Wardour Street, quartiere di Soho, fermata della metropolitana più vicina Tottenham Court Road, una via che parte da Oxford Street e punta verso Leicester Square, una delle cento strade di Londra tappezzate di ristoranti, pub e fast-food. A ottobre saranno quattro anni che al numero 135 Rocco Princi ha aperto il quinto Princi, la sua prima golosa bottega londinese, socio il cinese Alan Yau, il cui nome è legato a capolavori di arte gastronomica come Hakkasan e Yauatcha, ma anche Cha Cha Moon che è un noodle chinese bar, sempre buono, più economico.
Princi ha messo l’anima italiana in un locale che Yau ha tarato sulle abitudini londinesi, che sono totalmente diverse dalle nostre. Uno ha un bel dire, un imprenditore italiano nella circostanza, che “o così o nulla”. Se non riesci a trovare un punto di equilibrio tra il tuo così e il cosà indigeno, gli imperativi di una metropoli che mangia sempre e offre a tutti una chance di successo, sei destinato alla chiusura perché la massa che ogni giorno affolla Londra certo non cambia suoi usi e i suoi costumi per dattarsi a te, se non usando come unità di misura temporale i decenni. Ma intanto tu, “oste talebano”…

Ettore Princi, secondogenito di Rocco e Pina Princi, nel negozio di Londra
Oggi giornata importante per l’insegna londinese di
Princi: apre al pubblico la pizzeria. Non che la pizza fosse assente, c’è sempre stata ma è la stessa dei
negozi di Milano: alta e in teglia, grande e rettangolare, perfetta per l’asporto o il consumo al momento, margherita, prosciutto, quattro formaggi, alle verdure... Un tot al chilo, la commessa taglia secondo indicazione del cliente che paga e decide il da farsi. A Milano (e in tutta Italia) c’è chi si fa tagliare il trancio in tocchi e se li mangia come e dove meglio crede, in piedi al banco, seduto al tavolino o camminando per strada, a volte pure a casa. A Londra non esiste, è diverso. Ha detto
Ettore Princi, figlio che fa la spola tra le due città “princi-pesche”: “A Londra nessuno si presenta al bancone anche fosse solo per bere un caffè, o vogliono essere serviti o si servono e si accomodano, e si prendono tutto il tempo che desiderano. Alan lo aveva detto subito a mio padre: mettere tavoli ovunque, altrimenti non entra nessuno”.
E i tavoli, in pietra e metallo, l’acqua che scende lungo il grande muro sulla destra, ci sono. Due anni fa furono persino cambiati di lunghezza e posizione, ruotati di 90° per guadagnare una dozzina di posti a sedere, ora circa 60. Complice il wifi, che capti senza problemi ed è pure gratis, chi si schioda più?
Giovedì la parte sinistra era un cantiere, lavori di rifinitura per accogliere la parte pizzeria dove prima veniva cotto il pane nel forno a legna, stesso forno, stesse farine e stesso legno di via Speronari. La lavorazione del pane è stata porta nell’interrato, il forno ripensato per cuocervi le pizze (a una temperatura superiore) e spostato da un muro che adesso non c’è più a quello dirimpetto alla strada. Davanti un piano lungo e largo per stendere i dischi e pizzarli con i vari ingredienti, pizza di stampo napoletano. E tutto a sinistra i nuovi tavolini, altri 43 coperti per un totale che supera i 100. Con le pizze che entrano in scena a mezzogiorno, ecco un altro angolo dove consumare la prima colazione, sette giorni su sette. Princi apre infatti alle 8 e serra a mezzanotte (il breakfast alle 11, mezzogiono nei week-end). La domenica cambia di poco: dalle 8.30 alle 22.
Giovedì scorso, metà mattinata, ero reduce da una cena pantagruelica da
Hedone e da un gagliardo breakfast da
Peter Gordon in Marylebone High Street, e mi aspettava un altrettanto importante pranzo da
Dock Kitchen, morale: non sono andato oltre un espresso. Tempo tiranno e occhi in pratica solo per i lavori, non ho idea chiara dei prezzi praticati a Londra, in ogni modo superiori a quelli di Milano, però il punto ora è un altro e riguarda la voce
complains, reclami. Totalmente diversi rispetto alla Madonnina. E’ sempre
Ettore a parlare: “Gli inglesi, quando muovono una critica, possono avere da ridire su tutto perché si interessano a tutto e sanno tutto, almeno pensano di saperlo. Così alle lasagne un giorno manca un foglio di pasta, le melanzane andavano cotte due minuti meno e la pasta cinque in più, il caffè era troppo ristretto, no troppo caldo e così via.
Complains continui salvo che su una cosa, quella di cui ci accusano regolarmente a Milano: i prezzi, nessuno ha mai da ridire. Giudicano il prodotto, non quello che costa, come se il suo prezzo non fosse la somma di numerose voci”.
A giudicare dall’affluenza e dai progetti in cantiere, siamo a livello di caccia al pelo nell’uovo. Comunque è vero: a Milano, tanti attaccano i prezzi a prescindere direbbe Totò. “Non è morale pagare così tanto per una baguette”, uffi. Il pane deve essere quasi regalato, ma chiedersi perché c’è pane e pane e, di conseguenza, prezzo e prezzo? Un pessimo francesino rimarrebbe pessimo anche se regalato.
Intanto iniziano a uscire le prime pizze inglesi.