Ancora venerdì scorso 1 settembre, se in Google uno a Verona cercava i 12 Apostoli leggeva Chiuso definitivamente e nemmeno si sognava di recarsi accanto a Piazza delle Erbe, in Vicolo Corticella San Marco. Da venerdì non più: “Gestito dalla stessa famiglia dal 1921. Chiuso. Apre alle 19.15”. In una manciata di parole, due errori: dopo 102 anni, la gestione è passata dalla famiglia Gioco, Giorgio Gioco su tutti, scomparso 93enne nel febbraio 2019, a Giancarlo Perbellini che il prossimo anno compirà 60 anni e, soprattutto, a 18 iniziò qui la sua carriera di cuoco. Per lui è come se si chiudesse un ciclo e ne iniziasse un secondo. Però la nuova Casa Perbellini, la
precedente stava in San Zeno, non è ancora aperta al pubblico, accadrà martedì 5. Nell’attesa chef, cucina e sala si sottopongono a una serie di test per scoprire eventuali magagne come un forno in tilt giovedì, subito rispedito al mittente.
Dai lì è passata la storia, e non solo della cucina. Chi era importante, a iniziare dai capi di stato e di governo, era ovvio che a Verona desinasse lì e, magari, lasciasse per ricordo la sua stilografica. Se non lo era, faceva carte false per trovarvi posto e darsi poi un tono, ma parvenu era e tale rimaneva. Michelin alla mano, l’insegna era nel lotto delle 84 premiate con una stella quando nel 1959 la rossa aprì il suo

La celebra cappa dei 12 Apostoli a Verona, un tempo aperta perché si potessero seguire dall'alto i riti della cucina
firmamento all’Italia. Ne sopravvive una appena, a Rubiera (Reggio Emilia), ma verrà presto affiancata, e magari superata, da
Casa Perbellini che ne porta in dote ben due. Un paio di mesi, o poco più, e lo sapremo.
Tra un luogo, chiuso lo scorso 24 febbraio, e quello attuale una preziosità in comune: lo strumento cucina. Le maestranze l’hanno letteralmente spostata e lo chef ci scherza su: «E’ come essere passati da un campo da tennis a uno di calcio tanto le dimensioni sono cresciute». Un museo rinnovato, per nulla stravolto, declinato ai giorni nostri grazie a Patricia Urquiola. Una straordinaria, nuova
libreria terra-cielo divide in due la sala principale. Non si entra più direttamente tra i tavoli, c’è un’accoglienza dove si viene ricevuti, poi o tavolo sulla destra o davanti.
Non basta. Quella che era un minuscolo ambiente, adesso è grande almeno il doppio. Ed è facile capirlo perché è stata mantenuta l’antica, incredibile cappa, rettangolare, alta come non ci si aspetta. Arrivava fino al primo piano e i Gioco, che la vollero aperta al centro, invitavano gli ospiti di sopra perché vi si affacciassero per vedere come lavoravano i cuochi di sotto. Penso malissimo, caldo a palla e poco spazio. Ora sono stati abbattuti i muri e le cucine girano attorno all’area centrale. E’
come se a un campo da calcio dopo un secolo avessero aggiunto attorno una pista da atletica. E dove un tempo c’erano i blocchi roventi, ora splende uno splendido
Chef's table da dodici posti, come gli apostoli. Originalissimo, perché al centro ecco un banco rettangolare che in pratica funge da appoggio per cinque tavoli tondi, quattro per altrettante coppie e il quinto per un poker di amici.
Lì, e solo lì, un menù quasi a sorpresa, il SoloX12, rispetto alle due sale di sempre dove le opzioni sono tre: Io e Silvia (Silvia Bernardocchi, la moglie), Io e Giorgio (Gioco) e L’Essenza, che fissa un percorso vegetariano ma non vegano.

I piatti sono sempre fotografatissimi, i cuochi pure, ma le signore e i signori di sala e cantina molto meno, eppure sono loro che si prendono cura per tutto il tempi degli ospiti. Rendiamo così giustizia almeno alla grigata dei 12 Apostoli Casa Perbellini a Verona. Da sinistra verso destra: Martina Remedi, Mirta Margaglio, Chantal Feletto, Silvia Bernardocchi, Giancarlo Perbellini, Filippo Cancogni e Stefano Zandarin
Quest’ultimo si sarebbe dovuto chiamare
E’ senza, ossia senza carne e senza pesce, ma siamo in Veneto e la cadenza è tale che suona come l’essenza, che ha tutt’altro significato ma essenza sia, per praticità. Tornando al
SoloX12 è l’
Io e Silvia arricchito di tre piatti a sorpresa.
Chiusa a Milano l’esperienza da Trussardi, Giancarlo adesso conta un portafoglio di 11 locali, nove salati tra ristoranti, osterie e pizzerie, e due dolci «che dovrei seguire di più, ma non ho mai amato la pasticceria, nonostante la famiglia da cui provengo,

Giancarlo Perbellini e l'omaggio a Giorgio Gioco e alla città di Verona: il Risotto alla Barbarani
perché è ripetitiva». A Verona
Casa Perbellini 12 Apostoli, Al Capitan della Cittadella, Osteria Mondo d'Oro, Locanda 4 Cuochi, Tapasotto, Du de Cope, infine la Dolce Locanda in città e il Laboratorio di pasticceria e bottega a San Giovanni Lupatoto poco lontano. Quindi a Garda, la Locanda Perbellini al Lago, a Milano da poco solo la Locanda Perbellini bistrot in via Moscova e in Sicilia, a Montallegro (Agrigento) la Locanda Perbellini al Mare. In totale i dipendenti sono 118, il 60 per cento cuochi, il restante 40 sala e cantina.
Quest’ultimo dato, si porta dietro il problema più recente che affligge la ristorazione: la mancanza di manodopera.
Giancarlo accenna a un sorriso prima di rispondere: «Taci, archiviate in pratica le vacanze mi sono arrivati due o tre curriculum. Non accadeva da tempo, spero non sia un caso isolato ma il segnale dell’inizio di una controtendenza». Perché stupirsi? In fondo gli apostoli facevano miracoli.