12-08-2023
Donato Fersino, classe 1961, titolare da oltre quarant'anni della Masseria Le Stanzie nella campagna di Supersano in Salento. Foto Paolo Marchi
Mettetevi l’anima in pace: Le Stanzie hanno chiuso. La voce si rincorre. Una delle tavole più richieste in provincia di Lecce, una masseria nella campagna di Supersano, ha effettuato l’ultimo servizio il 6 agosto e poi? Poi ti metti sulle tracce del titolare, Donato Fersino, che sembra fare collezione di numeri, salvo rispondere a uno solo che, ovvio, è quello che non hai. Non basta, il suo telefonino è volutamente per nulla smart, un modello della prima ora che in pratica ha un’unica funzione: fare e ricevere chiamate, telefonare insomma e stop. Sembra incredibile, ma si può vivere e lavorare bene anche così, lui affiancato dai figli Giuseppe, Federica e Roberto che curano rispettivamente il lato agricolo, l'amministrazione e l'accoglienza, telefono +39.0833.632438, e-mail info@lestanzie.com.
La sola attività, questo agosto all'interno delle Stanzie, sono la preparazione dei grappoli di pomodori a filo per l'inverno Le Stanzie non sono una modernità e non finiscono qui, tutt’altro. Secolare punto di sosta lungo la via dall’Adriatico al porto di Gallipoli, centro agricolo e frantoio quando l’olio lampante valeva oro, raccontano, grazie al loro titolare, una storia scandita da estrema e diffusa povertà. I muri datano 1400 e Donato, classe 1961, nel 1980 si ripropose di acquistare dei terreni agricoli fino a firmare per una fattoria abbandonata che a fine secolo pareva prossima alla chiusura per debiti. Oggi registra circa 25mila coperti al mese, e in passato ancora di più, da qui lo stupore di tutti, vacanzieri e non, quando hanno scoperto che ogni cosa si è fermata proprio nel mese del massimo assalto turistico.
La sola attività, questo agosto all'interno delle Stanzie, sono la preparazione dei grappoli di pomodori a filo per l'inverno
Pochi sembrano averne colto i motivi: «Parlano tutti di Salento, ma non sanno
I tre fratelli Fersino, il futuro delle Stanzie: Federica, Giuseppe al centro e Roberto seduto
Più di tre ore a fissare su carta un’epopea che andrebbe conosciuta come monito perché chi non ha tanta età possa provare a farsi un’idea di cosa sia stata la povertà di intere regioni, non solo qui. «Mio nonno pescatore arrivava da Castro,
Così un tempo venivano essiccate le foglie di tabacco, una ricchezza per il Salento
Donato lo racconta senza condire le parole di orpelli per far capire da dove vengono lui e le Stanzie: «Nonno nel 1920 riuscì ad acquisire un frantoio sulla parola e lasciò la pesca. Spezzandosi la schiena, riuscì a far sì che un suo figlio, zio Antonio, nel 1966 si laureasse a Modena in psichiatria infantile, un segno di riscatto sociale di
Era un’altra Italia: «Qui ti dividevi tra Democrazia Cristiana e Partito comunista, tra l’oratorio e le feste dell’Unità, i ritiri spirituali che potevano durare anche dieci giorni e a cui non mancavi mai perché solo lì potevi incontrare delle ragazze, non esisteva che i genitori permettessero loro di andare fuori come è normale ora, ma a pregare sì. L’idea dell’azienda aveva motivazioni simili. Avvicinandoci ai vent’anni c’erano amici che lasciavano questa terra per studiare o lavorare lontano e non intendevo rimanere solo. Così mi misi a cercare chi potesse entrare in cooperativa
Il primo forno usato per cucinare all'interno delle Stanzie. Nell'agosto 1999, Donato Fersino, dopo quasi vent'anni di investimenti non sempre fortunati, decise di offire qualcosa ai turisti, piatti semplici e schietti. Il successo fu immediato e dura tutt'ora
Dettaglio importante: a firme apposte, mancavano ancora campi e macchinari. «Le banche non ci facevano credito perché, ma lo capii ben dopo, ci consideravano comunisti per via della cooperativa. Spiegavo che uscivamo dall’Azione cattolica e che la nostra volontà era quella di creare lavoro e combattere l’emigrazione, la cooperativa era solo per necessità economiche. Non c’era verso: comunisti. Mi aiutarono i miei impegnando il niente che avevano, convinti in un nostro fallimento. Invece un giorno si presentò un mediatore che ci parlò di un’occasione, andammo a vedere e trovammo campi bruciati dal sole e una masseria abbandonata e ricoperta dai rovi, come abitanti serpenti e cicale. Però la prendemmo, era il 1981».
Errore. La scintilla in pieno agosto 1999: «Passai per Otranto e vidi una signora che
Il frantoio secolare, ora adibito a museo, negli spazi inferiori della masseria Le Stanzie. Il lavoro era talmente massacrante che veniva chiamato l'inferno
Un successone che si rinnova a ogni stagione al punto da preoccupare Donato: «Devo capire, e non dovrei essere solo io, se il successo del Salento è per la sua anima, la sua storia, la sua bellezza o “solo” per un mare incredibilmente bello.
Ovviamente poco o nulla, quando lui si arrovellava con una domanda che avrebbe trovato risposta più avanti: «A un certo punto siamo diventati una meta per tutte le tivù, per i turisti di ogni dove e io a domandarmi perché proprio noi? Poi una mattina la responsabile di un tour operator canadese mi chiese di raccontare la mia storia nel mio dialetto prima che i suoi dodici clienti si mettessero a tavola. Come potevano capirmi era un mistero, ma lei insistette al punto che lo si fece. Al termine
Le Stanzie hanno promosso borse di studio, accolto musicisti e astrofisici, professori di Harward e della Silicon Valley, promosso il dubbio fino a staccare questo agosto: «Bisogna farlo quando hai successo, così puoi ragionare senza ansie e sperare che forestieri e corregionali capiscano che lo fai per il Salento e non perché sei in crisi e devi trovare una soluzione. Dobbiamo liberarci di un certo modo di utilizzare i social, di fissare un reale modulo di bellezza, non possono solo essere il mare e i like. Non troverete appesa una foto mia o della mia famiglia con un vip, se
Dopo tre intese ore, al momento dei saluti, Donato ci ferma e ci regala l’ultima immagine: «Vorrei far emergere la spiritualità salentina, che esiste dodici mesi all’anno e prescinde dai lettini. Così a inizio maggio chiamai una direttrice d’orchestra e le chiesi se poteva raggiungere le Stanzie all’alba del 12 maggio, un venerdì alle 5. Desideravo dirigesse 12 violini e 2 violoncelli dall’alto della collina alle spalle. Per chi, chi verrà? Mi chiese e io: nessuno, intendo omaggiare la nostra natura che ci ha dato tanto e che stiamo oltraggiando. Mi prese per pazzo, ma il 12 arrivarono tutti, salirono il colle sapendo che mi aspettavo l’Inverno di Vivaldi, un
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi