Normalmente, quando il mestiere del vino si ripete per generazioni, si sente spesso la frase "fin da bambino ho respirato l'aria intrisa di mosto". Come se essere un figlio d'arte fosse naturale. Come se valesse l'assioma nasci-a-due-passi-da-una-vigna-sei-un-predestinato. Sorbara (Mo) 1926. Tuo nonno ha iniziato a fare il vino, tuo padre ha continato e tu cosa farai? Alberto Paltrinieri, Paltro quasi per tutti, quando ci racconta di come è andata quando suo padre gli ha messo in mano l'azienda non assomiglia per niente ai suoi vini. Spuma zero, fermo come il più imperturbabile dei Sangiovesi; e lui fa Lambrusco. Il lavoro in vigna, la vinificazione, il metodo charmat li ha sempre respirati, ma per uno che amava soprattutto la filosofia e la storia dell'arte non sono stati niente di poetico.
"Fare il viticoltore e appassionarmi a questo lavoro è una cosa che ho maturato piano piano. Nessuna pretesa o imposizione da parte dei miei, però a un certo punto sono dovuto partire da quello che c'era e non da quello che mi mancava". Se lo conosceste, fareste fatica a credere che un uomo con questa faccia larga, con queste mani larghe possa non essersi incaponito e, con pazienza, possa aver lasciato che il tempo, così come fa fruttare le sue viti, lo persuadesse della bontà della strada che proprio lì conduceva.

Tre anni li ha passati da dipendente stipendiato del padre. Poi quest'ultimo ha fatto una cosa che oggi sarebbe una breaking news in tutte le agenzie: si è rottamato. Ha intestato tutto al figlio e lo ha lasciato fare. Al punto che
Paltro, quando voleva fargli assaggiare il vino pronto per l'imbottigliamento, doveva portargli il bicchiere in casa. Se non è stato un colpo di fulmine, quello tra
Paltro e il suo vino, certo è che ora è vero amore. Quello che più libero non si può. Un amore che non ti è stato intestato, ma che hai scoperto e che tocca a te far crescere.
"Quando ho finito agraria, facevamo un solo tipo di Lambrusco, tutto rifermentato naturalmente in bottiglia". Ora i 15 ettari delle
Cantine Paltrinieri, +39.059.902047, che si estendono nella zona del Cristo di Sorbara, nella lingua fertile tra Secchia e Panaro, danno vita a 6 lambruschi diversi. Il
Radice, Sorbara in purezza più in linea con la tradizione della rifermentazione in bottiglia.
Leclisse, in cui le stesse uve sono fatte rifermentare a lungo in vasca d'acciaio. Il risultato? Un chupa chups di visciole e fragoline di bosco, con un'acidità spiccata. Il
Sant'Agata, 100% Sorbara ottenuto con metodo Charmat.
Greto e
Piria caratterizzati dalla presenza di Lambrusco
Salamino, imposto dal disciplinare ogni tre filari di Sorbara per i problemi "sessuali" di quest'ultimo. Il
Grosso, frutto di un altro colpo di scena provocato dalla schiettezza di
Paltro. Quello tra lui e
Christian Bellei, viticoltore di Bomporto (Modena) al cui padre si deve l'aver osato creare il primo Lambrusco Metodo Classico.
Paltro non gli ha risparmiato la sua faccia tosta chiedendogli di insegnargli la sboccatura. Ora sono grandi amici. Alla presentazione del
Grosso alla stampa, c'erano i giornalisti e
Bellei. Alcuni si sono scandalizzati, altri invece hanno colto una grande novità. Quella che l'uomo che non deve chiedere mai ha lasciato spazio all'uomo che non ha paura a chiedere sempre.