Strano ma vero: l’Emilia ha un solo albergo 5 stelle lusso (e la Romagna, la sua cugina, pure, a Rimini), il Grand hotel Majestic “già Baglioni” in via dell’Indipendenza a Bologna, a pochi passi da piazza del Nettuno. La tavola felsinea ha un’anima e un’immagina golosa come non mai, ma fatico a considerarla una meta imprescindibile, tradizione o innovazione che sia. Un prato con pochi fiori, uno sbocciato l’autunno scorso quando, a inizio ottobre, il Majestic ha cambiato pilota elevando Agostino Schettino a prima guida.

Il Mangiafagioli, il capolavoro di Annibale Carracci che lo dipinse tra il 1584 e il 1585, opera custodita a Palazzo Colonna a Roma
Un lustro come pasticciere gli hanno permesso di prendere bene le misure di uno spazio intitolato ad
Annibale Carracci, pittore bolognese della seconda parte del Cinquecento, che ha lasciato la sua impronta anche lì. Si pranza o cena sotto affreschi che raccontano il mito di Fetonte, nella mitologia greca il figlio del dio del sole. Come essere nella sala di un museo e questo carica di responsabilità
Schettino e chi lavora con lui. E’ come se i piatti debbano per forza essere all’altezza del luogo, la bellezza unita alla bontà. Cosa che non ricordo in passato. Le stanze sì, i piatti no.

Agostino Schettino, da sei anni in cucina al Caracci, da meno di uno executive chef
Agostino ha trentadue anni e arriva da Castellamare di Stabia. Come per la stragrande maggioranza dei colleghi campani, il suo tasso di golosità è elevato e innato, con in più la capacità di tenere a freno l’uso eccessivo di condimenti. Non basta, si interfaccia bene con Bologna e con lo stesso Carracci artista. Magari non bado molto alla carta delle acque perché troppo sovente un mero sfoggio di etichette, a me basta avere la scelta tra le tre classiche intensità di bollicine, e a quella dell’olio pur se Antonietta Mazzeo di Olioè ha calato un poker importante tra il quale scegliere, con

Agostino Schettino: Dashi, rape e verdure primaverili
tre diversi gradi di intensità. Promossa.
E a maggior ragione promosso Schettino che si esprime attraverso quattro menù degustazione, due a sua ispirazione, sei portate 120 euro, otto 155, quindi mai uguali da un giorno con l’altro, e due espliciti, La Dotta, la Grassa, la Rossa, un atto d’amore per Bologna, e il Vegetariano per essere al passo coi tempi. Vivere la contemporaneità guardando al futuro.

Carciofo arrosto, tuorlo marinato, prezzemolo e la fonduta di caciocavallo, la firma è di Agostino Schettino
Ho fatto slalom tra le varie voci. Ero davvero concentrato sul capire la sua cifra, fosse per me da stella Michelin piena. Cito il meglio, prima però la sola crepa, lo
Spaghetto di Gragnano, estrazione di finocchio, salicornia e taleggio privo di un sincero equilibrio e pienezza, a meno di non riuscire a raccogliere tutto nella medesima forchettata.
Ben diverso il resto a iniziare dal Dashi, rape e verdure primaverili, preparazione del menù vegetariano, composto da un brodo di verdure a base di alga kombu, rape rosse e tosazu, con piselli, fave, taccole,

Spaghetto di Gragnano, estrazione di finocchio, salicornia e taleggio, l'unica incompiuta della carta di Agostino Schettino
radicchio marinato, rape marinate. Al centro una rosa di rapa rossa e daikon marinato, omaggio al padre dello chef che faceva il fioraio. Quindi uno stregante
Carciofo arrosto, tuorlo marinato, prezzemolo e fonduta di caciocavallo, così ben lavorato da non allontanarti dal vino, servito con una salsa di prezzemolo e caciocavallo, cotto a bassa temperatura e poi ripassato al barbecue. All’interno una crema di carciofi e un tuorlo marinato alla soia.

Risotto riserva San Massimo, bufala, pesto di erbe, limone e ricci di mare, chef Agostino Schettino
E a quel punto ecco il piatto simbolo: il
Mangiafagioli, una tagliatella ai fagioli borlotti, con cozze e plancton. Chiudi gli occhi e sogni, tale l’emozionante accuratezza di ogni momento e aspetto, il tutto esaltato dalla storia che sottende al tutto. Il
Mangiafagioli è il capolavoro di
Carracci, dipinto tra il 1584 e il 1585. Evitate di chiedere, come ho fatto io, se è conservato lì. Palazzo Colonna a Roma è la risposta corretta.
Schettino ha saputo coniugare la dolorosa povertà dell’uomo ritratto e il rilievo storico-artistico del quadro, dando magnificenza a una sofferta

Il mare di Agostino Schettino: Spigola, bouillabaisse alla paprika dolce, aglio nero e puntarelle
semplicità. Era dalla
Compressione di pasta e fagioli di
Massimo Bottura, inizio anni Dieci.
Poi un ottimo, solido Risotto riserva San Massimo, bufala, pesto di erbe, limone e ricci di mare, mantecato con burro di bufala e zest di limone candito, cotto a bassa temperatura in soluzione di acqua e zucchero, sbollentato 10 volte e poi cotto a temperatura controllata, aggiunto in mantecatura. Alla base del piatto un pesto di erbe amare, a completare un’emulsione di ricci di mare e una spolverata di limone nero fermentato
che arricchisce con una nota sapida il piatto.
Flash a concludere: Oreste Piacentini, direttore del Carracci, guida un importante carrello dei formaggio che può ancora crescere, mentre la pasticceria convince con Caruso, una pastiera interpretata in chiave di latte in piedi bolognese, e poi con Mela, shiso e tosazu, dolce che gioca con diverse consistenze di mela, alla base una bavarese alla mela, poi millefoglie di mela caramellata, sorbetto alla verbena, crema pasticcera, per finire il piatto… a voi il piacere di scoprirlo.

Caruso: Latte in piedi bolognese? No, pastiera napoletana