agli agrumi. Il risultato è una consistenza leggera, fragrante, fresca ed estiva che quasi ti proietta ai Tropici.
Quello di
Paolo è un lavoro costante volto a se stesso, un dialogo interiore. «La cucina è quel lavoro che ha reso orgogliosi di me i miei genitori. Traguardi e stabilità che hanno aiutato i miei fratelli». Il piatto più bello è l’immagine creata con le proprie mani senza rendersene conto. Che non resta che continuare a gustarselo insieme a un calice di bollicine italiane, un profilo frizzante di
Paolo Viviani da scoprire nel suo menu degustazione “dello Chef”. Appunto.
Faletta 1881
Regione Mandoletta, 81
Casale Monferrato (Alessandria)
+39.0142.670068 e +39.340.2943763
info@faletta.it
Chiuso lunedì e martedì
Prezzi medi: antipasti e primi 17 euro, secondi 23 euro