03-08-2012
Uno scorcio dei 2 chilometri di gallerie sotterranee (e 12mila barrique e tonneaux) che attraversano la cantina Protos, un simbolo della regione della Ribera del Duero, a pochi chilometri da Valladolid. Una realtà tutta da scoprire
I vini della Ribera del Duero sono la grande alternativa ai vini della Rioja, i cui costi sul mercato sono decisamente superiori, ma questa non è l'unica ragione che spiega il successo della denominazione. Negli ultimi decenni i passi in avanti sono stati giganteschi, sia dal punto di vista della coltivazione sia dal punto di vista tecnologico: poche regioni possono vantare un serbatoio naturale come quello vitivinicolo del Duero. La Ribera del Duero è un grande plateau con un' altezza media di 850 metri sul livello del mare, ha estati secche sino a 40°C e inverni lunghi e rigidi (il colonnino scende fino a -18°C) con nevicate e forti escursioni termiche tra giorno e notte. La varietà di uva predominante è il Tinto del Pais (Tempranillo), ma sono presenti anche Cabernet Sauvignon, Garnacha e Malbech.
Non possiamo negarlo: 2 chilometri di gallerie sotterrane e 12mila tra barrique e tonneaux fanno un certo effetto. E mentre attraversavamo gli stretti corridoi, pieni di prezioso rovere, scavati quasi sotto il Castillo di Penafiel a pochi chilometri da Valladolid, ci chiedevamo come si potesse concepire una struttura del genere, come si arrivava a produrre 6 milioni di bottiglie e tutte con passaggio in legno. Un investimento colossale, sconcertante, pensando con il senno d'oggi. Ma che ci ha anche incuriosito. Le bottiglie di Protos le trovi dappertutto, nei supermercati e nelle carte dei ristoranti, nei bar come nelle enoteche, a Madrid come Barcellona o Valencia, a dimostrazione di una capacità di penetrazione del mercato molto capillare.
L'ingresso della cantina
2) Verdejo 2011 Due i vini Verdejo presentati, uno che ha fatto legno del 2010 e l’altro solo inox del 2011, abbiamo preferito il secondo perché più diretto. Quello con rovere ha sicuramente più complessità olfattiva e un corpo più rotondo, meno tagliente, ma a discapito di una rappresentazione varietale che un vino aromatico come il Verdejo merita di esprimere pienamente senza mediazioni. I profumi sono intensi di mela e mandorla verde, a cui si aggiungono quelli di anice e pompelmo e sempre con un tono vegetale di fondo. Al palato, non si direbbe figlio di una annata calda, con un'acidità senza sbavature, all’interno di una struttura non grassa ma ricca di sfumature. Il finale per un vino (che considerare di base sarebbe un insulto) è ben lungo e piacevole con note amandorlate lievemente sapide. L’abitudine di servire solitamente questi vini a temperature molto basse li penalizza non poco. Qualora vi capitasse, bevetelo non freddo ma fresco 12-14°C.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
Oltre sessant'anni, è pubblicista e guidaiolo per vanità. In passato ha contribuito ad alimentare diverse guide. Attualmente scrive per Corriere del Mezzogiorno e Winesurf